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Caltanissetta 401 > News > Cronaca > “Il riarmo significa tagli e tasse” Parola della Bce (che lo vuole)
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“Il riarmo significa tagli e tasse” Parola della Bce (che lo vuole)

Last updated: 24/05/2025 13:30
By Redazione 88 Views 5 Min Read
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Basta aspettare perché alla fine dicono – o scrivono – tutto. Il riarmo europeo, come tutto il resto, non è un pasto gratis e comporta una strutturale e profonda modifica dei nostri bilanci pubblici e in definitiva, visto che l’economia è politica, del nostro modello
sociale: più alla difesa, meno al resto significa meno spese sociali e/o più tasse. Non è una deduzione del Fatto , ma quanto sostiene la Bce, peraltro appoggiando i piani di Von der Leyen, nell’ultima Financial Stability Review.
Cosa ci dice la Banca centrale europea nel suo ultimo report? Si parte da un’ovvietà: l’aumento delle spese militari è un rischio per la stabilità finanziaria europea per via dell’aumento dei debiti in un contesto di crescita debole e grandi incertezze nell’economia globale (dai dazi alle guerre). “Il necessario (sic) incremento delle uscite per la difesa potrebbe avere un impatto significativo sui bilanci”, mentre “i livelli del debito e il costo degli interessi sono destinati ad aumentare e peseranno sulle finanze pubbliche oltre il breve-medio termine”.
Tradotto: il servizio del debito, già in crescita, ancor più peserà nei prossimi anni se tutti i Paesi Ue andranno sul mercato a raccogliere soldi per le armi.
La premessa, va detto, potrebbe condurre alla conclusione che è meglio soprassedere, ma il riarmo
è “necessario ”, si sa, quindi si può fare, ma “l’espansione fiscale basata sul debito deve rimanere sostenibile e conformarsi al nuovo quadro di bilancio dell’Ue per preservare la fiducia dei creditori”. Frase che significa che gli obiettivi di riduzione di deficit e debito del Patto di Stabilità restano e quindi, conclude la Bce, “nel medio-lungo termine una maggiore spesa per la difesa dovrebbe essere finanziata dalle casse dello Stato, reperita sia attraverso la riscossione di nuove entrate sia attraverso la ridefinizione delle priorità di bilancio per consentire un adeguato risanamento fiscale”. Tradotto: a breve serviranno nuove tasse – “nuove entrate” – o tagli di spesa, cioè la “ridefinizione delle priorità di bilancio”, il che significa meno sanità, meno scuola, meno welfare etc..
Più cannoni e meno burro, che comunque è già un passo avanti rispetto all’alternativa secca posta
dal Duce agli italiani a suo tempo.
La cosa, comunque, non risolve tutti i problemi perché questi benedetti investimenti in difesa, pur
enormi, potrebbero avere effetti minimi sulla crescita. E allora, dice giudiziosamente la Banca centrale, sarebbe meglio privilegiare l’industria continentale, sperando nelle “ricadute tecnologiche sulle industrie civili”. E poi servono le solite “riforme strutturali”, “essenziali per contrastare la bassa produttività” e avere una crescita sostenibile.
Cosa sono? Norme che incidono sul lato dell’offerta, citiamo dal sito Bce, come ad esempio
liberalizzazioni, “normative che favoriscano mercati del lavoro più flessibili ” (sic), sgravi fiscali, le solite semplificazioni, eccetera. In sostanza, le stesse che facciamo da un paio di decenni senza risultati apprezzabili.
E fosse solo questo, il vero timore della Bce è un altro: le elezioni spesso non vanno come sperato e
“la frammentazione dei Parlamenti potrebbe creare una situazione di stallo politico, ritardando l’attuazione di riforme cruciali”; a quel punto “i costi di finanziamento per gli enti sovrani potrebbero aumentare rapidamente”, scaricandosi poi sul settore privato.
Una tragedia questi Parlamenti, la cui “frammentazione ” è però stata aiutata in passato proprio
dalle politiche imposte dalla Bce e dalla Commissione Ue e assai più lo sarà scegliendo i cannoni al posto del burro. Il vaso di coccio Italia, tramite il suo ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, continua a ripeterlo quasi ogni giorno: “Va tenuto presente che è molto difficile politicamente aumentare a dismisura la spesa sulla difesa e ridurre le spese sociali. Non credo che nessun governo sia disposto”, s’è augurato giovedì a Trento. È il cosiddetto “dilemma Juncker” (Jean-Claude, l’ex presidente della Commissione): “Noi sappiamo cosa fare, ma non come essere rieletti dopo averlo fatto”.

Da ilFattoQuotidiano

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