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Marinella Andaloro: “Historia magistra vitae”

Last updated: 24/09/2024 11:19
By Redazione 402 Views 5 Min Read
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Nella terra che Goethe definì “la chiave di tutto”, si è compiuta una metamorfosi insidiosa.

La mafia ha subito da tempo una trasformazione epocale abbandonando le sembianze agresti del padrino per indossare quella del tecnocrate da strapazzo.

Così la mala burocrazia (quell’arte di rendere impossibile il possibile), come un’idra dalle mille teste, inghiotte ogni vestigio di etica legale, lasciando dietro di sé un paesaggio morale devastato, dove, con sottile arte dissimulatoria, la linea tra lecito e illecito diventa evanescente come un miraggio nel deserto.

Chi ha bisogno di Netflix quando si può assistere alle farse delle amministrazioni comunali?

Ricordate i vecchi boss che si nascondevano nelle masserie, i picciotti con la coppola e la lupara? Beh, dimenticateli!

Nei meandri delle amministrazioni locali, lontano dagli sguardi scrutatori della società civile, si aggirano figure che hanno elevato la corruzione a forma d’arte di tornacontismo, come se stessero giocando a MONOPOLI edizione “ti faccio un’offerta che non puoi rifiutare“.

Questi novelli Caronte, traghettatori di favori e dispensatori di ingiustizie, non sono più i rozzi mafiosi di un tempo (beh.. su questo avrei dei forti dubbi!), ma sofisticati manipolatori in abiti sartoriali (spesso nemmeno quelli). La loro stretta di mano non sigilla più patti d’onore, ma contratti con il diavolo, dove l’interesse personale regna sovrano su ogni considerazione etica, religiosa o legale.

Come un virus mutante, la corruzione si è insinuata in ogni ganglio del corpo amministrativo, trasformando quello che doveva essere uno scudo per i cittadini in un’arma contro di loro. Ogni timbro, ogni firma, ogni delibera diventa un’opportunità per perpetrare un abuso, un sopruso, un’ingiustizia, per consolidare un privilegio, per erodere ulteriormente il già fragile tessuto della legalità.

In questo scenario distopico, la “mafia dell’antimafia” emerge come la più perversa delle creazioni. Le amministrazioni comunali come centri di potere occulto, dove l’idealismo è solo una maschera per nascondere la più cinica delle avidità. La retorica dell’antimafia qui è strumento di manipolazione, un mantra vuoto recitato per ottenere finanziamenti pubblici, visibilità e influenza politica.

Le forze dell’ordine, in questo labirinto di specchi deformanti, si trovano impotenti o, peggio ancora, a volte complici. Alcuni, paralizzati dalla complessità del male che li circonda, si rifugiano in un’inerzia che sa di resa. Altri, più cinici, hanno scelto di unirsi al banchetto della corruzione, trasformando i loro badge in lasciapassare per l’illegalità.

Perché il potere, pensano, logora chi non ce l’ha.

In questa Sicilia, dove l’ombra della mala burocrazia sembra allungarsi su ogni aspetto della vita civile, dove il tessuto democratico eroso da anni di malversazioni, corruzioni e complicità si sta sfaldando rivelando un ambiente dove regna la legge del più corruttore e del più corrotto, parlare di speranza non è un atto di ingenuità, ma di coraggiosa visione. Gli anticorpi della società – quei magistrati incorruttibili, quei giornalisti e scrittori audaci che alzano la voce con determinazione, quei cittadini coraggiosi che resistono a tale sistema marcio con fermezza – sono i veri eroi di questa epopea moderna. Questi bastioni di integrità si ergono a difesa di un futuro migliore, e la loro lotta, lungi dall’essere futile, è il seme del cambiamento che risveglia le coscienze collettive.

Ogni atto di resistenza, ogni denuncia dei soprusi, ogni rifiuto di piegarsi alla corruzione infligge un duro colpo a questi wannabi mammasantissima della mala burocrazia.

La nostra arma segreta, la nostra speranza è nelle nuove generazioni, cresciute con una maggiore consapevolezza e connesse a un mondo globale di idee e possibilità, che emergono come una forza di rinnovamento. Armati di un forte senso di giustizia, i giovani siciliani sfidando lo status quo, portano innovazione e trasparenza dove prima regnava l’opacità.

La Sicilia, terra di resilienza e rinascita, ha affrontato e superato sfide immense nel corso della sua storia millenaria. Questa lotta contro la mala burocrazia dei colletti bianchi è solo l’ultima di una lunga serie di battaglie per la giustizia e la dignità. E come sempre, la Sicilia dimostrerà di avere le risorse interiori, la creatività e la forza d’animo necessarie per reinventarsi e rinascere.

“Historia magistra vitae”.

La storia ci insegna che il cambiamento è possibile, ma richiede coraggio, determinazione e, soprattutto, consapevolezza.

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