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Blitz e rastrellamenti senza pietà. La Libia dopo il ritorno di Almasri

Last updated: 19/03/2025 6:54
By Redazione 88 Views 7 Min Read
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Le milizie locali danno la caccia a migranti e cristiani. Tra le vittime ci sono anche bambini
La scarcerazione del generale ha sdoganato l’impunità della mafia e le sue violenze disumane

Da La Stampa Don Mattia Ferrari

La fratellanza è diventata sovversiva e e viene criminalizzata però resiste: da qui dobbiamo ripartire

Il grido che sale dalla Libia giunge nuovamente con forza alle nostre orecchie in questi giorni in
cui assistiamo a un intensificarsi delle violenze condotte ai danni dei migranti.

Dalla settimana scorsa a Tripoli sono in corso arresti di massa e le persone stanno venendo deportate in prigioni non identificate.
Bersaglio di queste catture sono non solo le persone migranti, ma sembra in modo specifico anche i cristiani. E molti bambini.

Tra le immagini diffuse, si vede un bambino che tiene in mano un’icona del Sacro Cuore di Gesù.

I video diffusi nelle scorse ore mostrano una vera e propria caccia alle persone a Janzour, a ovest di Tripoli, con i migranti che corrono cercando disperatamente di sfuggire alla cattura e alla deportazione nei lager.

Mahamat Daoud, di Refugees in Libya, riferisce di grida disperate.

Non mancano nemmeno i video celebrativi in cui i supporter della mafia libica celebrano gli artefici di queste operazioni: innanzitutto il Dipartimento per il Contrasto all’Immigrazione Illegale (Dcim),
capitanato da Mohamed Al-Khoja, uno dei superboss mafiosi che in questi anni è riuscito a ottenere incarichi ufficiali negli apparati statali libici.

C’è anche un’altra milizia che viene celebrata come collaboratrice di queste operazioni: quella delle Forze Speciali di Deterrenza (Rada), di cui è braccio operativo-istituzionale il generale Jeem Osama Elmasry Habish.
Si tratta di colui che ormai è noto in tutto il mondo con il nome di Almasri.

È difficile non vedere come la vicenda della sua scarcerazione e del suo tempestivo rientro in Libia
con volo di Stato italiano abbia prodotto, di fatto, un rafforzamento del potere e del senso di impunità che fortifica la mafia libica e le sue violenze disumane.

L’unica volta che la Corte Penale Internazionale e le forze dell’ordine erano riuscite a trarre in
arresto uno di questi boss, che negli anni hanno collaudato e coordinano nell’insieme il sistema dei respingimenti, dei lager e del traffico di esseri umani e non solo, l’unica volta che finalmente uno di loro era chiamato a rendere conto dei suoi crimini contro l’umanità e crimini di guerra ed era chiamato a raccontare la verità su uno dei misteri più grossi di questa epoca storica, quel boss è
stato scarcerato e riportato con volo di Stato in Libia.

E ora lì, in Libia, persone migranti, cristiani, bambini stanno subendo catture e deportazioni che superano ogni immaginazione.

Si è così rafforzato quel sistema di violenza e di respingimento che Italia ed Europa finanziano.
La ferita che si è creata con gli accordi con la Libia nel 2017 e che si è acuita con il caso Almasri chiede una riconciliazione.
David Yambio, portavoce di Refugees in Libya, fa appello a tutti: «Umani del mondo, farete rumore? Disturberete il tuo conforto per affrontare questa atrocità? O fingerete anche voi che l’essere nero sia un crimine, che la migrazione sia una condanna a morte, che queste vite non valgano il vostro fiato? I bambini braccati per le strade di Tripoli, Jenzour, Tajoura, Al-Madina Gadima, non li vedete?
Non li sentite? Non mettete in discussione le vostre responsabilità morali ed etiche?
Se c’è ancora un po’ di giustizia in questo mondo, che cominci con la verità.
Che tutto cominci con il vostro rifiuto di tacere».
David Yambio è stato torturato direttamente da Almasri, è testimone dei suoi crimini ed è anche, come alcuni di noi, una delle vittime di spionaggio nel cosiddetto caso Paragon.
Anche su questa vicenda ci sono ancora tanti misteri, ma quello che è chiaro è il
quadro in cui si inserisce: la solidarietà è diventata sovversiva.
Sì, la solidarietà è diventata sovversiva e viene criminalizzata e ostacolata in tanti modi, però resiste. Ed è da qui che bisogna ripartire.
Urge che l’Italia e l’Unione Europea ricuciano la ferita enorme che si acuisce sempre di più con le vittime di questo sistema di respingimento e di violenza e con chi pratica la solidarietà e costruisce la fraternità.

È in gioco non solo la vita di queste persone, ma anche la dignità e l’identità dell’Italia e dell’Europa. In questi giorni in cui si prova a rimettere al centro il valore dell’Unione Europea, ricordiamoci che essa è chiamata ad essere una casa di pace, di libertà, di uguaglianza e di fraternità.

Essa è chiamata ad essere una sorella per i popoli del mondo, a non cedere a tentazioni di neocolonialismo economico attraverso le multinazionali o a tentazioni di chiusura a fortezza davanti
agli esseri umani che bussano alle sue porte. Essa è chiamata ad essere una sorella che sa prendere per mano i popoli e le persone, dando carne a quella solidarietà e quella fraternità che costituiscono
quanto di più alto ci sia nella condizione umana.

È un’utopia? No, è quell’Europa che già si sta costruendo dal basso, grazie a tantissime persone,
molte delle quali giovani, che praticano la solidarietà, in mare e in tante città, e costruiscono
relazioni di autentica fraternità e sororità con le persone che si trovano in Africa e con quelle che bussano alle nostre porte.

Quelle persone danno carne a un Mediterraneo e a un’Europa di fraternità e devono essere
ascoltate e assunte.

Solo partendo da loro e ascoltando il grido che sale dalla Libia e dagli altri confini potremo riscoprire
quell’amore che ci può salvare.

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