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Caltanissetta 401 > News > Cronaca > Covid. Il medico del paziente 1: “Così il mondo capì che nessuno era al sicuro”
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Covid. Il medico del paziente 1: “Così il mondo capì che nessuno era al sicuro”

Last updated: 21/02/2025 6:45
By Redazione 110 Views 4 Min Read
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Raffaele Bruno (San Matteo Pavia) ricorda quei giorni di febbraio 2020 in cui tutto è cominciato: “Si era ammalato un ragazzo di 37 anni, divenne un emblema. Oggi siamo amici”. Cosa resta 5 anni dopo? “Siamo cresciuti, ma non dobbiamo abbassare la guardia. Ho capito che la scienza non è solo protocolli, ma empatia e lavoro di squadra. E non dobbiamo dimenticare”

Adnkronos

“E’ un anniversario tondo” per il Covid “e ovviamente fa riflettere, fa venire in mente i ricordi”: 5 anni da quel 20 febbraio 2020 quando in Lombardia, a Codogno nel Lodigiano, si scopriva il ‘paziente 1’ d’Italia, di fatto l’inizio dello tsunami che si abbatté sugli ospedali di diverse aree del Paese.

Raffaele Bruno, direttore Struttura complessa Malattie infettive Policlinico San Matteo – Università di Pavia, ha seguito quel paziente giovane, Mattia Maestri, nei suoi giorni fra la vita e la morte, alle prese con un virus allora sconosciuto.

“Oggi – racconta all’Adnkronos Salute – con i colleghi ricordavamo perfettamente la tensione, la preoccupazione di quei giorni che erano giorni convulsi, per noi che eravamo in prima linea e per tutta l’italia.

Aver avuto l’onore e l’onere di gestire il paziente 1 in qualche modo ci ha dato ancora più responsabilità perché era diventato un caso emblematico. Il fatto che un ragazzo si fosse ammalato gravemente ha fatto percepire alla gente che nessuno era davvero al sicuro”.

Con Mattia il mondo fuori dalla Cina – che a Wuhan aveva sperimentato per prima l’impatto di Sars-CoV-2 – capì.

Poi il paziente 1 guarì e fu dimesso. Arrivarono, dopo mesi e mesi, anche i titoli di coda della pandemia e ora sembra tutto lontano, ma “secondo me è importante un giorno del ricordo”, riflette Bruno.

“Quando si avvicina questa data, da medico che è stato in prima linea, ho sentimenti contrastanti.

Ci sono da una parte i ricordi che sono dolorosi – come l’impotenza iniziale – ma dall’altra anche i ricordi di momenti di speranza, che sono stati le prime guarigioni, la guarigione di Mattia che è stata una vittoria non solo medica, ma simbolica anche per il Paese.

Mi fa riflettere su quanto siamo cresciuti da certi punti di vista, ma mi fa dire anche che non si può abbassare la guardia.

La cosa che penso di più in questo anniversario è che la scienza non è solo protocolli, ma umiltà, empatia, capacità di lavorare insieme. E non bisogna dimenticare.

Perché se si dimentica, se da un’esperienza così drammatica non si colgono spunti positivi, veramente abbiamo oltre al danno la beffa”.

Tempo di bilanci, insomma, per Bruno e per tanti camici bianchi che hanno vissuto la pandemia. Ma non serve una ricorrenza per sentire chi nelle vesti di paziente ha vissuto quei momenti con lui, assicura: “Io Mattia lo sento sempre, è nato un rapporto umano che va al di là del rapporto professionale. E’ un rapporto di amicizia e di consuetudine, non ci siamo dovuti dire niente” oggi.

“Siamo in un momento di freddo perché lui è del Milan e io dell’Inter – scherza – altro che Covid, altro che Sars-CoV-2”. (di Lucia Scopelliti)

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