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L’Italia dei “senza rete”, la frattura nascosta che paralizza il Paese: l’esercito silenzioso di chi vive senza protezioni

Last updated: 21/07/2025 6:35
By Redazione 81 Views 6 Min Read
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La fotografia dell’Italia dei “senza rete”: giovani e lavoratori senza tutele, schiacciati tra disuguaglianze e imprevisti

Contents
Una generazione senza appigliIl lavoro senza scialuppaContro l’Italia disarmataSi precisa: la pubblicazione di un articolo e/o di un’intervista scritta o video in tutte le sezioni del giornale non significa necessariamente la condivisione parziale o integrale dei contenuti in esso espressi. Gli elaborati possono rappresentare pareri, interpretazioni e ricostruzioni storiche anche soggettive. Pertanto, le responsabilità delle dichiarazioni sono dell’autore e/o dell’intervistato che ci ha fornito il contenuto. L’intento della testata è quello di fare informazione a 360 gradi e di divulgare notizie di interesse pubblico. Naturalmente, sull’argomento trattato, caltanissetta401.it è a disposizione degli interessati e a pubblicare loro i comunicati o/e le repliche che ci invieranno. Infine, invitiamo i lettori ad approfondire sempre gli argomenti trattati, a consultare più fonti e lasciamo a ciascuno di loro la libertà d’interpretazione.

In un Paese ossessionato dalle classifiche, dalle percentuali e dai ranking europei, c’è un dato che racconta più di molti discorsi sulla modernità mancata: nel 2024 il 15,2% dei giovani italiani tra i 15 e i 29 anni non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione. I Neet. Un’etichetta clinica per un problema politico, sociale ed economico che affonda le radici in un sistema incapace di costruire percorsi di emancipazione. L’Italia è seconda in Europa, dietro solo alla Romania, per incidenza del fenomeno, secondo Openpolis. 

Ma sotto il dato aggregato si nasconde una frattura più profonda e trasversale, quella che separa chi ha una rete – patrimoniale, familiare, relazionale – da chi vive senza nessuna protezione. La “Netless Class”, come la chiama Simone Cerlini su Lavoce.info, è fatta di giovani e adulti che non rientrano nei canoni classici della povertà: lavorano, spesso studiano, a volte si affacciano sul mercato con competenze formali anche elevate. Ma basta un inciampo – una malattia, una separazione, una crisi economica – per vederli franare. Perché non hanno un capitale su cui contare, né tutele accessibili, né la possibilità di difendere i propri diritti senza rimetterci tutto.

Una generazione senza appigli

La condizione dei Neet, giovani che non studiano e non lavorano, non è solo un indicatore statistico: è l’effetto visibile di una struttura che non garantisce percorsi, non orienta, non accompagna. Il 17,8% dei giovani diplomati italiani è Neet, una percentuale superiore persino a quella dei coetanei con solo la licenza media (13,3%). Tra i laureati si scende all’11,8%, ma sempre sopra la media europea. Segno che anche il titolo di studio, da solo, non protegge più. E che il mercato del lavoro italiano, con le sue richieste sempre più sbilanciate verso competenze digitali e flessibilità estrema, non assorbe la fatica formativa dei giovani. Soprattutto se non accompagnati, se privi di una rete familiare che li orienti, se provenienti da territori svantaggiati.

Non a caso, l’incidenza dei Neet è massima nelle aree urbane più dense (16,3%) e in particolare nel Mezzogiorno: a Catania si tocca il 42%, a Palermo il 39,8%, a Napoli il 37,3%. È un dato strutturale, non episodico, che resiste agli slogan e alle riforme annunciate. E che mostra una correlazione netta tra esclusione educativa e vulnerabilità socio-economica.

Il lavoro senza scialuppa

La crisi dei giovani “senza rete” si intreccia con quella di adulti che non riescono più a “farcela da soli”. Il mercato del lavoro flessibile e segmentato, la contrazione dei diritti, l’erosione del welfare e la concentrazione delle ricchezze hanno prodotto una nuova classe trasversale: chi lavora, ma non ha alcuna protezione. Non sono poveri nel senso tradizionale, ma lo diventano al primo colpo di vento. “L’imprevisto – scrive Cerlini – non è solo un rischio: è una soglia che li separa dalla caduta”.

Questa condizione si traduce in disuguaglianze materiali e simboliche. Chi non ha capitale, non può permettersi di sbagliare. Né può difendersi legalmente: non ha i soldi per un avvocato, per reggere una causa, per contrastare una diffamazione o un licenziamento illegittimo. L’accesso alla giustizia diventa privilegio di chi ha mezzi. L’insicurezza economica si trasforma in insicurezza politica e sociale, e apre la strada alla frustrazione, alla rabbia, alla delega a soluzioni identitarie.

Contro l’Italia disarmata

Non si esce da questa trappola con qualche bonus o con la retorica del “merito”. Serve un cambiamento strutturale. Investimenti pubblici orientati all’inclusione, un welfare che non sia residuale, un riequilibrio fiscale che faccia pagare di più a chi ha di più. E politiche educative che non siano solo trasmissione di nozioni, ma costruzione di possibilità.

Oggi chi ha capitale lo vede moltiplicarsi, chi ha solo lavoro vive in equilibrio precario. E chi non ha né l’uno né l’altro si perde per strada. È l’Italia disarmata, quella che non fa notizia, ma che pagherà il conto più salato della prossima crisi. Se non si costruiscono reti, si scavano fossati. E chi cade, in fondo, non fa più rumore.

Fonte LANOTIZIAGIORNALE.IT di Giulio Cavalli

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Si precisa: la pubblicazione di un articolo e/o di un’intervista scritta o video in tutte le sezioni del giornale non significa necessariamente la condivisione parziale o integrale dei contenuti in esso espressi. Gli elaborati possono rappresentare pareri, interpretazioni e ricostruzioni storiche anche soggettive. Pertanto, le responsabilità delle dichiarazioni sono dell’autore e/o dell’intervistato che ci ha fornito il contenuto. L’intento della testata è quello di fare informazione a 360 gradi e di divulgare notizie di interesse pubblico. Naturalmente, sull’argomento trattato, caltanissetta401.it è a disposizione degli interessati e a pubblicare loro i comunicati o/e le repliche che ci invieranno. Infine, invitiamo i lettori ad approfondire sempre gli argomenti trattati, a consultare più fonti e lasciamo a ciascuno di loro la libertà d’interpretazione.

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