La Sicilia, si sa, è una terra piena di fenomeni geologici unici, dall’Etna alle Maccalubbe
Tra questi, ci sono le affascinanti Maccalube di Terrapelata, i vulcanelli di fango, dove l’argilla ribolle spinta dal metano presente nel sottosuolo.
Un’immagine suggestiva, non c’è che dire.
Peccato che, ultimamente, questo spettacolo affascinante della natura sia stato oscurato da un fenomeno molto meno affascinante e sicuramente più puzzolente, i “Vulcanelli” della Sanità siciliana.
Per mesi, la cronaca regionale è stata un bollettino di “eruzioni”, tangenti, appalti truccati, funzionari che anticipavano documenti riservati e bandi scritti su misura per “aziende amiche”.
Il tutto, in cambio di potere e denaro, mascherato da consulenze o, peggio, da assunzioni per parenti e amici.
Un sistema che i magistrati hanno definito una sanità “affetta da una corruzione sistemica”.
Proprio come le Maccalube, anche la corruzione in sanità sembra però funzionare a cicli.
Il fango ribolle per un po’, poi c’è una grande eruzione, segue un arresto, un’indagine, e il fango si placa per un attimo per poi riprendere a fuoriuscire.
Sotto la superficie, la pressione del metano “politico” continua ad accumularsi, pronta per il prossimo sfogo.
Ed è qui che la similitudine con le Maccalube si fa cinico.
Se il fenomeno geologico richiama l’attenzione di studiosi, curiosi e turisti, il fenomeno politico incontra un silenzio di tomba da parte di molti attori, anche locali.
Mentre il fango, quello vero, delle intercettazioni e degli indagati continua a fuoriuscire e a invadere i palazzi, la risposta della politica è un “aspettiamo le carte” o, peggio ancora, una dichiarazione di “assoluta certezza di estraneità dei propri referenti”.
Nessun dibattito acceso, nessuna dichiarazione, nessun comunicato, insomma bocche cucite e mani strette sui braccioli delle poltrone per paura di perderla.
Sembra quasi che, per molti, assistere all’ennesima eruzione di fango sia diventata la normalità, un fenomeno quasi stagionale, come quando dopo il caldo arriva il freddo.
La politica tace non perché non abbia nulla da dire, ma forse perché è troppo “legata” a certi personaggi che sono coinvolti in quel meccanismo.
Un silenzio che non è prudenza, ma paura di quello che potrebbe, di riflesso, capitare a loro, politicamente parlando.
Certo, la politica regionale ha promesso un risanamento a colpi di ruspa, revocando incarichi e chiedendo relazioni ai direttori.
Ma il cittadino onesto, quello che aspetta mesi e mesi per una visita specialistica che a Milano farebbe in due giorni, guarda sconsolato e nauseato perdendo ogni speranza di miglioramento.
E mentre legge i fatti di cronaca si chiede quanto fango deve ancora devono venir fuori?
E soprattutto perchè questo silenzio, perchè nessuno parla o abbandona quel “campo melmoso”?
Ma di questo aspetto ne parleremo prossimamente
I vulcanelli di fango in fondo non sono il vero problema, loro sono solo la manifestazione in superficie di un qualcosa che viene da molto più in profondità.
Il dramma è che, se le Maccalube sono un luogo bello da tutelare e visitare, i “Vulcanelli della Sanità” sono un luogo da bonificare una volta per tutte e da non visitare mai più.
I vulcanelli, quelli veri, sono il simbolo di una terra bellissima, la Sicilia, ma che rischia di affondare nel fango di una gestione pubblica e politica che, a ogni eruzione, ci lascia tutti un po’ più sporchi.
La speranza è che la prossima “eruzione” travolga definitivamente un modo di far politica ed i suoi attori principali e che nessuno, se veramente onesto si schieri con loro, per restituire la sanità ai cittadini siciliani.
Da non dimenticare che il termine “maccaluba” deriverebbe seconso qualcuno dall’arabo maqlub, “terra che si rivolta“, quindi se non ci rivoltiamo, ci ritroveremo presto a scrivere il bollettino del prossimo “rigurgito”.
Ad Maiora
