Dopo Hamas toccherà agli Houthi, il ministro Katz avvisa lo Yemen: “Nella vostra capitale sventolerà la bandiera dello Stato ebraico”
Dopo i raid sugli ospedali, l’abbattimento degli edifici residenziali e la morte di oltre 65mila persone, sarebbe lecito attendersi che il peggio per la Striscia di Gaza sia ormai alle spalle. Peccato che le cose potrebbero — e sembrano — destinate a peggiorare sensibilmente, visto che il portavoce dell’esercito israeliano (IDF) in lingua araba, Avichay Adraee, ha scritto su X che le forze armate agiranno a Gaza City con “una forza senza precedenti”, esortando i residenti a fuggire verso sud il prima possibile.
Contestualmente — e in modo a dir poco contraddittorio — Adraee ha annunciato anche la chiusura di una via di evacuazione temporanea, aperta soltanto mercoledì, al punto che in molti si chiedono come sarà possibile abbandonare la città: “Da questo momento, Salah al-Din Road è chiusa al traffico in direzione sud (…)” e “l’unica via possibile per andare verso sud è quella di Al-Rashid Street”. Malgrado il poco preavviso, secondo l’IDF circa 480mila palestinesi sono già riusciti ad abbandonare la città, a fronte di oltre un milione di persone che risiedevano nell’area prima che l’esercito di Benjamin Netanyahu lanciasse la nuova grande offensiva contro i “2mila o 3mila militanti di Hamas” presenti nella zona.
A queste dichiarazioni ha risposto con forza il movimento terroristico palestinese, minacciando che, a causa dell’operazione lanciata dalle Forze di Difesa israeliane a Gaza City, “Israele non otterrà alcun ostaggio, né vivo né morto”. Il gruppo palestinese ha fatto sapere che “gli ostaggi sono stati distribuiti all’interno dei quartieri della città di Gaza e non ci cureremo delle loro vite finché Netanyahu deciderà di ucciderli”, aggiungendo che “Gaza non sarà un boccone facile per il vostro esercito e siamo pronti a mandare le anime dei vostri soldati all’inferno”.
Veto Usa all’Onu sulla risoluzione per chiedere il cessate il fuoco
Davanti a questa mattanza e a una guerra che appare lontana da una conclusione, le speranze di pace erano riposte soprattutto nella riunione di ieri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in cui è stata posta ai voti una risoluzione che chiedeva un cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza e il rilascio degli ostaggi. La risoluzione, tuttavia, è stata affossata per l’ottava volta dagli Stati Uniti — guidati da Donald Trump, secondo indiscrezioni di stampa che lo descrivono “furioso nei confronti di Netanyahu e pronto a scaricarlo” — che hanno posto il veto al provvedimento in quanto, secondo i diplomatici Usa, il documento non esprimeva una sufficiente condanna di Hamas.
Una decisione shock che ha immediatamente scatenato la reazione del presidente dell’Autorità nazionale palestinese (ANP), Abu Mazen, il quale, attraverso il suo portavoce Nabil Abu Rudeineh, ha espresso “profondo rammarico e sconcerto per il veto degli Stati Uniti alla bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco immediato a Gaza, nonostante il sostegno unanime degli altri 14 membri del Consiglio”. Secondo Rudeineh, la decisione degli Usa “invia un messaggio pericoloso, incoraggiando Israele a continuare a commettere crimini e a sfidare il diritto e la legittimità internazionale”, e ha chiesto “all’amministrazione statunitense di riconsiderare le proprie posizioni prima che sia troppo tardi”.
A queste dichiarazioni si è scagliato con forza il ministro della Sicurezza nazionale di Israele e leader dell’estrema destra, Itamar Ben-Gvir, secondo cui l’ANP è “un’organizzazione terroristica che si prepara a ripetere il 7 ottobre in Cisgiordania, paga stipendi a chi uccide ebrei, educa nelle sue istituzioni a macellare ebrei e incita ai crimini terroristici attraverso i suoi media”.
Minaccia regionale
Quel che è certo è che la guerra non sembra destinata a concludersi rapidamente. Dal governo di Tel Aviv, infatti, è stato annunciato un aumento del budget della difesa del 23% “per coprire i costi della guerra di giugno contro l’Iran e dell’offensiva terrestre in corso nel nord di Gaza”. “Si tratta di un bilancio interamente dedicato alle spese essenziali per la sicurezza necessarie per continuare la guerra, all’acquisto di munizioni ed equipaggiamento e al supporto delle esigenze operative dell’esercito israeliano”, ha spiegato Bezalel Smotrich, il ministro delle Finanze di estrema destra, figura fondamentale, con i suoi pochi seggi, per la tenuta del governo Netanyahu, noto per le sue posizioni radicali e per frasi choc: dal suggerire di sparare ai bambini palestinesi al proporre di lasciare morire di fame chi non abbandona i territori occupati, fino al candidarsi con toni estremi e al non riconoscere i cristiani.
Ma non è tutto. A preoccupare sono soprattutto le parole del ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, che nel bel mezzo dell’offensiva a Gaza City ha paventato possibili attacchi allo Yemen per decapitare i ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran: “Abdul-Malik al-Houthi (leader degli Houthi, ndr), il tuo momento arriverà. Sarai mandato a incontrare l’intero governo e tutti i membri falliti dell’asse del male che attendono nelle profondità dell’inferno. Lo slogan “morte a Israele, maledizione agli ebrei” scritto sulla bandiera degli Houthi sarà sostituito dalla bandiera israeliana blu e bianca che sventolerà nella capitale dello Yemen”. Dichiarazioni shock che, nel silenzio carico di imbarazzo dell’Occidente, sono state condannate dai leader arabi della regione, i quali in coro hanno definito “Netanyahu la minaccia principale per la pace” in Medio Oriente.
Fonte LANOTIZIAGIORNALE.IT di Davide Manlio Ruffolo
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