L’avvocato Sebastiano Fazio, che assiste una delle parti civili nel processo all’ex leader di Confindustria, ha sollecitato l’ufficio giudiziario alla luce della sentenza della Cassazione del 30 ottobre: “Deve scontare più di 4 anni, deve andare in carcere”.
Per Silvana Saguto, altra paladina della legalità caduta in disgrazia, le manette erano scattate dopo 24 ore
Antonello Montante e Silvana Saguto sono i due emblemi dell’antimafia di facciata, quella dei “paladini” della legalità, duri e puri, che poi all’improvviso sono scivolati in inchieste giudiziarie con accuse gravissime e che sono stati condannati in parte anche definitivamente.
Ma se per Saguto, ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, radiata persino dalla magistratura per la sua gestione irregolare dei beni confiscati a Cosa nostra, subito dopo la sentenza della Cassazione (e nonostante il rinvio per alcuni aspetti alla Corte d’Appello) era scattato immediatamente l’ordine di carcerazione da parte della Procura generale di Caltanissetta, lo stesso non è invece accaduto per l’ex leader di Confindustria.
A sollevare la questione con una richiesta proprio alla Procura generale di Caltanissetta è stato l’avvocato Sebastiano Fazio, che assiste una delle parti civili, Benanti.
Il legale mette in evidenza come in seguito alla sentenza della Cassazione dello scorso 30 ottobre – esattamente come era accaduto per Saguto il 19 ottobre del 2023 – pur essendo venuto meno il reato di associazione a delinquere, le condanne rimediate da Montante per alcune ipotesi di corruzione e per gli accessi abusivi a sistemi informatici compiuti dopo il 29 giugno 2014 siano diventante definitive e anche come l’appello bis sia stato disposto soltanto per rideterminare la pena.
Per Silvana Saguto, l’arresto era scattato 24 ore dopo la sentenza, il 20 ottobre. Nel caso di Montante, a oltre 10 giorni dal verdetto, tutto tace.
Per questo l’avvocato Fazio ha chiesto formalmente a “codesto Eccellentissimo ufficio di Procura generale di verificare se sulla scorta della dichiarazione di passaggio in giudicato della sentenza in relazione ad alcuni capi di imputazione debba essere disposto l’ordine di carcerazione per pena superiore ai 4 anni”.
E ha fatto anche tutti i calcoli, arrivando alla conclusione che “la somma delle pene inflitte, pari ad anni 9 e mesi 4, è passata in giudicato come specificamente indicato dalla Corte Suprema di Cassazione nel dispositivo di sentenza del 30 ottobre scorso e, in virtù della scelta del rito va determinata definitivamente in anni 6 mesi 2 e giorni 20.
Ovviamente detta pena sarà suscettibile solo di aumento in continuazione dopo la celebrazione del giudizio di rinvio”.
Logicamente, come scrive l’avvocato “va detratto il periodo di carcerazione presofferta subito da Montante, pari ad anni 1 mesi 8 e giorni 27” e “dal ragionieristico calcolo, determinato dalla sottrazione dal periodo di carcerazione preventiva (anni 1 mesi 8 giorni 27) alla pena definitivamente inflitta (anni 6 mesi 2 e giorni 20) risulta che a tutt’oggi Montante Antonio Calogero deve scontare la complessiva pena di anni 4 mesi 5 e giorni 23 di reclusione.
Detta pena, superiore ad anni 4, deve pertanto essere obbligatoriamente e tempestivamente posta in esecuzione”.
Infine, il legale sottolinea che “il condannato non ha neppure fatto fronte alle disposizioni civili disposte dalla Corte d’Appello di Caltanissetta, anch’esse oggetto di giudicato, e ciò non potrà non avere refluenza anche con riferimento all’eventuale misura alternativa alla detenzione che il condannato, una volta che la pena sarà inferiore agli anni 4, potrà da detenuto richiedere”.
A questo punto la palla passa alla Procura generale di Caltanissetta, guidata da Fabio D’Anna.