Lo stemma del Comune di Caltanissetta è costituito da una fortezza a tre torri merlate, in oro, su campo rosso. Al di sopra della fortezza è posta una corona araldica antica. È anche presente una rappresentazione della testa di una figura che esce da una delle torri.
E dove vi è una corona non possono mancare le dame di compagnia.
Le dame di compagnia, non prendevano decisioni, non gestivano le finanze dello Stato e non si occupavano di questioni concrete. Erano il volto sorridente del potere, il suo ornamento più bello, sempre pronte a partecipare a eventi e a fare da cornice alla grandezza del sovrano.
Oggi è facile trovare un parallelo ironico tra le dame di compagnia di corte e certi politici nei Palazzi.
Facendo un’analisi superficiale, entrambi i ruoli sembrano avere una loro importanza, ma scavando un po’ si scopre che la loro funzione è spesso più di facciata che di sostanza.
Le dame di compagnia, nell’immaginario collettivo, erano figure elegantissime, sempre al fianco di regine e principesse. Il loro compito principale non era governare o prendere decisioni cruciali, ma piuttosto offrire compagnia, sorreggere il ventaglio, partecipare a cerimonie e banchetti, e in generale aggiungere un tocco di decoro e prestigio alla corte. Erano il “tocco femminile” del potere, la cornice dorata che incorniciava i volti dei veri protagonisti.
Allo stesso modo, alcuni politici sembrano incarnare questa stessa filosofia. Nominati magari non perchè li hanno voluti i cittadini, ma per mantenere equilibri politici e si ritrovano a gestire alcune deleghe che non hanno una reale incidenza sulla vita quotidiana dei cittadini e quelle invece che le hanno non vengono gestite al meglio.
La loro agenda è fitta di altro, magari si partecipa a qualche conferenza stampa in cui si annunciano progetti già decisi o fatti da altri, tra uno sbadiglio ed un colpo di sonno.
Sono figure onnipresenti nelle foto ufficiali, pronti a sorridere e a stringere mani, ma le loro azioni concrete sono un’eco lontana. Non si “sporcano le mani” con i problemi veri, anche perchè se lo fanno, some successo, combinano qualche grosso guaio o imbarazzo.
Il loro valore non si misura in base ai risultati o ai voti presi, pochini, ma in base alla loro capacità di apparire, della loro storia e da rappresentare qualcuno, insomma basta la presenza.
Entrambi, in fondo, sono gli “ornamenti del potere”, figure che servono a rendere il quadro più completo, a riempire gli spazi vuoti e a perpetuare una tradizione, ma il cui impatto reale sul regno, o sulla città, è spesso trascurabile e discutibile.
In un mondo che ha sempre più bisogno di concretezza e meno di apparenze, questo parallelismo non può che strappare un sorriso amaro.
L’eco di questo ruolo sembra oggi aver trovato un’inaspettata reincarnazione, mentre infatti la città lotta con problemi reali c’è chi, tra i banchi della politica locale, sembra vivere in una bolla di cristallo, diventando intoccabili.
La loro agenda è fitta di impegni, ma se si analizza il contenuto di questi eventi, si scopre che il loro ruolo è spesso quello di semplici presenzialisti.
Accolgono personalità più o meno importanti, sorridono per le foto ufficiali e non, rilasciano dichiarazioni che non dicono nulla di nuovo e nel frattempo stringono mani a destra e a manca, facendo notare il loro ruolo, che a molti onestamente sfugge.
Ma qual è il loro impatto concreto sulla vita dei cittadini? Quali progetti hanno portato a termine? Quali problemi hanno risolto?
Non si tratta di criticare la rappresentanza, le cerimonie o le persone, che hanno un loro ruolo nella vita pubblica, si tratta semplicemente di distinguere tra chi lavora per la comunità e chi si limita a “fare presenza”, percependo comunque lo stesso emolumento di chi magari lavora.
Proprio come le dame di compagnia di un tempo, questi moderni politici sono più impegnati a mantenere le apparenze che a sporcarsi le mani con i problemi della città.
Il loro regno non è fatto di decreti e delibere, ma di sorrisi, strette di mano e dichiarazioni vuote.
In un’epoca in cui si chiede sempre più concretezza alla politica e meno spreco di denaro pubblico, il rischio è che la cornice diventi più importante del quadro.
Ma, ammesso e concesso che il quadro sia accettabile, certe cornici vanno sostituite, per evitare che alla fine a perderci sia l’immagine generale del quadro.
E così, tra una cerimonia, un taglio di nastro e una foto ricordo, l’unica cosa che sembra avanzare è il tempo, mentre alcuni problemi della città restano tristemente fermi. A d Maiora
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