Sui monitor dello spazio Nieuwspoort annesso al Binnenhof – il cuore del Parlamento olandese – compare il volto di Mark Rutte.
L’immagine diventa il contrappunto ideale alla linea portata a L’Aja da Giuseppe Conte contro la spinta alle spese per la difesa promossa dall’ex falco simbolo dell’austerità europea che, ricorda Conte, oppose “fortissime resistenze” al “Recovery Fund” e oggi, alla guida della Nato, veste i “panni dello spendaccione” a danno del welfare. No al riarmo voluto da Ursula von der Leyen, no alla guerra e no alla dottrina trumpiana del 5%: la piattaforma promossa dal leader del M5S raccoglie 15 partiti e movimenti da 11 Paesi europei dalla sinistra radicale fino alle forze euroscettiche – uniti nel rivendicare la necessità di “preparare la pace” mentre, a 5 km, i leader dell’Alleanza sono riuniti al World Forum per concordare la nuova ambizione militare.
Inseguito dal confronto a distanza con Giorgia Meloni intervenuta in Senato, Conte approda a L’Aja da Bruxelles intorno a mezzogiorno – non senza un contrattempo ferroviario – per guidare, insieme alla delegazione del M5S, il contro-summit “No Rearm, No War”. E non perde occasione per rispedire al mittente le affermazioni della premier sull’impegno sul 2% del Pil da destinare alla difesa. Un accordo che, replica Conte, “fu siglato nel 2014, quando io ero professore a Firenze e Meloni era in politica da tempo”.
L’ex premier non nega di aver aumentato i fondi alla difesa durante il suo governo, ma rivendica una scelta di equilibrio e una battaglia portata avanti anche in seno alla Nato “per dare meno di quanto richiesto” tutelando “sanità e scuola”. Mentre Meloni, attacca, “taglia ovunque” per raggiugere “l’obiettivo del 5%”.
Poi arriva il momento dell’affondo al piano di riarmo dell’Occidente agli occhi di Conte “un suicidio economico e sociale” – e alle azioni militari di Israele e Usa a Gaza e in Iran. Accanto a lui, la ministra spagnola e leader di Sumar, Yolanda Diaz, in collegamento da Madrid, la greca ex di Syriza, Zoe Konstantopoulou, le voci critiche della sinistra tedesca, da Die Linke all’al –
leanza di Sahra Wagenknecht. La vice di Pedro Sanchez esibisce il risultato ottenuto dopo una serrata trattativa con i vertici Nato e Conte rilancia con una domanda: “Esiste un’alleanza militare che abbia accumulato armi senza
poi usarle?”, avvertendo che il ciclo di accumulo “rende la guerra una realtà sempre più vicina”. A sintetizzare il valore della diplomazia, poi, l’appello finale dell’iniziativa – sottoscritto anche da esponenti come l’eurodeputato di Renew, Michael McNamara, l’economista Giovanni Dosi e l’ex leader laburista britannico Jeremy Corbyn – a evidenziare che “la guerra in Ucraina” mostra
il “fallimento occidentale”. La condanna dell’invasione da parte di Vladimir Putin viene ribadita nel testo, portando Conte anche a ridimensionare le polemiche con i possibili alleati progressisti – Pd in testa – intorno all’apertura al gas russo da parte del M5S. Una “montatura ad arte” perché, è la precisazione, il riferimento riguarda solo un futuro scenario di pace duratura, in cui valutare di riaprire i rapporti commerciali con Mosca. E, se sul fronte europeo un nuovo appuntamento della rete anti-riarmo è già fissato a Roma dopo
l’estate, su quello interno l’approccio è “leale, ottimista e aperto” per costruire con i dem e Avs “un progetto solido e forte alternativo a Meloni”.
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