La magistrata ha incoraggiato i giovani a dare il giusto valore alla propria dignità
Il Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Caltanissetta, col patrocinio del Comune di Caltanissetta, questa mattina ha organizzato per gli studenti delle scuole medie superiori della città un evento formativo dall’elevato spessore sociale e culturale.
L’iniziativa, realizzata nel teatro comunale “Regina Margherita” di Caltanissetta, si è svolta in due momenti durante i quali gli adolescenti presenti sono stati stimolati all’ascolto, alla riflessione e alla costruzione di un pensiero critico capace di formarli come individui e come appartenenti a una società civile e inclusiva.
Dopo i saluti istituzionali, introdotti dal Presidente del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Caltanissetta Salvatore Saia, sono intervenuti il sindaco di Caltanissetta Walter Tesauro, la presidente della Corte d’Appello Domenica Motta, la vice Prefetto Chiara Fiammetta, la dirigente della direzione anticrimine della Questura di Caltanissetta Patrizia Pagano, il referente dell’Associazione Nazionale Magistrati Luigi Lo Valvo e il presidente degli Avvocati di Caltanissetta Alfredo Saia.
A seguire Cinzia Spanò, in veste di autrice, regista e attrice, ha messo in scena il monologo “Tutto quello che volevo. Storia di una sentenza“. La pièce presentata con grande maestria e capace di coinvolgere emotivamente la platea, è stata supportata soltanto dall’ausilio di alcune voci fuoricampo e una scenografia minimalista. Il racconto è quello di una storia di cronaca ambientata nel quartiere Parioli che fece molto scalpore nella cosiddetta “Roma-bene”. Una sentenza che prende vita grazie a una narrazione osservata dal punto di vista della Giudice Paola di Nicola Travaglini, nota per le sue appassionate battaglie orientate a recidere gli stereotipi di genere. La magistrata si è interrogata a lungo prima di emettere una sentenza che ritenesse veramente equa e capace di restituire alla vittima un giusto risarcimento per il danno subito.
Una vicenda che ha coinvolto adolescenti che, dopo la scuola, si prostituivano descrivendole con troppa leggerezza e connotandole con estrema superficialità. Una storia che ebbe una forte risonanza mediatica anche a causa dei clienti “insospettabili” perché ritenuti irreprensibili professionisti affermati, padri di famiglia e uomini di ritenuti appartenenti a un livello culturale medio-alto.
Il monologo inizia con un’analisi critica della vicenda giudiziaria e dei risvolti mediatici derivati per estendersi e aprirsi sull’importanza di conquistare pienamente i diritti delle donne e le convenzioni sociali capaci di creare delle gabbie. Una storia rievocata scandendo alcuni estratti degli interrogatori, trascrizione delle telefonate, dello sciacallaggio mediatico derivato dagli articoli e dai reportage pubblicati dalla stampa nazionale, dai racconti di quelle stesse adolescenti vittime di un sistema valoriale non rispettoso della loro giovane età e della condizione di “essere umani” sia in quanto individui sia donne. Ragazzine trattate come adulte senza alcuna attenuante sulla loro ancora immatura capacità di discernimento che ha causato la perdita della breve ma intensa fase dell’adolescenza e della costruzione di una sana affettività.
Quel che emerge, approfondendo il titolo dello spettacolo teatrale, è il doppio significato da poter attribuire a “Tutto quello che voglio”. Per le giovani vittime si traduceva nella possibilità di godersi shopping di lusso e comodità, benefici che potevano ottenere dagli incontri con quegli uomini adulti che le ricoprivano di “omaggi”.
Per la giudice, invece, è il dovere morale e professionale di restituire a quelle adolescenti ciò che avevano perduto: la dignità e il valore umano.
La Giudice Paola di Nicola Travaglini, con la sua sentenza creò uno spartiacque sul concetto stesso di risarcimento.
Proprio come ha spiegato la magistrata, durante la sua Letio Magistralis tenuta agli studenti al termine dello spettacolo, il “risarcimento non era monetizzabile” perchè non avrebbe restituito alla vittima ciò che aveva perso e, peggio ancora, avrebbe riproposto quel circuito tossico nel quale i valori potevano essere facilmente scambiati con il denaro. La “Conoscenza” invece, a suo parere, era l’unico strumento capace di restituire dignità e libertà. “Obbligando” il condannato all’acquisto di libri, film e materiale formativo, pertanto, la giudice ha scritto una sentenza capace di andare oltre le convezioni sociali e prendendosi cura della persona stimolando la costruzione di un pensiero critico. Offrire alla giovane uno strumento che la potesse rendere realmente libera perché consapevole delle battaglie che molte donne, prima di lei, hanno combattuto.
Una lotta giornaliera che ogni donna è chiamata a combattere nel tentativo di modificare il punto di vista impresso in un sistema patriarcale ancora troppo radicato nella cultura dell’intera società contemporanea. Una lotta che avvolge tutta l’esistenza della donna, partendo dal cognome, acquisito solo dal padre e annullando la madre, e proseguendo in tutte le sfumature dell’essere. La giudice, sottolineando come ancora oggi le donne siano viste come “oggetti culturali”, ha ribadito il suo invito al “farsi rispettare” come unica strategia per raggiungere una piena parità di genere priva di gabbie sociali e culturali. E nella sua esortazione non ha risparmiato nemmeno una considerazione sulla nomenclatura delle professioni sottolineando che “finchè non avremo la forza e il coraggio di usare il genere femminile per tutte le professioni trasmetteremo ancora la percezione che le donne, in esse, siano sempre delle occasionali ospiti e non titolari”.
“La società spesso si trova ad attaccare le persone che vivono in situazioni di vulnerabilità, proprio come le giovani adolescenti protagoniste di questa drammatica vicenda – ha sottolineato Salvatore Saia introducendo l’evento -. Adolescenti, non ancora completamente formate nella loro capacità di discernimento critico ma considerate come adulte consenzienti. Come Comitato abbiamo portato questa tematica sotto forma di spettacolo teatrale poiché riteniamo questa forma d’arte un importante strumento per veicolare conoscenze”.
“Ringrazio gli studenti che hanno partecipato a questa iniziativa e seguito con grande attenzione. La sentenza scritta, oltre che particolarmente interessante, ha un contenuto emozionale molto importante e proteso verso il futuro – ha commentato il sindaco Walter Tesauro –. Il cammino della parità di genere è da tempo iniziato e lo possiamo già notare nella nostra realtà con le molte autorevoli istituzioni magistralmente guidate da donne. Non bisogna fermarsi al fine di contribuire alla tutela delle vittime per prevenire e combattere qualsiasi discriminazione di genere”.
L’invito alla riflessione ai giovani è arrivato in modo corale e condiviso dalle istituzioni presenti. La sentenza, fortemente attuale, ha spostato l’attenzione all’importanza dei valori violati mettendo in evidenza come il denaro non sia sufficiente a sanare un danno subito, soprattutto se lo strappo è avvenuto nell’aspetto più intimo e riservato dell’individuo. Educare le nuove generazioni, invitarle al rispetto di sé stessi e di quello altrui, invece, è la strada per una vera rivoluzione culturale.
“Ascoltare i giovani, i loro bisogni, le loro idee. Farli sentire protagonisti del loro futuro ma accolti e rispettosi del loro valore e delle loro capacità – ha concluso l’assessore alle politiche giovanili e sociali Ermanno Pasqualino -. Quello che oggi la magistrata ha offerto ai nostri giovani è stata una meravigliosa lezione di vita. Noi istituzioni abbiamo il dovere di ascoltare i giovani e le loro necessità e fornire una corretta informazione. Auspico che le nostre parole, oggi, non siano arrivate soltanto in testa ma abbiano raggiunto il cuore”.
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