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Guadagnuolo: “Il Convivio di Dante”. In occasione del 704esimo anniversario della morte di Dante Alighieri, avvenuta il 14 settembre 1321 a Ravenna. Foto

Last updated: 12/09/2025 8:42
By Redazione 74 Views 7 Min Read
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Francesco Guadagnuolo, artista internazionale attivo tra Roma, Parigi e New York, ha ideato un olio su tela di 135×185 cm intitolato “Il Convivio di Dante”. Il dipinto è stato presentato online nel contesto del “Grand Tour di Dante” per celebrare il Sommo Poeta, un progetto promosso da Critica Arte Contemporanea che ha portato l’opera in alcune delle principali città dei cinque continenti, coinvolgendo intellettuali e studiosi di Dante in tutto il mondo. In quest’opera transrealista, l’artista immagina Dante e la sua Beatrice attorniati da due filosofi: Severino Boezio e Marco Tullio Cicerone, sospesi fra realtà e sogno in un banchetto celestiale dove lo spazio e il tempo si fondono fluidamente.

Conversazione immaginaria intorno a “Il Convivio” di Guadagnuolo

Nel silenzio sospeso di un tempo che non scorre, il 14 settembre 2025 Guadagnuolo rende omaggio a Dante Alighieri, nel 704esimo anniversario della sua ultima alba terrena. Sullo sfondo di un cielo che sembra colmarsi di pigmenti e di luce, prende vita “Il Convivio”: Dante e Beatrice siedono fianco a fianco, accanto a Severino Boezio e Marco Tullio Cicerone, attorno a un banchetto che non nutre il corpo, ma l’anima.

Pennellate vigorose scolpiscono volti e gesti, mentre bagliori morbidi li avvolgono come un canto lontano. Le voci, intrecciate come fili di seta, si librano attorno al senso del bene, alla via della filosofia e alle domande ardenti del nostro presente, finché persino l’eternità pare chinarsi per ascoltare.

Al centro, in basso, appare la Filosofia: giovane donna, dea prediletta, con lo sguardo che riflette mondi. Tra le mani, un libro che non si sfoglia con dita ma con il pensiero; la sua lettura si fa consolazione celeste, promessa di salvezza in una visione cristiana. Fu lei, simbolo di sapienza e conforto, ad asciugare le lacrime di Dante, quando il vuoto lasciato da Beatrice si fece voragine.

(Sceneggiatura di Francesco Guadagnuolo)

Dante Alighieri: «Osservando questo tavolo rotondo, mi torna in mente il mio “Convivio”: conoscenza come pane da spezzare insieme. Francesco, come hai pensato di intrecciare tempo misurabile e tempo psicologico nella tua tela?».

Francesco Guadagnuolo: «Ho fuso l’attimo storico – la cornice architettonica ispirata alle corti del Duecento – con flussi di coscienza, rappresentati dai chiaroscuri che attraversano i volti. In questo modo, passato e presente si mescolano come in un sogno aleatorio».

Beatrice: «Vedo intorno a me una luce che cambia colore, a seconda di chi parla. È come se la consolazione offerta dalla filosofia si adattasse alla nostra emozione del momento».

Severino Boezio: «Nella mia “Consolazione della filosofia” sostenevo che il male non è voluto da Dio ma serve a dirigerci al bene. Qui, tra pane, vino e uova, avverto la speranza che ho cercato di seminare nel mio testo».

Marco Tullio Cicerone: «Eppure io insistevo sulla letizia umana: filosofia come consolatio contro le inquietudini. Questa scena sembra riportare alla luce il nostro desiderio di equilibrio, anche quando il mondo è scosso da crisi e incertezze».

Dante Alighieri: «Vero, oggi l’umanità patisce divisioni, pandemie e guerre. Come possiamo trasporre qui, in questo convivio, un messaggio che scuota lo spettatore contemporaneo?».

Francesco Guadagnuolo: «Ho dipinto la percezione interna del fluire del tempo, come battito invisibile del pensiero, nelle funzioni di un orologio senza lancette: simbolo del tempo sospeso che stiamo vivendo, tra emozione e ragione, tra fine e rinascita. Il pubblico riconosce subito la fragilità dei nostri giorni».

Beatrice: «Ecco, il bene di cui parliamo è anche cura reciproca. Nel tuo banchetto ogni commensale porta il suo contributo: tu, Dante, con la parola; Boezio, con la fiducia nel divino; Cicerone, con l’arte di alleviare le pene; Francesco, con la visione plastica di tutto questo».

Severino Boezio: «Proprio così. Nell’opera vedo un invito alla riflessione attiva: non basta consolarci, dobbiamo agire nel mondo affinché ogni avvenimento conduca a un bene superiore».

Marco Tullio Cicerone: «E l’impegno civico? Non può mancare. Un desiderio d’unità che richiami la nobiltà d’animo, come nel tuo IV trattato, Dante. Qui, però, la nobiltà si misura nell’ascolto e nella partecipazione comune».

Dante Alighieri: «Il mio Convivio voleva essere un banchetto di conoscenza. Francesco, tu hai trasformato quel banchetto in specchio dell’epoca moderna-contemporanea. Che messaggio lascia a chi guarderà la tua tela oggi e tra cento anni?»

Francesco Guadagnuolo: «Che il bene più grande risiede nell’incontro: tra culture, discipline e persone. Se questo dipinto sopravvivrà alle crisi, sarà perché avrà continuato a nutrire la speranza».

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