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Cartelle non riscosse per 1.300 miliardi

Last updated: 27/03/2025 7:47
By Redazione 93 Views 5 Min Read
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Fisco. La metà dei crediti non è più esigibile e dell’altra parte solo 100 miliardi sono facilmente recuperabili

Quasi 1.300 miliardi di crediti fiscali non riscossi. Di cui poco meno della metà considerati ormai
persi perché inesigibili.

È la situazione in cui versa il magazzino della Riscossione, che dà la misura della difficoltà del fisco di incassare un arretrato più che ventennale.
Ad alimentare la tendenza dei contribuenti a non pagare, poi, sono anche le ripetute misure di
rottamazione – l’ultima nel disegno di legge della Lega all’esame del Senato – che – lanciano l’allarme i tecnici del Mef, l’Upb e la Corte dei conti – , rischiano non solo di alimentare l’attesa di nuovi condoni, ma anche di avere un impatto sui conti pubblici.
Il ciclo di audizioni avviato dalla commissione Finanze del Senato sulla gestione del magazzino e sulla nuova rateizzazione sono l’occasione per fare il punto.

Al 31 gennaio, spiega il presidente della commissione di analisi sul magazzino, Roberto Benedetti, il valore residuo dei carichi affidati dal 2000 al 2024 all’Agenzia delle entrate-Riscossione ammonta a circa 1.272,90 miliardi: ovvero, quel rimane sottraendo dai 1.874,62 miliardi di carichi affidati i 421,39 miliardi di sgravi e carichi annullati e i 180,32 miliardi di crediti riscossi.
Si tratta di oltre 290 milioni di singoli crediti ancora da riscuotere, contenuti in circa 173 milioni di
cartelle, avvisi di addebito e avvisi di accertamento esecutivo, che interessano circa 21,8 milioni di contribuenti.
Una mole abnorme di crediti non sempre facilmente riscuotibili.
Ci sono i tantissimi crediti di modesto valore (1 su 4 è di importo inferiore a 100 euro), la cui riscossione non è economicamente conveniente.
Ci sono poi i crediti di fatto inesigibili, perché si tratta di soggetti interessati da procedure
concorsuali, persone decedute o imprese cessate, nullatenenti o contribuenti già sottoposti ad azione
cautelare: sono 537,75 miliardi i crediti con «profilo di non riscuotibilità», praticamente carta straccia.

La mole aggredibile, invece, è costituita dai 567,85 miliardi di crediti riscuotibili, cui si potrebbero
aggiungere altri 167,31 miliardi di crediti incerti, «con profilo di riscuotibilità non determinabile».
Ma l’Agenzia delle Entrate-Riscossione «stima il magazzino residuo lordo (ovvero le cartelle con un
più elevato grado di esigibilità) in soli 100,8 miliardi, il 55,4% del carico totale affidato e l’8% di quello
residuo contabile», osserva l’Ufficio parlamentare di bilancio, facendo notare che l’Italia è in fondo
alle classifiche Ocse per lo stock dei debiti non riscossi sul totale delle entrate (181%) e ultima per i
debiti non riscossi esigibili sul totale di quelli non riscossi (circa il 5%).
Alla base delle problematiche che hanno determinato l’accumularsi del magazzino crediti c’è
«l’accrescersi dei fenomeni di inadempimento, potenzialmente alimentati dalle ripetute rottamazioni, annullamenti, stralci e dilazioni », che «rafforzano le aspettative di futuri abbattimenti o cancellazioni o rateazioni», avverte la Corte dei conti. Che, nello specifico della nuova rottamazione, ricorda le «ricadute negative» delle precedenti, ma anche il rischio di una
«sottostima dei livelli di adesione », con effetti negativi in termini di perdita di gettito.

L’ennesima proposta di rottamazione finisce anche nel mirino del Mef: la rateazione in dieci anni e il fatto che si applichi anche ai carichi dal 2000 al 2022 (quelli della rottamazione quater tuttora in corso) «comportano inevitabili riflessi sui conti pubblici», avverte il direttore delle Finanze del Mef, Giovanni Spalletta, che suggerisce di «omogeneizzare le regole del gioco». Inoltre, le «ripetute e stratificate misure di definizione agevolata e annullamento dei debiti pregressi» contribuiscono
ad alimentare nei contribuenti «aspettative di future agevolazioni e condoni», avverte l’Authority dei conti pubblici.
Questo, è il monito dell’Upb, potrebbe avere «ripercussioni negative sui versamenti per adeguamento spontaneo, sulla riscossione ordinaria e su quella coattiva ordinaria e, in generale, sul livello di tax compliance».

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