Una Ue sempre più neoliberista: fondi privati per la previdenza, attacco al risparmio, costi folli per case ed auto
L’Europa vuole sbloccare i risparmi fermi nei conti correnti, ma il rischio maggiore lo corrono gli italiani.
Con oltre 5.300 miliardi accumulati tra conti bancari e BTP, l’Italia è il paese con il più alto tasso di risparmio privato in Europa, un bottino che Bruxelles vuole incanalare nel mercato finanziario.
Il primo pericolo è la riforma delle cartolarizzazioni: oggi una banca deve rispettare rigide regole di due diligence prima di impacchettare prestiti e venderli come titoli.
Con le nuove norme, potremmo ritrovarci nella stessa situazione del 2008, con crediti deteriorati mascherati da investimenti sicuri e piazzati ai risparmiatori.
Un esempio? Un istituto con troppi mutui a rischio potrebbe impacchettarli e rivenderli a un pensionato italiano che, senza saperlo, investirebbe in debiti inesigibili.
Poi c’è la spinta verso la previdenza privata: Bruxelles vuole l’iscrizione automatica ai fondi pensione, ma chi garantisce che i rendimenti siano stabili?
Se un lavoratore italiano fosse costretto a versare contributi in un fondo che investe in azioni, potrebbe vedere il valore della sua pensione crollare in caso di crisi finanziaria.
E mentre l’Europa tenta di forzare la mano sugli investimenti, impone anche costi folli su case e auto con la transizione green.
La direttiva sulle case green potrebbe obbligare milioni di italiani a ristrutturare gli immobili per rispettare standard energetici inaccessibili, con costi fino a 60mila euro per abitazione.
E lo stesso vale per le auto: lo stop ai motori endotermici farà lievitare il prezzo delle vetture elettriche, lasciando chi non può permettersi un nuovo veicolo a piedi o con restrizioni draconiane alla circolazione.
Infine, la questione bancaria: senza un fondo europeo di garanzia dei depositi, c’è il rischio che i risparmi italiani finiscano a coprire i buchi delle banche di altri paesi.
Se un istituto tedesco avesse problemi di liquidità, i meccanismi di condivisione dei rischi potrebbero obbligare l’Italia a contribuire, esponendo il nostro sistema finanziario a fragilità altrui. Bruxelles parla di opportunità, ma per l’Italia il pericolo è che i soldi dei cittadini finiscano a sostenere un mercato finanziario che pensa più a salvaguardare se stesso che la sicurezza dei risparmiatori, mentre nel frattempo la classe media viene schiacciata da una transizione imposta dall’alto e senza vie di uscita.
Attenzione non si sta parlando assolutamente di prelievo forzoso dai conti correnti.
Tuttavia, secondo il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, si tratterebbe piuttosto di un’accelerazione di un procedimento già previsto dal Codice civile per la riscossione coattiva, applicato quando i contribuenti risultano evasori e non hanno adempiuto al pagamento delle imposte.
In sintesi, il prelievo forzoso dai conti correnti può essere adottato in situazioni eccezionali, ma la sua legalità dipende dalla sua adeguata giustificazione e rispetto dei principi costituzionali.
Al momento, ciò che è stato menzionato riguardo al governo Meloni sembra rientrare in procedure già esistenti per accelerare la riscossione delle tasse non pagate e non rappresenta un prelievo forzoso generalizzato.
“Ora il procedimento viene accelerato perché attraverso le procedure informatiche si può sapere subito se il contribuente ha i soldi”, spiega il viceministro
Il problema? Quelli che applaudono senza ragionare.
