Caltanissetta, si prepara a salutare un pezzo della sua storia, l’antenna Rai
Un evento che, paradossalmente, ha risvegliato un coro di voci affranti e desiderose di esprimere un amore tardivo, quasi a voler onorare un “malato ca nun c’è cura”.
Il proverbio siciliano, “O malato ca nun c’è cura ci si va a sira quannu scura” risuona oggi con una tragica pertinenza, descrivendo perfettamente il sentimento che avvolge la demolizione imminente di questo simbolo.
Il saggio detto popolare ci ricorda che quando la speranza di guarigione è svanita, ci si reca dal malato al calar della sera, quando l’oscurità annuncia la fine imminente.
È un momento di addio, di resa, un’ultima occasione per esprimere un affetto che forse è rimasto sopito o inespresso durante il cammino della vita.
Ed è proprio questa l’amara verità che emerge ora, con l’antenna Rai che si erge come un paziente terminale, circondato all’improvviso da un’ondata di commozione e rimpianto.
Per anni, l’antenna è stata una presenza quasi invisibile nel panorama cittadino. Un gigante silenzioso, una figura familiare ma spesso ignorata, la cui importanza è stata data per scontata.
Pochissimi si sono mobilitati per la sua manutenzione, per la sua valorizzazione o semplicemente per ricordarne il valore storico e tecnologico. Ora, nel momento in cui il suo destino è segnato, le piazze virtuali e reali si riempiono di lamenti, di ricordi improvvisi e di un amore che sa di addio.
Questa ondata di partecipazione, pur lodevole, solleva una domanda scomoda, dove eravamo quando l’antenna aveva bisogno di attenzioni?
Se l’affetto e l’interesse manifestato oggi fossero emersi in tempi non sospetti, forse la sua storia avrebbe preso una piega diversa.
Se ci fosse stata una mobilitazione costante, una consapevolezza diffusa del suo valore culturale e identitario, magari avremmo assistito a un piano di recupero, a un progetto di riconversione, o semplicemente a una maggiore cura che ne avrebbe preservato l’esistenza.
Il rimpianto è una reazione umana, ma il proverbio siciliano ci ammonisce sulla sua tardività quando non c’è più nulla da fare.
La demolizione dell’antenna Rai non è solo la fine di una struttura fisica, ma anche un monito. Un monito su quanto sia facile dare per scontati i simboli, cose e persone che ci circondano, su quanto siamo inclini a riconoscere il valore solo quando è sul punto di svanire per sempre.
Che questa “visita al malato quando scura” sia almeno un’occasione per riflettere. Impariamo a riconoscere e a valorizzare il nostro patrimonio, sia esso materiale o immateriale, prima che sia troppo tardi.
Che l’eco del crollo dell’antenna Rai risuoni come un campanello d’allarme, spingendoci a prenderci cura di ciò che ci circonda, a interessarci attivamente e a non aspettare il crepuscolo per manifestare il nostro amore.
Solo così potremo scrivere storie diverse per il futuro, storie in cui i “malati” della nostra cultura e del nostro paesaggio non siano visitati solo quando la loro luce sta per spegnersi, ma siano curati e amati durante tutta la loro esistenza.
Forse molti non sanno, o non ricordano, che la Chiesa di San Biagio custodisce al suo interno un’opera d’arte che offre uno spunto di riflessione unico sul rapporto tra fede, storia e modernità.
Si tratta di un mosaico raffigurante San Michele Arcangelo, protettore della città, intento a vegliare su Caltanissetta.
La particolarità di quest’opera risiede in un dettaglio che cattura immediatamente l’attenzione. Sullo sfondo del mosaico, ben visibile, c’è l’antenna Rai.
San Michele Arcangelo è una figura di grande importanza per Caltanissetta, venerato come patrono e simbolo di protezione contro il male, vederlo raffigurato in un contesto che include un elemento così contemporaneo come l’antenna crea un rapporto visivo forte tra la tradizione sacra e la realtà quotidiana.
Il mosaico non si limita a rappresentare una figura religiosa, ma diventa anche una sorta di “istantanea” della città.
L’antenna potrebbe essere interpretata come un segno distintivo dell’epoca e del luogo, un dettaglio che sino ad oggi raccontava una sua storia.
Questo mosaico è un invito a considerare come la fede e la spiritualità si inseriscano e si manifestino all’interno di un mondo in costante evoluzione, dove il sacro può dialogare con il profano, e l’antico con il moderno, offrendo nuove prospettive di significato, sempre che si sappiano cogliere e apprezzare. Ad Maiora
Foto di Italia Nostra

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