L’abbattimento della storica antenna Rai di Caltanissetta, un gigante di metallo che per decenni ha svettato sul paesaggio siciliano, ha riacceso il dibattito in città
Dibattito incentrato spesso sulla facilità con cui si esprimono giudizi e si diffondono notizie, spesso basandosi sul sentito dire, ipotesi fantasiose e non approfondite o, peggio ancora, sulla semplice voglia di contraddire, a discapito della verità dei fatti.
Non appena la notizia del suo abbattimento è iniziata a circolare, il web e le conversazioni da bar e sui social si sono infiammate.
C’è stato chi ha gridato allo scandalo, paventando chissà quali complotti “Perché abbatterla? Non si poteva riutilizzare?” “i soldi si trovano”, sono state le frasi più pubblicate, seguite a ruota da teorie su interessi oscuri e decisioni prese fregandosene dei cittadini e sulla reale volontà di salvarla.
E ancora, non sono mancati i nostalgici a oltranza, pronti a denunciare la perdita di un “simbolo” senza però approfondire le ragioni concrete dietro tale scelta.
In questi commenti, si è arrivati persino ad accusare e dire falsità su persone e fatti, spesso accecati da un sentimentalismo che non trova alcuna corrispondenza nei fatti concreti.
L’idea di un’icona che scompare ha generato reazioni emotive così forti da distorcere la realtà, portando a giudizi affrettati e infondati su chi ha preso la decisione.
Si è preferito creare il dramma piuttosto che dare atto anche alla documentazione che inevitabilmente porterà all’abbattimento.
Eppure, un minimo di approfondimento, un rapido controllo delle notizie fornite, da fonti ufficiali, avrebbe fornito un quadro ben più chiaro e, francamente, molto meno fantasioso.
Ribadiamo che non si è trattato di un capriccio o di una scelta improvvisa, ma di soluzione sofferta ma necessaria, volta a smantellare una struttura ormai pericolosa e sulla quale ogni intervento era impossibile, ripetiamo impossibile.
Questo episodio, apparentemente banale, è emblematico di una tendenza sempre più diffusa nella nostra società, quella cioè di commentare a prescindere, di esprimere opinioni non informate e di alimentare polemiche sterili.
L’era dei social media, in particolare, ha amplificato a dismisura questo fenomeno, fornendo a chiunque una piattaforma per veicolare il proprio pensiero, a prescindere dalla sua fondatezza.
La verifica dei fatti, il controllo incrociato delle fonti, il semplice atto di informarsi prima di parlare o scrivere, sembrano essere diventati esercizi sempre più rari.
Spesso, dietro a queste reazioni istintive e disinformate, si nasconde anche un puro spirito di contraddizione.
Si sente una notizia e la prima reazione è quella di trovare un motivo per dissentire, per smontare la tesi altrui, non per un genuino desiderio di dibattito costruttivo, ma per il mero gusto di opporsi o attaccare qualcuno.
Questo atteggiamento, lungi dal favorire il confronto, genera malumori, confusione e, in ultima analisi, allontana dalla comprensione della realtà.
L’abbattimento dell’antenna Rai di Caltanissetta è stato, in fin dei conti, un’operazione tecnica e necessaria.
Ma ha anche offerto uno spunto di riflessione su quanto sia facile cadere nella trappola della disinformazione, argomento discusso nell’ultima puntata de “la Verità” su Tfn, e su quanto sia importante, oggi più che mai, approfondire, avere la curiosità e il desiderio di informarsi in modo completo e accurato prima di dare voce alle proprie conclusioni.
E, soprattutto, a non lasciarsi accecare da un sentimentalismo esagerato e fuori luogo che porta a distorcere la realtà e a diffondere falsità su fatti e persone.
Perché, dopotutto, la verità è quasi sempre più interessante e complessa di qualsiasi teoria del complotto o polemica infondata. Ad Maiora

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