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È possibile leggere nella mente? ‘AlterEgo’ ci va molto vicino, ecco come funziona

Last updated: 01/10/2025 5:59
By Redazione 100 Views 8 Min Read
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È possibile leggere nella mente? AlterEgo del Mit ci va molto vicino, e promette di “aumentare l’intelligenza umana”, rivoluzionando il rapporto uomo-macchina. I ricercatori del Massachusetts Institute of Technology di Cambridge (Usa) hanno infatti messo a punto un sistema vocale indossabile capace di tradurre in parole ciò che l’utente pronuncia silenziosamente nella propria testa, senza bisogno di parlare ad alta voce.

Contents
Come funziona AlterEgoGli obiettivi del progettoAlterEgo legge la mente?A cosa serve AlterEgo?Si precisa: la pubblicazione di un articolo e/o di un’intervista scritta o video in tutte le sezioni del giornale non significa necessariamente la condivisione parziale o integrale dei contenuti in esso espressi. Gli elaborati possono rappresentare pareri, interpretazioni e ricostruzioni storiche anche soggettive. Pertanto, le responsabilità delle dichiarazioni sono dell’autore e/o dell’intervistato che ci ha fornito il contenuto. L’intento della testata è quello di fare informazione a 360 gradi e di divulgare notizie di interesse pubblico. Naturalmente, sull’argomento trattato, caltanissetta401.it è a disposizione degli interessati e a pubblicare loro i comunicati o/e le repliche che ci invieranno. Infine, invitiamo i lettori ad approfondire sempre gli argomenti trattati, a consultare più fonti e lasciamo a ciascuno di loro la libertà d’interpretazione.                                                 

Come funziona AlterEgo

Sintetizzando, AlterEgo usa il ‘linguaggio silenzioso’, ovvero quando consapevolmente si tenta di articolare parole senza emetterle, un po’ come quando si impara a leggere per la prima volta. In questo processo, i muscoli del volto e della gola compiono micro-movimenti impercettibili che generano segnali neuromuscolari. Il sistema rileva questi segnali attraverso sette elettrodi applicati lungo la mascella e il collo, inviandoli a un software di apprendimento automatico che li associa a termini specifici. L’utente, quindi, “parla nella propria testa” e il dispositivo trascrive le parole “pronunciate silenziosamente”.

L’interazione è completata da cuffie a conduzione ossea, che trasmettono risposte direttamente all’orecchio interno senza bloccare l’udito esterno. In questo modo, è possibile comunicare con un computer o con altre persone in modo discreto, bidirezionale e senza distogliere l’attenzione dall’ambiente circostante.

Gli obiettivi del progetto

L’obiettivo è quello di “aumentare l’intelligenza umana”, rendendo “l’informatica, internet e l’intelligenza artificiale un’estensione naturale della cognizione dell’utente”, spiega il MIT. Secondo Arnav Kapur, studente laureato presso il MIT Media Lab, che ha guidato lo sviluppo del nuovo sistema, l’idea era costruire un dispositivo di potenziamento cognitivo, capace di fondere mente e macchina in un’unica esperienza fluida, come se la seconda fosse un’estensione della prima.

AlterEgo nasce con una finalità pratica: superare i limiti delle attuali interfacce uomo-computer. Oggi per interagire con uno smartphone bisogna prenderlo, sbloccarlo, aprire un’app, digitare o parlare ad alta voce, di conseguenza interrompendo la conversazione o l’attenzione all’ambiente. Con AlterEgo, invece, si può cercare informazioni, inviare messaggi o dialogare con un assistente AI senza estraniarsi dal presente.

Al momento AlterEgo è un prototipo funzionante. Dopo una fase di addestramento personalizzato, raggiunge un’accuratezza superiore al 90% su un vocabolario specifico per l’utente. Ciò significa che il sistema è ancora fortemente dipendente dalla personalizzazione e non è in grado di riconoscere parole universali senza addestramento. Il dispositivo, inoltre, non può ancora sostituire la comunicazione tradizionale in tutte le situazioni. Tuttavia, rappresenta un passo importante verso interfacce meno invasive e più integrate nella vita quotidiana.

Dal 2018, anno della sua prima presentazione, il progetto è evoluto da esperimento accademico in una start-up con obiettivi commerciali.

AlterEgo legge la mente?

Anche se potrebbe sembrare il contrario, AlterEgo non può leggere la mente, spiega il MIT. A differenza di impianti cerebrali invasivi come Neuralink, il dispositivo non accede all’attività cerebrale diretta e quindi non può leggere i pensieri di un utente, ma solo quelli che l’utente intende consapevolmente inviare al dispositivo. Il sistema infatti rileva soltanto i segnali inviati consapevolmente ai muscoli vocali quando si pronunciano parole in silenzio. In altre parole, l’utente mantiene pieno controllo su ciò che trasmette a un’altra persona/dispositivo di elaborazione: AlterEgo non intercetta idee spontanee, ricordi o pensieri non intenzionali. È una tecnologia che amplifica la voce interiore, non un “telepate digitale”.

A cosa serve AlterEgo?

Interagire in modo impercettibile e senza sforzo con un computer per registrare le proprie idee, inviare messaggi privati, cercare informazioni, eseguire calcoli aritmetici o interagire con assistenti AI: la piattaforma apre un’ampia gamma di possibilità. Tra gli scenari già sperimentati o ipotizzati:

• telecomunicazioni private: conversazioni silenziose, con la rapidità della voce ma senza rumore e con maggiore discrezione.
• supporto alla memoria: possibilità di registrare pensieri, appunti o flussi informativi e consultarli in seguito.
• traduzione in tempo reale: vocalizzare silenziosamente una frase e riceverne la traduzione in un’altra lingua tramite un altoparlante Bluetooth.
• giochi e strategia: in un test, i ricercatori hanno usato AlterEgo per ricevere suggerimenti silenziosi da un’IA durante una partita a scacchi.
• supporto medico: futuri scenari potrebbero vedere medici consultarsi internamente con agenti di intelligenza artificiale durante una diagnosi.
• integrazione IoT: controllo di dispositivi domestici e macchinari senza comandi vocali o gestuali.
• inclusione: allo studio c’è anche la possibilità di aiutare persone con disturbi del linguaggio, come aprassia o afasia, restituendo loro una modalità di espressione.

Anche in contesti estremi, come ambienti rumorosi (centrali elettriche, aeroporti) o silenziosi (operazioni speciali, situazioni di sicurezza), AlterEgo potrebbe offrire un canale di comunicazione nuovo e più efficace.

Per fare degli esempi molto pratici, quando qualcuno usa una parola che non si conosce durante una riunione, è possibile chiedere silenziosamente al sistema una definizione, oppure se si è già incontrato qualcuno ma se ne è dimenticato il nome, il sistema può consultare silenziosamente la rubrica per fornire assistenza. Ancora, un utente potrebbe vocalizzare internamente una query di Google e ottenere una risposta tramite conduzione ossea, senza alcuna azione osservabile.

“Fondamentalmente non possiamo vivere senza i nostri cellulari, i nostri dispositivi digitali”, afferma Pattie Maes, professoressa di arti e scienze dei media e relatrice della tesi di Kapur. “Ma al momento, l’uso di questi dispositivi è molto dirompente. Quindi, io e i miei studenti sperimentiamo da molto tempo nuovi fattori di forma e nuovi tipi di esperienze che consentano alle persone di continuare a beneficiare di tutte le meravigliose conoscenze e servizi che questi dispositivi ci offrono, ma di farlo in un modo che permetta loro di rimanere nel presente“.

Fonte Adnkronos Demografica

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