Cinque arresti, tra i quali quattro imprenditori e un tecnico comunale. Altri otto gli indagati
La Procura di Agrigento avrebbe riscontrato che alcuni appalti pubblici di rilievo nel territorio agrigentino e dintorni sarebbero stati “pilotati”, ovvero assegnati ad imprese pronte a pagare la “mazzetta”, la “tangente”, per aggiudicarsi i lavori.
L’esito delle indagini: quattro imprenditori e un tecnico comunale arrestati. Sono stati trasferiti in carcere dalla Squadra Mobile di Agrigento gli imprenditori.
Diego Caramazza, 44 anni, di Favara, e Luigi Sutera Sardo, 58 anni, di Favara, ex consigliere e assessore comunale tra il ’93 e il 2007, ed ex consigliere provinciale eletto nel 2008, sono stati ristretti ai domiciliari Carmela Moscato, 65 anni, e sua figlia Federica Caramazza, 36 anni, di Favara, e poi Sebastiano Alesci, 67 anni, di Licata, ex dirigente dell’Ufficio tecnico comunale di Ravanusa. I reati contestati a vario titolo sono corruzione, ricettazione, turbativa d’asta.
Tra le gare che sarebbero state turbate vi sono: i lavori di manutenzione straordinaria della strada provinciale 19 Salaparuta-Santa Margherita Belice, poi la riqualificazione e la ristrutturazione dello stadio “Dino Liotta” di Licata, e poi il primo stralcio della ristrutturazione e automazione per l’ottimizzazione della rete idrica del Comune di Agrigento, per un valore di oltre 37 milioni di euro.
Gli otto sono: Maurizio Giuseppe Falzone, 63 anni, di Licata, dirigente del settore Lavori pubblici alla Provincia di Trapani. Rosaria Bentivegna, 67 anni, avvocato di Catania, Antonio Belpasso, 38 anni, di Catania, Alessandro Vetro, 45 anni, di Favara, Alessandro D’Amore, 56 anni, di Matino, in provincia di Lecce, Vittorio Giarratana, 52 anni, di Ravanusa, dirigente del settore Lavori pubblici del Comune di Valguarnera, in provincia di Enna, Giovanni Campagna, 46 anni, di Ravanusa, segretario particolare dell’ex assessore regionale Roberto Di Mauro, Giuseppe Capizzi, 38 anni, imprenditore e sindaco di Maletto, in provincia di Catania.
Il denaro contante necessario per pagare le tangenti sarebbe stato sottratto dalla contabilità delle imprese.
Un fiume di denaro contante sottratto dalla contabilità aziendale per uno scopo ben preciso, corrompere i pubblici ufficiali, pagare le tangenti e assicurarsi le gare d’appalto.
L’inchiesta sembra aver scoperchiato un sistema di affari che coinvolge dirigenti pubblici, imprenditori e probabilmente anche la politica.
Ma l’appalto da 37 milioni di euro per il rifacimento della rete idrica finisce nel mirino della procura di Agrigento, potrebbe portare alle più alte sfere della politica locale e regionale.
L’inchiesta della procura su un giro di tangenti per pilotare le gare pubbliche ha messo nel mirino la madre di tutti gli appalti: il rifacimento della rete idrica di Agrigento.
Si tratta di una prima tranche di lavori per un importo di 37 milioni di euro con Aica, l’azienda idrica dei comuni agrigentini, che risulta essere la stazione appaltante.
Per la procura di Agrigento, infatti, l’appalto della rete idrica sarebbe stato in qualche modo “pilotato” grazie alla complicità di dirigenti e funzionari pubblici agrigentini e assegnato ad un consorzio di imprese che non soltanto sarebbe risultato inidoneo ad assicurare la concreta esecuzione dei lavori ma non avrebbe avuto neanche i requisiti economici e aziendali per affrontare un lavoro di tali dimensioni.
Ma non è finita qui. Per gli inquirenti guidati dal procuratore capo Giovanni Di Leo, inoltre, ci sarebbe stata in atto una frode in pubbliche forniture attraverso l’effettuazione di lavori parziali (peraltro con gravi ritardi) eseguiti tramite subappalti mai autorizzati e in totale violazione della legge.
Chiarito l’aspetto “più tecnico” della vicenda è bene adesso conoscerne i protagonisti che, secondo la procura di Agrigento, avrebbero avuto un ruolo di primo piano.
Per l’appalto di rifacimento della rete idrica di Agrigento sono indagati Sebastiano Alesci, dirigente dell’Utc di Licata, Giuseppe Capizzi, imprenditore e sindaco di Maletto e Giovanni Campagna, segretario particolare dell’ex assessore regionale Roberto Di Mauro, dimessosi nelle scorse settimane.
Tra gli indagati – come riporta grandangoloagrigento – anche un personaggio indicato con omissis.
A loro vengono contestati i reati di turbata libertà degli incanti e frode nelle pubbliche forniture.
Ed in particolare, secondo l’ipotesi della procura di Agrigento, Alesci, quale componente della Commissione di gara, avrebbe attribuito i punteggi alle offerte economiche presentate; Capizzi avrebbe costituito il consorzio di imprese che si è aggiudicato l’appalto senza averne i requisiti; lo stesso Capizzi, unitamente al Campagna e con la mediazione di “omissis”, avrebbero alterato la procedura omettendo la predisposizione di qualsiasi organizzazione di cantiere in attesa dell’erogazione della prima tranche di finanziamento e a mezzo di subappalti non autorizzati.
Chi siano i funzionari pubblici agrigentini ma soprattutto di chi è il nome coperto da “omissis” al momento. non è dato sapere.
L’inchiesta però sembrerebbe puntare alle più alte sfere della politica locale e regionale.
