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Fecondazione: in Consulta il caso Evita, aspirante mamma single che ‘ha sofferto per amore’ ed a cui è negata l’eterologa

Last updated: 12/03/2025 6:47
By Redazione 110 Views 6 Min Read
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La Difesa: ‘Oggi il fisico le presenta il conto anche se avrebbe tutto ciò che serve per essere madre’ – L’Avvocatura di Stato: ‘La questione non riguarda solo l’essere donna’ – A giorni la sentenza

La foto ricordo scattata in Sala avvocati a Palazzo della Consulta suggella un momento importante di partecipazione femminile ad una udienza pubblica che farà storia nel campo dei diritti e delle donne, quella sul caso di Evita, la quarantenne di Torino a cui in un centro di procreazione assistita in Toscana era stata rifiutata la richiesta di accedere alla fecondazione eterologa con donatore anonimo, essendo lei single. Al momento del flash, nella elegante Sala affrescata del Palazzo, ha voluto unirsi alle 9 avvocatesse scese in campo per Evita, descritta come “donna di una famiglia tradizionale che ha amato e sofferto per amore ed a cui oggi il fisico presenta il conto” anche se “avrebbe tutto ciò che serve per essere mamma”, anche Wally Ferrante, l’avvocatessa dello Stato che con una fitta ed articolata argomentazione ha chiesto “l’inammissibilità della questione”, per come posta dalle controparti. “Abbiamo convinto anche l’avvocato di Stato”, ha scherzato Filomena Gallo, intervenuta nel dibattimento per l’Associazione Luca Coscioni ed in difesa di Evita prima del ‘cheese’… Anche se per Wally Ferrante “la questione non riguarda semplicemente l’essere donna…”.

La realtà è che le oltre due ore di dibattimento ‘in rosa’ sin dalla relazione della giudice Navarretta, in una udienza pubblica sentita e ben argomentata dalle parti (per Evita gli avvocati difensori del team legale dell’Associazione Luca Coscioni, Angioletto Calandrini, Gianni Baldini, Maria Elisa D’Amico, Benedetta Liberali, Filomena Gallo, Irene Pellizzone e Paola Stringa “collega di corso all’università di Evita”; per il centro medico Demetra Ilaria Dello Ioio e Cinzia Ammirati; per lo Stato Wally Ferrante) hanno lasciato ai 15 giudici della Corte costituzionale il compito di un’ardua sentenza, in arrivo nei prossimi giorni, che dovrà analizzare le prescrizioni della legge 40, che permette la Pma solo a coppie eterosessuali stabilmente conviventi o sposate, non dunque a single come Evita.

L’Associazione Coscioni, a cui si è rivolta Evita dopo il diniego ricevuto, è ricorsa per lei con il suo team di legali al Tribunale di Firenze, contestando la violazione di diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu), come quello all’uguaglianza e alla salute. Da qui la decisione del Tribunale di sollevare la questione di legittimità costituzionale sull’articolo 5 della legge 40. L’Associazione ha quindi reclamato davanti alla Corte costituzionale modifiche normative per superare la discriminazione che l’articolo 5 della Legge n. 40/2004 determinerebbe, consentendo di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita solamente a “coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi”. Sarebbe inoltre irragionevole, dal suo punto di vista, la disparità di trattamento rispetto alla persona che abbia fatto ricorso all’estero, alla procedura di fecondazione assistita che favorirebbe tra l’altro “una disparità anche in base alle possibilità economiche delle persone” che possono permettersi di ricorrere alla Pma all’estero. Individuato dal team legale di Evita anche un profilo di violazione della libertà di autodeterminazione con riferimento alle scelte procreative, oltre che la lesione al diritto alla salute della donna single che le avvocatesse hanno definito “sterile di fatto”, in assenza di un compagno. Ci sarebbe infine a loro parere una violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali con particolare riguardo al diritto al rispetto della vita privata e familiare e al diritto all’integrità fisica e psichica. Tutto quanto sopra sarebbe lesivo dell’articolo 3 della Costituzione.

Argomentazioni queste a cui l’Avvocatura dello Stato si è contrapposta: “Cosa è prevalente nel diritto fondamentale? L’aspirazione ad essere un genitore o il diritto di un essere umano ad avere la bigenitorialità? Quale è il diritto fondamentale che deve prevalere?”. “La Corte ha detto che le impostazioni adulto-centriche devono cedere il passo ai diritti nei nascituri; che la libertà del singolo può estendersi fin dove non intacca la libertà altrui, che è quella del nascituro. Quindi si insiste sulla questione di inammissibilità della questione come posta”. Secondo Wally Ferrante, vi è in ballo una questione infatti che “non riguarda semplicemente l’essere donna”: “Se parliamo di diritto alla genitorialità in virtù della parità di trattamento esso andrebbe ammesso anche per l’uomo, passando necessariamente per la gestazione per altri”. “E vorrei ricordare – rimarca – che la Corte ha sottolineato che il ricorso alla gestazione per altri costituisce una offesa alla dignità della donna”. Inoltre secondo l’avvocatura dello Stato “non vi è unanime consenso a livello europeo sull’estendibilità di queste tecniche, pertanto sicuramente ogni stato è lasciato libero di decidere di conseguenza”. (di Roberta Lanzara)

Fonte Adnkronos

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