Nei giorni scorsi, molti alfieri della santificazione berlusconiana si sono inebriati della sentenza con cui la Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta di sorveglianza speciale e della confisca dei beni nei confronti di Dell’Utri e dei suoi famigliari.
Ed ecco che i giornaloni nostrani non hanno perso l’occasione per riscrivere la storia, decretando che è “escluso qualsiasi legame tra Dell’Utri, Berlusconi e Cosa nostra”.
Un revisionismo storico tanto caro a questo governo che ha intitolato l’Aeroporto di Milano Malpensa proprio al Cavaliere.
A ripercorrere la realtà accertata dei fatti, ci ha pensato il sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia, Nino Di Matteo, intervistato dalla redazione di WordNews.it.
Il magistrato ha ricordato la sentenza definitiva del 2014, con cui Marcello Dell’Utri fu condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e venne accertato il patto pluridecennale tra Silvio Berlusconi e Cosa Nostra, resta intangibile.
“Bisogna avere l’onestà intellettuale di vedere cosa è successo e quindi di esaminare le vicende processuali in maniera concettualmente e intellettualmente onesta. Questa recente sentenza della Cassazione riguarda esclusivamente la misura di prevenzione nei confronti di Marcello Dell’Utri, quindi la valutazione dell’attuale pericolosità sociale di Dell’Utri e, da un punto di vista patrimoniale, il collegamento tra il suo patrimonio e i suoi rapporti con la mafia, nonché la riconducibilità delle donazioni milionarie da parte di Berlusconi alla volontà di comprarne, diciamo, il silenzio”, dichiara Di Matteo, specificando come sia intangibile perché coperta dal giudicato, la sentenza che riguarda il sodalizio Criminale del fondatore di Forza Italia con le organizzazioni criminali.
“In questa pronuncia definitiva è attestato che Dell’Utri è stato mediatore e garante di un patto pluridecennale tra Berlusconi e la mafia, che aveva ad oggetto la protezione del Cavaliere in cambio di dazioni di denaro. Quella sentenza, tra l’altro, ritiene provato che quel patto fu pienamente rispettato da entrambe le parti, quindi Berlusconi da una parte e la mafia dall’altra, nel periodo dal 1974 al 1992. E questo ha tra l’altro comportato che in quel periodo, quindi un periodo in cui Cosa Nostra ha compiuto anche omicidi eccellenti, anche nei confronti di esponenti delle istituzioni, ha compiuto stragi come la strage Chinnici del 1983, uccidendo esponenti delle forze di polizia, prefetti della Repubblica, presidenti della Regione. In quel periodo Berlusconi ha versato centinaia di milioni nelle casse di Cosa nostra”, ha continuato l’ex Consigliere del CSM, denunciando il maldestro tentativo di depistare la realtà storica e giudiziaria.
“Questa sentenza non può essere revocata a mezzo stampa. Sostenere, come hanno fatto in questi giorni alcuni organi di stampa e molti esponenti politici, che la recente sentenza della Cassazione, quella sul procedimento di prevenzione, ha escluso ogni rapporto tra Dell’Utri, Berlusconi e la mafia è semplicemente falso. Il presupposto indispensabile di qualsiasi legittimo commento dovrebbe essere quello di una rappresentazione onesta e veritiera del fatto che si vuole commentare, e in questo caso invece il fatto è stato volutamente travisato. Le recenti pronunce giudiziarie sono state volutamente travisate, forse per cancellare la memoria di fatti e rapporti, che invece sono accertati, così scandalosi e per tanti ancora oggi così scomodi”.
Di Matteo ha dunque richiamato la sentenza definitiva della Cassazione del 2014, che stabilisce: “Dell’Utri mise in contatto l’imprenditore Berlusconi con Gaetano Cinà e Stefano Bontate, capi del mandamento di Santa Maria di Gesù, i quali si impegnarono a garantire la protezione delle persone e delle attività economiche in cambio di somme di denaro periodiche”.
E ancora, rispetto alla questione se si trattasse di un rapporto stabile e consapevole, precisa: “A pronunciarsi in questo senso sono gli stessi giudici della Cassazione che confermano la sentenza di appello… Il patto non venne, secondo la sentenza definitiva, soltanto stabilito ma venne rispettato da entrambe le parti, e per almeno 18 anni, dal 1974 al 1992. Così è provato. E ha comportato, tra l’altro, il passaggio di centinaia di milioni di vecchie lire da Berlusconi alle famiglie mafiose palermitane più importanti, proprio nel momento in cui quelle famiglie erano impegnate in un’attività di sistematico attacco alle istituzioni. Quindi i fatti rimangono consacrati nella loro gravità e oggi non possono essere messi in discussione da una sentenza che riguarda altri aspetti”.
Di Matteo si è poi soffermato sul periodo delle stragi, evocando un’inquietante simmetria storica: “La sentenza è quella della Cassazione, ha parlato di un patto reciprocamente rispettato dal ’74 al ’92, almeno fino al ’92, quindi circoscrisse il periodo temporale in cui considerò provati i fatti al ’92, non anche al periodo proprio delle stragi. Ovviamente il capitolo delle stragi è tutta un’altra storia che leggiamo essere ancora aperta, ma questo non glielo posso dire io. Questa sentenza recente non è un quarto grado di giudizio e non può modificare di una virgola quelle che sono conclusioni assolutamente chiare, precise e gravi”.
Il sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia ha infine denunciato questo tentativo di depistaggio promotore di “un pericoloso contributo alla cancellazione di una memoria storica che, invece, dovremmo tutti conservare e anzi alimentare, anche perché riguarda dei fatti del passato ma che comunque in qualche modo riguardano anche il presente. Solo che si pensi che è stato condannato definitivamente uno dei fondatori di un partito che attualmente fa parte della compagine di governo, quindi non sono fatti che appartengono a un passato
Fonte antimafiaduemila.com
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