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Il “pizzo con fattura”. I motivi di condanna per Dell’Asta e Vincitore

Last updated: 31/07/2025 13:34
By Redazione 773 Views 7 Min Read
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I ricordi della vittima e le proposte per presunto esponente di Cosa nostra: «Lo faccio per te»

Articolo tratto da La Sicilia di L.M.

“Tre anni di inferno sono stati, o forse due”.

Così ha raccontato la vittima dell’ “estorsione con fattura” con l’aggravante mafiosa effettuata da Giuseppe Dell’Asta, uomo di spicco di Cosa nostra, alla gup Graziella Luparello, che ha pubblicato le motivazioni con le quali sono stati condannati a 12 anni di reclusione Giuseppe Dell’Asta e a 8 anni e 8 mesi di carcere Giovanbattista Vincitore, che ha messo a disposizione la sua azienda per emettere le false fatture a carico dell’imprenditore edile che con il fratello, il Comune e l’associazione Rete per la Legalità si sono costituiti parte civile al processo di primo grado.

Oltre 60 sono le pagine in cui la giudice ricostruisce le udienze celebrate a porte chiuse.

L’esponente di Cosa nostra Dell’Asta, a cui sono stati sequestrati i beni, era stato arrestato dai carabinieri con “i soldi in tasca”. Si era recato nella zona industriale di Caltanissetta per farsi consegnare dalla vittima la somma di tre mila euro in contanti e nello stesso tempo si erano accordati per emettere una fattura di 23mila euro, che con l’Iva sarebbe salita a 24mila e 300 euro che l’imprenditore avrebbe dovuto versare tramite un bonifico.

La vittima aveva raccontato che nel tempo era stato avvicinato da Giovanbattista Vincitore e dal cognato di Dell’Asta, Emanuele Bruzzaniti, affinché la sua ditta potesse lavorare tranquillamente ma durante l’incidente probatorio ha detto che “non aveva ricevuto alcuna richiesta di somme di denaro e che, comunque, ammesso che avesse ricevuto richieste, non le aveva percepite come tali”.

Durante il processo i difensori dei tre imputati hanno fatto di tutto per dimostrare la loro estraneità evidenziando anche che l’imprenditore avrebbe dovuto fare dei lavori in casa a Dell’Asta, avanzando quindi l’ipotesi di un coinvolgimento della stessa vittima nell’illecita manovra di carattere fiscale, la fatturazione per operazioni inesistenti, ma “l’immediata consegna della banconota, da parte dell’imprenditore, agli inquirenti, appare del tutto distonica, dovendosi altrimenti immaginare che
il predetto, prefigurandosi l’operazione di polizia, si fosse premunito di tale metà di banconota al fine di precostituirsi uno scudo difensivo a sfondo calunniatorio”.

Alla vittima di estorsione, infatti, fu consegnata la metà di 5 euro e l’altra metà gli sarebbe stata mostrata da chi sarebbe stato mandato da Dell’Asta a riscuotere il pizzo.

“La prova della partecipazione della vittima al descritto pactum sceleris con Dell’Asta e Vincitore risiederebbe nell’effettivo percepimento, da parte dell’odierna persona offesa, di vantaggi di carattere fiscale, avendo egli riportato, nella dichiarazione fiscale, i costi che solo in apparenza avrebbe sostenuto. In realtà, non può non osservarsi che il percepimento di vantaggi di carattere fiscale (es. abbattimento dell’imponibile) è un elemento sostanzialmente neutro nell’economia argomentativa di entrambe le tesi contrapposte. Ed infatti, occorre considerare che la fattura commerciale, una volta emessa e trasmessa elettronicamente al suo destinatario, entra in un circuito ufficiale che impone, in maniera pressoché meccanicistica, il trasferimento dei relativi dati nella dichiarazione fiscale, a prescindere dalla volontà del destinatario, non potendosi d’altra parte immaginare che l’imprenditore, che aveva sempre nascosto la vicenda estorsiva, potesse farne confidenza al commercialista affinché quest’ultimo, con tutti i rischi legali del caso, tenesse quelle fatture al di fuori della contabilità. In definitiva, nessuna delle argomentazioni difensive riesce realmente a fare breccia in un quadro probatorio che appare solido”così è scritto nelle motivazioni di condanna.

L’azienda delle vittima non andava bene quando è scattato il blitz – in due round, perché prima è stato arrestato Dell’Asta, poi la misura cautelare anche per Vincitore – non andava bene visto
che qualche minuto prima dell’arresto dell’esponente di Cosa nostra la vittima gli aveva mostrato un decreto ingiuntivo ricevuto. “Ma se… se devi uscire soldi, te la faccio per te. Non l’hai capito, se
li devi uscire per te, (inc.) per te e la faccio, per dire, tremila euro e te li do a te, non mi interessa. Mi segui? E a me mi resta… E io ti do quelli a te. Se hai bisogno di uscire soldi, li esco, non ce n’è
problema”. Furono queste le parole rassicuranti di Dell’Asta il quale aveva detto alla vittima di aver pagato per lui gli operai il cui contratto era scaduto, ma la realtà è che quel debito è stato saldato
mesi dopo dall’imprenditore.

Articolo tratto da La Sicilia di L.M.

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