Sicilia, terra di proverbi e modi di dire, custode di una saggezza antica che si tramanda di generazione in generazione.
Tra le tante perle di saggezza popolare, una in particolare risuona con forza, specialmente in un contesto di rapidi cambiamenti sociali e individuali: “Ma tu scurdasti quannu l’acqua du puzzu ti pariva champagne?”, la cui traduzione letterale è “Ma hai dimenticato quando l’acqua del pozzo ti sembrava champagne?”.
Si rivolge a chi, avendo raggiunto una certa posizione, un benessere economico, o semplicemente una maggiore agiatezza, ha perso la memoria delle proprie origini, delle difficoltà superate, o dei tempi in cui anche le cose più semplici e basilari erano percepite come un lusso o una benedizione.
L’acqua del pozzo simboleggia la povertà, la semplicità, l’essenziale, ciò che si aveva a disposizione nei momenti di bisogno o di minore fortuna, lo champagne, al contrario, rappresenta il lusso, l l’abbondanza, lo status raggiunto.
Il contrasto è netto e l’interrogativo retorico punta dritto al cuore della questione: come si può dimenticare da dove si viene?
Il proverbio è un invito all’umiltà. Ricorda che la vita è una ruota che gira e che le fortune possono cambiare. Chi ha vissuto momenti di stenti o di difficoltà dovrebbe conservare memoria di quei periodi non con rancore, ma con gratitudine per ciò che si è imparato e per il cammino percorso.
Dimenticare le proprie radici o rinnegare il proprio passato è un atto di superbia che, secondo la saggezza popolare, non porta mai a nulla di buono.
È anche un richiamo alla gratitudine, sapersi accontentare e apprezzare le piccole cose è una virtù.
Chi ha conosciuto la sete e ha trovato sollievo nell’acqua di un pozzo, sa dare il giusto valore anche all’acqua più semplice, senza darla per scontata. Questo modo di pensare aiuta a mantenere i piedi per terra e a non cadere nella trappola dell’insoddisfazione che spesso colpisce chi ha sempre avuto tutto e facilmente e pur di avere altro scende a compromessi o addirittura si vende.
Anche se le sue radici sono antiche, il detto “Ma tu scurdasti quannu l’acqua du puzzu ti pariva champagne?” rimane incredibilmente attuale.
Lo si può applicare a svariate situazioni.
Nel successo professionale, a chi, una volta raggiunta una posizione di prestigio, dimentica le difficoltà della gavetta e tratta con sufficienza chi sta ancora lottando per crescere.
Nelle relazioni personali a chi, trovando un amico più “vantaggioso”, dimentica chi gli è stato accanto quando non aveva amici o nei momenti difficili.
Nel benessere economico a chi, avendo accumulato ricchezza, spende senza criterio e disprezza ciò che prima considerava prezioso.
Nel cambiamento sociale a chi, passato in una realtà più agiata, dimentica le proprie origini sociali.
Questo proverbio è un esempio lampante della capacità della cultura siciliana di condensare in poche parole concetti complessi e profondi, ma che descrive molte situazioni e molte persone.
È un invito a non perdere la propria vera essenza, a valorizzare il percorso compiuto e a non dimenticare mai che ogni traguardo è frutto di un cammino, spesso pieno di sacrifici, da non dimenticare una volta raggiunta la vetta dalla quale si può sempre scivolare.
Perché, in fondo, l’acqua del pozzo, per quanto semplice, disseta e nutre, e chi ne ha conosciuto il suo valore e sapore, non la scambierebbe mai per una “bollicina”, spesso effimera, anche se fosse champagne.
È un promemoria costante che, al di là delle apparenze e dei successi, la vera ricchezza risiede nell’umiltà e nella memoria di sé, apprezzando quel che si era e mai rinnegando il proprio passato.
Ma, sarà forse che la la nostra città è carente di acqua e di pozzi, molti dimenticano il sano piacere di bere l’acqua del pozzo preferendo lo champagne.
In fondo siamo o non siamo una piccola Parigi? Ad Maiora
