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Come e quanto i dazi di Trump minacciano l’export italiano

Last updated: 03/02/2025 6:54
By Redazione 107 Views 4 Min Read
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A rendere preoccupante la prospettiva di dazi americani sui prodotti italiani è l’evoluzione delle esportazioni del nostro Paese. Cosa dice il rapporto “L’export italiano e la minaccia dei dazi Usa” realizzato dall’ufficio studi di Banca del Fucino

I dati più recenti sull’industria italiana ci restituiscono un quadro tutt’altro che rassicurante: in termini di valore aggiunto, il settore industriale al terzo trimestre 2024 ha registrato valori inferiori del 2,9% rispetto allo stesso periodo del 2019; la quota dell’industria in senso stretto sul pil, inoltre, nello stesso lasso di tempo è calata dal 19,9% al 18,2%. L’industria non sembra quindi essere riuscita a rimanere neanche sui livelli pre-pandemici.

Diverse sono le cause dietro questi risultati deludenti, non ultima la crisi del settore automotive, di cui non si vede al momento la fine. In un simile contesto, tuttavia, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca sembra delineare definitivamente lo scenario di una tempesta perfetta, per l’Italia e più in generale per l’Unione Europea. A preoccupare è in particolare la proposta americana di imporre dazi commerciali del 10-20% su tutte le merci importate negli USA. Secondo recenti stime di Prometeia, i nuovi dazi potrebbero determinare costi aggiuntivi per l’Italia tra i 4 e i 7 miliardi l’anno.

Se questa proposta dovesse concretizzarsi, l’Italia avrebbe ragione di temere per la propria crescita. Tra tutte le componenti del pil italiano, infatti, quella dell’export è risultata negli ultimi venti anni nettamente la più dinamica. In rapporto al pil, tra il 2000 e il 2023 il valore delle esportazioni del Paese è passato dal 22,42% al 31,60%, a fronte di una sostanziale stabilità dei consumi (tra il 68 e il 70%) e di una dinamica più negativa degli investimenti (tornati sopra il 20% solo nel post pandemia).

Anche considerando i tassi di espansione delle voci del pil dall’inizio degli anni 2000, emerge come l’export abbia costituito il driver principale di crescita per l’economia italiana, con un’espansione cumulata tra 2000 e 2023 pari al 52,62%, contro un +6,02% dei consumi, un +20,13% degli investimenti (interamente frutto del buon andamento di questa componente nel post-pandemia) e un +8,3% del prodotto interno lordo nel suo complesso (Figura 1).

Anche in relazione alle pesanti crisi economiche (la Doppia Recessione e la Crisi Pandemica) che hanno colpito l’Italia nel nuovo Millennio, l’export italiano di merci ha rappresentato la principale fonte di ripresa, recuperando il terreno perduto ben prima rispetto alle altre componenti del pil, e al pil stesso nel suo insieme: quest’ultimo è infatti tornato sui livelli raggiunti nel 2007, prima dello scoppio della Grande Recessione, solamente nel 2023, sedici anni dopo; alle esportazioni, invece, ne sono bastati otto. Si tratta di un risultato notevole, specie se si considera che la componente dei consumi, maggioritaria in termini percentuali sul totale del pil, non ha ancora recuperato i livelli precedenti alla crisi dei mutui sub-prime.

A rendere preoccupante la prospettiva di dazi di marca statunitense sui prodotti italiani è in particolare l’evoluzione dell’export del Paese in relazione ai principali partner commerciali. In altre parole, è la situazione del commercio internazionale venutasi a delineare negli ultimi anni a costituire il maggior fattore di rischio.

Considerando i singoli paesi, gli Stati Uniti costituiscono la seconda destinazione dell’export nazionale, con una quota che nel 2023 è stata pari al 9,37%, superiore anche a quella della Francia (8,83%) e inferiore solamente a quella della Germania (10,40%).

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