Per un’Italia più giusta, che metta i diritti, la salute e il lavoro al primo posto.
Ma il 12 dicembre non sarà solo sciopero nazionale per cambiare la legge di Bilancio, sarà anche sciopero regionale per cambiare la Sicilia attraverso una mobilitazione popolare che intende rigenerare sul piano etico e morale le istituzioni regionali e al contempo definire un nuovo modello di sviluppo economico e sociale.
L’occasione è buona per fare sentire anche al governo regionale la netta contrarietà alla sua azione politica e rivendicare un cambiamento profondo, perché si apra in Sicilia una stagione nuova nella quale siano in primo piano gli interessi dei siciliani.
Siamo stanchi di politiche economiche del lavoro che hanno acuito il divario con il Nord del Paese ,un fenomeno che la legge di bilancio attuale non sembra voler invertire, continuando a non dare risposte su salari, sanità pubblica, fisco, pensioni, precarietà, istruzione pubblica, politiche industriali e del terziario e che taglia al Mezzogiorno 7,1 miliardi ( 4,7 mld al Pnrr e 2,4 Mld al Fsc).
Siamo stanchi di una politica che alimenta un sistema di corruzione e di commistione tra ceto politico , amministrativo e portatori di interessi contrapposti a quelli della collettività che lascia spazi alla illegalità e punta a perpetuare la sopravvivenza di un ceto politico che pensa solo a sé e a confermare le proprie posizione di potere. .
E’ tempo di cambiare se si vuole dare un futuro alla nostra terra e ai nostri giovani, che non possono essere costretti a emigrare per trovare migliori opportunità di istruzione e di lavoro.
Per la nostra Provincia lo sciopero del 12 dicembre, non è un’azione isolata, ma la manifestazione di un disagio profondo che a Caltanissetta si fa emergenza quotidiana.
La piazza chiederà un cambiamento radicale per un futuro di maggiore equità e dignità.
Viviamo in una Provincia dove le problematiche regionali assumono i contorni di una vera e propria emergenza sociale e demografica.
I dati ufficiali confermano per Caltanissetta tassi di disoccupazione e inattività superiore alla media regionale e nettamente più alti di quella nazionale destinati, purtroppo a crescere . ( vedi caso Telecontact)
Il Lavoro è povero e precario anche per chi il lavoro ce l’ha perché la qualità è bassa per l’alta incidenza di contratti part-time ( spesso involontari) che alimentano il fenomeno del lavoro povero. A questo si aggiunge un indice di vecchiaia che é in forte aumento parallelamente a un drammatico spopolamento giovanile.
Una popolazione sempre più anziana e servita da una sanità territoriale con pochi presidi con strutture con difficoltà croniche per garantire servizi essenziali.
La Cgil dice basta: occorre che i fondi pubblici non vadano più a foraggiare un sistema dal consenso malato, che guarda a interessi particolari,
. Occorre rigenerare sul piano etico e morale le istituzioni regionali e al contempo definire un nuovo modello di sviluppo economico e sociale..
La Segretaria Generale CGIL – Rosanna Moncada
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