L’espressione “poltrone girevoli” cattura perfettamente una pratica piuttosto comune e discussa in tanti consigli comunali italiani.
Si tratta di un modo di operare, spesso al limite delle regole, che alcuni consiglieri adottano in vari enti, dove i regolamenti sono “elastici”, per massimizzare la loro partecipazione e i gettoni di presenza che ne derivano.
Il meccanismo è piuttosto semplice e si basa su una pianificazione attenta, frutto di un lavoro meticoloso e intenso.
Quando vengono programmate le commissioni, si fa in modo che esse non si sovrappongano, così un consigliere, conoscendo bene gli orari, può organizzarsi per partecipare al maggior numero possibile di riunioni.
Qual è l’obiettivo? Semplice: ottenere il gettone di presenza per ogni commissione, restando solo il tempo strettamente necessario, per poi passare a un’altra.
La sera prima o nei giorni precedenti, il consigliere prepara l’agenda di “lavoro”, studiando con attenzione date e orari delle commissioni a cui può partecipare. Se è anche capogruppo, ha solo l’imbarazzo della scelta, potenso partecipare a tutte quelle che ritiene utili e comode.
Il consigliere, che tiene molto a dare il suo contributo, calcola bene i tempi e decide dove e quando entrare e uscire.
Entra in una commissione, fa registrare la sua presenza, giusto per assicurarsi il diritto al gettone, e poco prima della fine o nel momento che ritiene opportuno, si allontana per recarsi alla successiva.
Arriva in ritardo alla seconda? Poco importa, registra la sua presenza anche lì, e così via, replicando questo schema per tutta la giornata e nelle commissioni di cui fa parte o alle quali può partecipare.
Questa pratica è possibile perché, in molti comuni, i regolamenti locali non richiedono un tempo minimo di permanenza.
Per ottenere il gettone di presenza, basta che il consigliere sia presente al momento della rilevazione delle presenze, o anche successivamente, senza l’obbligo di dover rimanere per tutta la sua durata.
È importante notare che, oltre al gettone, deve essere corrisposto, se il consigliere è un dipendente, il costo della giornata lavorativa al datore di lavoro, il che significa altro costo per le casse comunali.
Il Testo Unico degli Enti Locali (TUEL), all’articolo 82, riconosce il diritto dei consiglieri comunali a ricevere un gettone di presenza per la loro partecipazione a consigli e commissioni.
Tuttavia, la legge rimanda ai regolamenti comunali per definire i “termini e modalità di tale partecipazione”.
Ed è qui che sorge il problema: l’assenza di regole rigorose e precise sulla durata della permanenza in commissione, apre la strada a queste strategie di “ottimizzazione”…del lavoro.
Ci sono comunque dei limiti massimi mensili stabiliti; a Caltanissetta, ad esempio, dopo l’aumento del 68%, il limite massimo adesso è di 3.220,00€, aumento che ricordismo è stato voluto e approvato dalla maggioranza e dall’unica esponente dell’opposizione del M5S.
Questo è l’importo massimo che a Palazzo del Crmine un consigliere non può superare, anche se, per spirito di abnegazione, partecipasse a un numero maggiore di sedute, cosa che però accade raramente.
Va detto che il gettone, così come gli emolumenti del sindaco e di tutti gli assessori, varia in base alla fascia demografica del comune.
Caltanissetta, pur non superando i 100.000 abitanti, può avere tali importi in quanto è capoluogo di provincia; se non lo fosse, sarebbero molto più bassi, con al conseguenza, come riportato in un nostro recente articolo, la cifra ha raggiunto oggi un livello importante.
La logica dietro a questa pratica è piuttosto semplice: massimizzare il lavoro e di conseguenza i compensi.
Tuttavia, questo approccio solleva questioni sia etiche che di reale efficacia dell’azione politica.
La presenza di consiglieri che si registrano e poi escono senza completare la seduta, può compromettere il lavoro lavoro della commissione.
Il dibattito e l’approfondimento delle tematiche in discussione diventano complicati se i partecipanti non rimangono a lungo o non sono completamente coinvolti per tutto il tempo necessario, dovendo spesso rimandare ad altra seduta con annesso altro gettone.
Le commissioni, che dovrebbero essere il cuore del lavoro preparatorio del consiglio, rischiano così di perdere così il loro motivo di esistere.
Per affrontare questa situazione, molte voci hanno chiesto una riforma dei regolamenti locali, come l’introduzione di tempi minimi di permanenza, o un sistema che colleghi il gettone non solo alla presenza ma anche all’effettiva partecipazione ai lavori e alla sua concretezza. Ciò potrebbe scoraggiare queste pratiche e garantire che i consiglieri siano davvero impegnati a servire la comunità che li ha eletti, rendendo le commissioni stesse produttive.
Anni fa, con la proposta di deliberazione n. 14 del 28.02.2022, il M5S, allora al governo della città con l’amministrazione Gambino, tentò di far approvare un nuovo “Regolamento per l’istituzione e il funzionamento delle Commissioni Consiliari permanenti”.
Dopo vari rinvii, pareri, mai arrivati, e discussioni di ogni tipo, alla fine, come era prevedibile, il consiglio comunale n. 36 del 21/06/2022 NON APPROVO’ la proposta di deliberazione n. 14 del 28.02.2022 con il seguente risultato:
presenti n. 18 (Mulè, Bruzzaniti, Adornetto, Aiello, Petitto, Mazza, Falcone, Tumminelli, Mannella, Di Dio, Schirmenti, Caruso, D’Oro, Faraci, Matta, Visconti, Guarino, Magrì);
assenti n. 6 (Petrantoni, Mancuso, Scalia, Polidoro, Castellana, Giarratana); hanno votato
contrari n. 11 (Mulè, Bruzzaniti, Adornetto, Aiello, Petitto, Mazza, Falcone, Mannella, Di Dio, D’Oro, Visconti),
n. 7 voti favorevoli (Tumminelli, Schirmenti, Caruso, Faraci, Matta, Guarino) e n. 1 astenuto (Magrì)
Deliberazione
Non siamo riusciti a trovare la proposta del M5S sul sito del comune, le pubblicazioni disponibili non risalgono fino a quella data.
In sostanza si proponeva un tempo minimo di partecipazione e altre regole per evitare proprio il gioco delle “poltrone girevoli”.
Le “poltrone girevoli” sono un chiaro segnale di una falla normativa che molti comuni stanno cercando di risolvere, non certo nel nostro, anzi.
Affrontare questo problema non significa solo limitare la spesa pubblica, ma anche, e soprattutto, restituire dignità e serietà al lavoro politico, assicurando che i rappresentanti siano veramente al servizio dei cittadini.
Questa pratica dimostra una palese mancanza di rispetto per i cittadini, che ogni giorno si impegnano duramente e onestamente per guadagnarsi il proprio stipendio.
Vedere i propri rappresentanti “saltare” da una stanza all’altra solo per accumulare gettoni di presenza, senza partecipare completamente o realmente al dibattito, è un affronto alla fiducia e alla dignità di chi li ha eletti.
Il lavoro del consigliere è una responsabilità che dovrebbe essere affrontata con maggiore dedizione.
La democrazia si basa sulla partecipazione e sul confronto, non su un’astuta ottimizzazione dei tempi per massimizzare i compensi.
I cittadini meritano che le loro istanze siano ascoltate e discusse in modo approfondito, non che i loro rappresentanti si limitino a fugaci apparizioni.
Ovviamente e fortunatamente non tutti i consiglieri, nelle varie amministrazioni, si comportano in questo modo.
Chi, come successo in passato avesse qualcosa da ridire o dubitare, vada a consultarsi qualche verbale, così potrà rendersene conto con i propri occhi che quanto detto non è frutto di fantasia.
In definitiva, questa pratica tradisce il mandato ricevuto. È un simbolo di come la politica, in alcuni casi, si sia allontanata dai principi di servizio, trasformandosi in una professione da cui trarre il massimo profitto con il minimo sforzo.
E questo, per chi lotta ogni giorno per tirare avanti, è davvero inaccettabile. A Maiora
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