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L’ombra della mafia e il mistero dei rifiuti “speciali” sotterrati

Last updated: 05/10/2024 18:46
By Redazione 139 Views 5 Min Read
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Visto che si torna a parlare di scorie nucleari, e la Sicilia è in testa, questo articolo su La Sicilia di oggi, di Francesca Aglieri Rinella, ci ricorda alcune cose

“Il filo rosso. Una storia che parte da lontano. Gli interessi su Pasquasia, Bosco Palo e Rainieri

Abbandonate da quasi trent’anni, quello che nelle 800 tra miniere e cave siciliane le ecomafie potrebbero avere sepolto resta un mistero.

Nella narrazione datata nel tempo su questi luoghi utilizzati per stoccare rifiuti speciali, amianto o scorie radioattive c’è una parola ricorrente che si chiama mafia. Siti come Pasquasia o Bosco Palo sono stati al centro di indagini delle Dda siciliane che hanno fatto luce su quello stretto legame tra Cosa Nostra e il business raffinato quanto pericoloso dei rifiuti bollati come “speciali”.

Il “mostro di sale”, la miniera di Pasquasia (in territorio di Enna, al confine con Caltanissetta) e chiusa da oltre trent’anni anni, dopo una lunga attività di estrazione di sali potassici.

Era il 2016 e il pentito di mafia Leonardo Messina, parlando della sua esperienza lavorativa a Pasquasia, ebbe modo di confermare che, proprio all’interno di quel sito faceva riunioni con altri uomini d’onore.

Un sito per il quale l’allora procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra riscontrò “una serie di indicatori che portavano a sospettare una pesante presenza di Cosa Nostra nell’attività di stoccaggio e smaltimento dei rifiuti “.

Ai piani ancora più altri, il procuratore nazionale antimafia dell’epoca Pier Luigi Vigna, ritenne Messina credibile, ma venirne a capo risultò pressochè impossibile.

La miniera di Pasquasia finì nella relazione della Commissione parlamentare 2014-2016 sui rifiuti.

E poi c’e Serradifalco dove si trova il sito minerario di Bosco Palo.

Qui l’Arpa nel 2006 ha eseguito indagini che non avrebbero fatto emergere situazioni di particolare gravita con percentuali di radioattività che, “verosimilmente”, sarebbero state riconducibili all’isotopo naturale del potassio.

L’analisi e stata comunque fatta all’esterno e non all’interno dei siti minerari.

Con la magistratura nissena che nel 2014 ammette “collegamenti fra camorra e mafia, perchè di queste presenze ci sono ampie tracce”, con in prima linea i Casalesi e le cosche catanesi.

E che vuole andare fino in fondo nell’apertura di questo vaso (tossico) di Pandora.

Facendo luce su un altro mistero – diverso seppur collegato – che si nasconde in un altro anfratto delle viscere di questo cuore intossicato di Sicilia: proprio la miniera di Bosco Palo, a Serradifalco, che nasconde inconfessabili segreti e continua a sputare morti per l’altissima incidenza di tumori nella zona del Vallone.

Carotaggi, controlli delle acque e del sottosuolo e altri studi scientifici sono stati acquisiti durante le indagini per traffico illecito di rifiuti, disastro ambientale e pesanti omissioni amministrative.

Andando ancora più indietro nel tempo, nell’estate del 1990, Gaetano Butera, vigile urbano di Serradifalco, impegnato in alcuni lavori nella sua casa di campagna, si era insospettito nel vedere un grande andirivieni di camion in direzione della miniera abbandonata di Bosco Palo.

Butera annotò come dai tir venissero scaricati grossi scatoloni di cui poi si perdevano le tracce.

Si qualificò e si presentò a uno degli autisti, un cittadino polacco, che gli mostrò un’autorizzazione scaduta, per il trasporto ma non per lo smaltimento di rifiuti speciali ospedalieri.

Tornando ai giorni nostri, il riferimento e alla miniera di Rainieri, a Mussomeli, in provincia di Caltanissetta.

Nel 2020, arriva l’annuncio del governo regionale (guidato da Nello Musumeci) sulla ripresa dell’attività di estrazione del sale in Sicilia.

Anche questa, negli anni, e stata tra quelle indicate dall’Arpa “ad alto rischio”, ovvero siti in cui potrebbero essere state interrate – anche in questo caso – tonnellate di rifiuti tossici, se non addirittura radioattivi.

La miniera e distante in linea d’aria pochi chilometri dalla ben più nota miniera Bosco di Serradifalco San Cataldo), ma trovandosi un po’ fuori mano rispetto alla strada provinciale, appartiene a quei siti di cui si parla poco o niente.

Rifiuti pericolosi o scorie radioattive dicevamo. Fantasmi che continuano ad aleggiare.

Perchè alla radioattività indotta dalla natura, potrebbe essersi aggiunta quella – ancor più devastante – provocata dall’uomo”.

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