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La Querela/Denuncia: Un metodo per intimorire e che minaccia la libertà di espressione e di critica

Last updated: 15/12/2024 8:27
By Sergio Cirlinci 296 Views 10 Min Read
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“Adesso gli/vi faccio vedere io, ho dato tutto in mano ai miei avvocati”

Quante volte abbiamo sentito pronunciare frasi simili da chi, a torto o a ragione, sente o legge riferimenti poco graditi sulla sua personam, in particolar modo quando è una persona impegnata in politica.

Spesso però della giusta legge, che protegge chi subisce ingiuste offese, se ne fa un abuso e delle volte diventa uno strumento volto soltanto a intimorire o zittire il dissenso e anche per influenzare la libertà di espressione e/o di cronaca.

Il tratto caratteristico del diritto di critica, quale diretta manifestazione della libertà di manifestazione del pensiero, consiste nel fatto che esso si manifesta attraverso giudizi e valutazioni sull’operato politico.

Il giudizio si fonda su un’interpretazione prevalentemente soggettiva di fatti e comportamenti.

Gli unici limiti rimangono quelli costituiti dalla rilevanza dell’argomento e dalle espressioni utilizzate ma, superati tali limiti, solo se si trascende in attacchi personali, colpendo la sfera morale o professionale, giustamente penalmente protetta, del soggetto criticato, si trasforma la “valutazione” in una vera aggressione del soggetto criticato.

Il diritto di critica si concretizza nella libera manifestazione di opinioni che non possono però oltrepassare i limiti appena detti, costituiti dal rispetto della verità e dell’interesse pubblico.

La critica si genera spesso e volentieri su avvenimenti dei quali la comunità si sente partecipe, essendone parte attiva, magari direttamente coinvolta, per i quali sia incuriosita e stimolata a dover dire la sua.

È su questo che trova il suo fondamento il diritto di critica.

La forma espositiva deve essere chiara, provocatrice ma non offensiva e immorale, senza mai sfociare in ingiurie, contumelie ed offese gratuite e personali.

Sembrerà strano, ma è bene che qualche politico si informi bene sul fatto che ad esempio, non è reato definire “bugiardo” un politico che non rispetta le promesse fatte.

La sentenza n. 317/2018 della Corte di Cassazione, quinta sezione penale, con sintesi ampiamente diffusa in ambito mediatico, lo ha messo nero su bianco.

Per gli Ermellini, infatti, non è reato definire “bugiardo” o “falso” il politico che non rispetta le promesse elettorali.

Epiteti certamente non cordiali, che tuttavia in tali condizioni non sarebbero produttive del reato di diffamazione.

Gli imputati, nel caso specifico, avevano affisso, lungo le vie di un Comune siciliano, dei manifesti pubblici in cui al sindaco erano rivolte alcune espressioni come “falso”, “bugiardo”, “ipocrita” e “malvagio”.

L’affissione di tali manifesti era conseguente all’evoluzione di una serie di dissapori politici tra il Sindaco e alcuni componenti dell’opposizione, i quali avevano riconosciuto la paternità del manifesto, pur rifiutando l’accusa di intenti denigratori, ma sostenendo invece che la scelta di affiggere tali manifesti fosse figlia di una decisione politica giustificata dalla volontà di attaccare Sindaco e Giunta, che avevano tradito proprie precedenti promesse elettorale.

La Corte d’Appello, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, aveva assolto gli imputati ritenendo integrata la scriminante del diritto di critica: secondo il giudice a quo, nonostante le frasi fossero evidentemente offensive, la lettura integrale del manifesto pubblico faceva emergere come il contenuto fosse critica di natura politica, rispetto alla quale gli epiteti erano apparsi pertinenti, sebbene espressione di quanto definito come un costume politico deteriore, ma ampiamente diffuso.

Insieme al diritto di critica c’è il diritto di cronaca.

Il diritto di cronaca deve poggiarsi su un fatto vero o collettivamente riconosciuto.

Il diritto di cronaca e il diritto di critica sono espressione entrambe della libera manifestazione del pensiero costituzionalmente tutelata.

Il diritto di cronaca si concretizza nell’esposizione di fatti che presentano interesse per la generalità, allo scopo di informare i lettori.

Attraverso la critica politica la collettività tutta, esercita il potere della sovranità che gli assegna la Costituzione ed è grazie alla critica politica che si stimola il dibattito democratico tra i cittadini.

Attenzione però a non sconfinare, anche qui, nell’offesa sulla reputazione professionale o personale, quella in questo caso diventa diffamazione, ma criticare scelte politiche, decisioni, comportamenti e atteggiamenti non lo è a s s o l u t a m e n t e.

La politica quindi dovrebbe riflettere bene, prima di irritarsi, etichettare, minacciare o intentare querele o denunce nei confronti di chi critica, sia tramite social che su una testata giornalistica.

Ma, come spesso accade, al di là della querela in sè, che spesso si sa già in partenza che verrà archiviata, viene fatta per intimorire chi già critica o chi potrebbe un domani farlo.

“Non dico nulla picchì chissu avi a querela facile”

Ma c’è chi, nonostante tutto, persevera e continua a lasciar intendere di voler adire le vie legali, se qualcuno si permette soltanto di “parlar male”, sempre politicamente parlando.

E’ un peccato che nel processo penale il risarcimento danni per chi subisce una querela temeraria è difficile da perseguire, ciò avrebbe sicuramente un forte potere deterrente.

Va ricordato che il risarcimento per querela infondata o temeraria spetta solo nel caso di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso: ogni altra formula di proscioglimento (prescrizione, improcedibilità, ecc.) non da diritto a nessun tipo di ristoro.

Quindi si eviti di minacciare o fare querele “forzate”, per non dire “temerarie”, perchè oltre a non ottenere i risultati sperati, facendoci anche una brutta figura, si è costretti poi a leggere certe motivazioni, come ad esempio questa, che per dirla alla siciliana è ” na timbulata“, motivazione formulata dopo una recente doppia archiviazione, subita da alcuni nisseni, sperando che almeno serva a qualcuno a non ricadere nell’errore, di spendere inutilmente soldi e creandosi un grosso danno d’immagine.

“Ad avviso dell’odierno decidente devono essere condivise le argomentazioni svolte dal Pubblico Ministero nella richiesta di archiviazione, per le medesime ragioni ivi indicate, da cui emerge che gli elementi acquisiti durante la fase delle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio.Le argomentazioni spiegate dall’opponente nella opposizione alla richiesta di archiviazione nulla tolgono alla bontà di quanto evidenziato dal P.M. In primo luogo l’opposizione è inammissibile per difetto dei requisiti di cui all’art. 410 c.p.p.; al riguardo, infatti, deve evidenziarsi che la Suprema Corte ha più volte sottolineato la tassatività della disposizione di cui all’art. 410 c.p.p., che richiede espressamente – a pena d’inammissibilità dell’opposizione – l’indicazione dell’oggetto dell’investigazione suppletiva da svolgere ed i relativi elementi di prova, ribadendo che la parte offesa ha il preciso onere di indicare entrambi i presupposti allo scopo di permettere al giudice di valutarne compiutamente l’attinenza al caso di specie e, quindi, l’ammissibilità dell’opposizione; le indagini suppletive ed i relativi documenti di prova, infatti, devono caratterizzarsi per la pertinenza (cioè la inerenza rispetto alla notizia di reato) e la rilevanza (cioè la incidenza concreta sulle risultanze dell’attività compiuta nel corso delle indagini preliminari) e per la loro utilità (in tal senso, tra le molte, Casso Pen., Sez. U, Sentenza n. 2 del 14/02/1996 Cc. (dep. 15/03/1 996 ) Rv. 204 I33 – OI; Casso Pen., Sez. 6, Sentenza n. 4905 del 08/01/20 I6 Cc. (dep. 05/02/2016) Rv. 265915 – 01). Nel caso di specie la persona offesa non ha indicato in alcun modo i temi di indagine e gli elementi di prova dell’investigazione suppletiva, essendosi limitato, con l’atto di opposizione a ribadire la propria diversa convinzione rispetto a quella del P.M. Con riferimento al merito della fondatezza o meno della “notitia criminis” deve rilevarsi come condivisibili appaiono le deduzioni formulate dal pubblico ministero in seno alla richiesta di archiviazione. Il diritto di critica nei confronti di chi svolge attività politica – per giurisprudenza costante (ben messa in luce dal P.M.) – comporta finanche la possibilità dell’uso di toni aggressivi o di espressioni pungenti, senza che per questo possa dirsi configurato il reato di diffamazione. Nel caso di specie i due fatti storici (transito dell’opponente in una diversa forza politica e proposta di esporre la bandiera israeliana) – non negati dall’opponente – costituiscono il sostrato che consente di ritenere non superata la soglia di continenza ben messa in luce dal P.M. nella richiesta di archiviazione”

A buon intenditore poche parole. Ad Maiora

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