Si invoca da più parti l’intervento del Genio Militare per venirci incontro e risolvere, o almeno per attenuare, il problema idrico, visto che le aspettative fanno paura a tutti e gli eventi sembrano precipitare.
C’è che sostiene che ciò non sia possibile, adducendo che non sarebbero in grado, altri invece fanno orecchie da mercante.
Forse bisognerebbe rileggere un po’ la storia.
L’acqua, oltre alla consapevolezza di essere un elemento vitale per la nostra sopravvivenza, è sempre stata molto importante per l’umanità, sia come elemento di difesa e che di offesa.
Considerando che la logistica ed i servizi di supporto hanno sempre influito in maniera determinate sull’andamento delle guerre e soprattutto sul morale dei combattenti, la non disponibilità di cibo o acqua o il rincalzo di truppe fresche per la sostituzione in prima linea di soldati stanchi o ammalati può veramente fare la differenza.
Considerando l’impossibilità di reperire in zona informazioni attendibili sulla salubrità delle acque si cominciò a trasportare acqua dagli acquedotti civili presenti nelle retrovie, utilizzando vagoni cisterna trasportati al fronte. Ma la vera sfida era portare l’acqua fino a dove occorreva superando le asperità del terreno tramite l’utilizzo di centrali di rinvio che la portavano alle prese d’acqua e ai serbatoi di distribuzione. Da quel punto l’acqua, per arrivare ai reparti, veniva portata, a seconda delle possibilità, con autobotti, carri, ghirbe o a spalla.
All’inizio della guerra non c’era un sistema definito di approvvigionamento idrico, ma a fronte delle necessità e delle problematiche che man mano si presentavano, il reperimento e la gestione delle acque vennero, come per altri servizi di sostegno, affidati al Genio Militare..
All’inizio il personale specializzato era molto carente in quanto si reclutavano gli addetti da tutte le armi che, però, rimanendo effettivi ai corpi di provenienza, vi era il rischio di vedersi richiamare improvvisamente all’armata di origine..
Con il tempo i cantieri idrici vennero costituiti in plotoni idrici nelle retrovie con personale fisso e preparato, fornito di tutti i supporti necessari sia logistici che di disciplina per svolgere al meglio il lavoro, ottenendo efficienza e sicurezza nel funzionamento delle centrali idriche necessarie per l’approvvigionamento regolare delle truppe.
Facevano parte dei reparti idrici ingegneri idraulici, capotecnici e operai specializzati.
Presso ogni Comando di Armata venne istituito un Ufficio idrico con annesso un laboratorio di riparazione, un laboratorio chimico-batteriologico e un numero di Plotoni Idrici variabile da cui dipendevano i magazzini dei materiali.
Dopo la disfatta di Caporetto e la perdita ingente di materiale, la nomina del Generale Marieni portò a dei cambiamenti come la riorganizzazione degli uffici idrici, una migliore gestione delle analisi batteriologiche delle acque con la prevalenza della prevenzione, l’aumento di personale specializzato e formato.
La nuova organizzazione consentì che in pochi mesi si riuscì a costruire 3 acquedotti con lunghezza variabile da 40 km a 180 chilometri con decine di centrali di sollevamento.
Nel contempo, memori dei problemi logistici scaturiti dalla disfatta di Caporetto, si cercò di regolamentare la procedura nel caso di ritirata del salvataggio delle apparecchiature del servizio idrico.
In effetti nel giugno 1918, durante un’offensiva del nemico, non mancò mai l’acqua alle truppe nonostante la distruzione quasi completa delle tubature.
Lo stesso principio venne applicato nella progettazione della logistica quando si avanzò rapidamente nell’ottobre 1918.
Consapevoli che gli austriaci avrebbero distrutto anche gli acquedotti civili ed inquinato le sorgenti e i pozzi, si riattarono con metodi di fortuna i servizi idrici delle grandi città e dei piccoli centri.
Tale operazione proseguì anche dopo l’armistizio, nelle zone conquistate, devastate dai combattimenti, dove nonostante la smobilitazione dei reparti idrici, circa 50 ufficiali e 1500 specialisti riuscirono a ripristinare tutti gli acquedotti per un totale di 200 chilometri di tubazioni e 50 pozzi artesiani.
Dall’altro lato la guerra ha portato, riferendosi anche solo alla tecnologia dell’approvvigionamento idrico, un balzo in avanti notevole soprattutto per il tipo di materiali utilizzati, per lo studio sulle pompe e sulle infrastrutture utilizzate.
Per sottolineare, infine, il lavoro del Genio Militare per portare acqua ai soldati, basti pensare che su tutto il fronte italiano esistevano 150 centrali di sollevamento con 1.500 km di tubi, e che il Comandante delle truppe britanniche in Italia Generale Frederick Lambert decimo Conte di Cavan, ebbe a dire: “che la vittoria dell’Italia si deve anche all’ Arma del Genio“.
Questo successe in Italia più di cento anni fa.
Correva l’anno 1985 “SICCITA’ A FIRENZE” pronto condotto della SNAM con l’aiuto del Genio Militare
“FIRENZE, 9 OTT 1985– Il condotto ha trasportato i primi metri cubi di acqua. Si tratta delle prime prove che si protrarranno per 48 ore. L’immissione in rete di acqua potabilizzata. La soluzione provvisoria, dovrebbe assicurare per cinque settimane l’acqua e farla arrivare anche ai piani più alti delle case”.
Pensate che loro non sarebbero in grado di intervenire anche qui da noi ?
Ma probabilmente per chi dovrebbe chiedere il loro intervento, sarebbe un gettare la spugna, specialmente quando sono decenni che non si interviene strutturalmente o mesi che si danno notizie più o meno rassicuranti ma, che alla luce degli ultimi avvenimenti, di rasserenante non hanno proprio nulla.
Parliamo ancora della diga del Blufi ?
Si affidino a loro i lavori, visto lo stato di emergenza, in pochissimo tempo verrebbe completata, certo sarebbe un grande smacco alla politica che purtroppo deve mettere le mani in tutto, ma almeno risolvesse.
Stessa cosa per dissalatori, pompe di sollevamento, condutture volanti, pulizia degli invasi e sistemazione perdite.
Poi se ci dovessero dire che non possono, bene, ma almeno il tentativo si è fatto e capiremo che non ci resta altro che sperare nelle piogge…sperando siano abbondanti. Ad Maiora

