Fine del partito nazionale – Congresso. Lasciare Alberto da Giussano nel logo
(Di Giacomo Salvini – ilfattoquotidiano.it)
La tentazione è forte. Resta solo da decidere il percorso per arrivarci. Il vicepremier Matteo Salvini ha deciso di fare una mossa che cambierà il futuro della Lega nei prossimi anni: togliere il suo nome dal simbolo del partito in occasione del congresso che si svolgerà a marzo.
Resterà quindi solo la scritta “Lega” e la storica raffigurazione di Alberto Da Giussano, celebre condottiero della battaglia di Legnano.
Sarà eliminata invece la dicitura “Salvini premier”, nata con il congresso del 14 dicembre 2017 che incoronò Salvini come leader e lo portò diritto al governo con il boom elettorale del 4 marzo 2018 e la nascita dell’esecutivo gialloverde di Giuseppe Conte.
Salvini avrebbe già parlato di questa sua intenzione a una cerchia ristretta di fedelissimi e viene confermata da fonti ai massimi livelli del partito.
Non se ne sarebbe discusso, invece, nelle prime riunioni preparatorie del congresso proprio per evitare fughe di notizie e indebolire la figura del segretario e vicepremier soprattutto con gli alleati. “Il dibattito c’è”, dice un esponente di primo piano del Carroccio.
Ma la mossa servirebbe ad accontentare quell’ala “nordista” del partito che, pur non presentandosi con un candidato alternativo a Salvini, si è molto rafforzata negli ultimi mesi con l’elezione del capogruppo al Senato Massimiliano Romeo come nuovo coordinatore della Lega lombarda.
Salvini avrebbe voluto un altro candidato, ma alla fine si è dovuto piegare all’esponente della minoranza interna. Che da settimane, insieme ai presidenti di Regione Luca Zaia, Massimiliano Fedriga e Attilio Fontana, stanno chiedendo a Salvini di tornare a parlare del Nord e della “questione settentrionale”.
Insomma, di tornare ai vecchi fasti della Lega bossiana abbandonando l’idea della Lega nazionale che aveva portato Salvini al successo nel 2018.
La decisione di eliminare “Salvini premier” dal simbolo permetterebbe al leader della Lega di evitare di mettere in discussione la sua leadership nonostante gli ultimi risultati elettorali sempre più deficitari.
Non solo alle elezioni europee in cui il Carroccio è stato sorpassato al secondo posto da Forza Italia, ma soprattutto dopo la quasi scomparsa della Lega nelle Regioni del Sud (e non solo) e la sconfitta dei suoi candidati Christian Solinas (Sardegna) e Donatella Tesei (Umbria).
Il primo segnale verso questa direzione, Salvini lo aveva già dato il 15 dicembre scorso a Milano in occasione del congresso della Lega in Lombardia.
Dopo le critiche di Romeo e Fontana, Salvini, pur specificando che non sarebbe “tornato indietro sull’idea del movimento nazionale”, aveva aggiunto una frase rivelatrice: “I modi, i colori e simboli si possono adeguare, anche se Alberto da Giussano lì rimane finché campo, così come il nome Lega”.
La data del congresso non è ancora stata stabilità ma sarà a marzo, probabilmente a Milano. Una decisione che arriverà alla vigilia delle Regionali in Veneto in cui il governatore Luca Zaia non potrà ricandidarsi per lo stop di Fratelli d’Italia e Forza Italia al terzo mandato, annunciato con il ricorso di giovedì in Consiglio dei ministri alla legge campana voluta da Vincenzo De Luca.
E dopo l’ennesimo colpo della premier al leader leghista: in conferenza stampa Giorgia Meloni ha stoppato qualsiasi aspirazione di tornare al ministero dell’Interno dopo l’assoluzione nel caso Open Arms. “Il rimpasto non è all’ordine del giorno”, ha detto.
