“Ho comprato un appartamento al 4° piano del palazzo in cui sono cresciuto nel 2023, l’ho fatto
per stare vicino a mio padre, rimasto vedovo. L’ho fatto ristrutturare, l’ho arredato, ho fatto tutto sapendo che non era tra gli espropri e invece due settimane fa è arrivata la doccia fredda”.
Sergio Dalmazio è uno degli ultimi espropriandi del Ponte, perché il raggio delle abitazioni interessate dai lavori non fa che estendersi, gettando nel panico gli abitanti della città dello Stretto.
Da sempre è noto, infatti, che gli espropri riguarderanno la zona di Torre Faro, dove sorgerà il pilone sul lato siciliano, ma dopo il rilancio dell’opera, le pubblicazioni sul sito della Stretto diMessina Spa hanno svelato che gli interessati erano molti di più, perfino nella zona sud, a Contesse, a più di 20
km da Torre Faro.
“Per questo ho comprato casa senza dubitare, perché l’appartamento era in un palazzo non inserito
nell ’elenco”, insiste Dalmazio.
Solo pochi giorni fa è arrivata la doccia fredda per altre 46 famiglie: nulla si sapeva di queste altre abitazioni che non riguardano l’appalto della Stretto di Messina Spa, bensì quello di Rfi, perché assieme alla campata unica sono previste una serie di opere di collegamento.
“Questa è la serenità che vogliono toglierci”, scuote la testa Dalmazio mostrando una foto del panorama dello Stretto dal balcone di casa.
La notizia degli espropri di Rfi allarma pure il partito di Cateno De Luca, tanto che un suo consigliere comunale, Raffaele Rinaldo, ha avviato una raccolta firme per chiedere a Rfi di ripensarci.
Una situazione di allarme che ha costretto il sindaco di Messina Federico Basile, uomo di De Luca, a intervenire: “Da settembre apriremo un tavolo permanente, questa è una nuova fase e bisogna
essere pratici per capire se Rfi può venire incontro alle esigenze del territorio, perché oltre la Stretto Spa, non scordiamo che anche le Ferrovie hanno appalti per i lavori di collegamento. Bisogna iniziare da domani a far parlare le carte”, dice parlando col Fatto Quotidiano. Sono in tutto – finora – 450 espropri per la Stretto di Messina, di cui 300 sul lato siciliano e 150 su quello calabrese.
A questi bisogna aggiungere gli 11 edifici dell ’appalto di Rfi.
Espropriandi che si moltiplicano in attesa della decisione della Corte di Conti sulla delibera Cipess
che ha approvato il progetto definitivo.
Solo dopo potranno partire i ricorsi: “Finora sono state espletate solo fasi politiche, da quel momento
entreranno in gioco autorità indipendenti –spiega Antonio Saitta, professore di diritto costituzionale, ex candidato sindaco per il Pd e avvocato di alcuni espropriandi.
–Se la Corte dei Conti dovesse approvare, allora sarà il momento delle nostre azioni legali”. Alcune
delle quali rimarranno in piedi anche se l’opera non si farà: “Abbiamo messo in mora la Stretto
di Messina Spa per la reiterazione dell’esproprio – spiega ancora Saitta – se l’opera si fermerà,
faremo ricorso perché per reiterare un vincolo di esproprio bisogna prevedere un indennizzo, cosa che la Stretto diMessina Spa non ha fatto ”.
“Non lo faranno mai, per questo non ho motivo di cercare altre case”, esordisce Mariolina De Francesco, docente di microbiologia marina all’università di Messina, esproprianda da più di vent’anni.
Una veterana degli annunci del Ponte, tanto che di fronte all’ultimo fa spallucce: “Sono molto serena perché non mi daranno mai soldi per farmi andare via: loro i soldi non li danno, li vogliono.
Sanno perfettamente che non si può fare, andranno avanti finché non li blocchiamo, a quel punto
prenderanno 1,3 miliardi di penali e la responsabilità sarà stata nostra che siamo, per loro, dei cavernicoli”.
Ma ponte o meno potrebbero partire espropri per i lavori propedeutici o di collegamento, come spiega Carmelo Briguglio, avvocato da vent’anni degli espropriandi: “Tengono la gente col fiato sospeso, nessuno sa con precisione quali sono i terreni interessati dai primi cantieri delle opere propedeutiche da cui partiranno. Hanno deciso di procedere per fasi, svincolando alcuni lavori dal progetto esecutivo, se questi primi lavori partiranno non si sa ancora quali e in quali zone”.
E su chi, in definitiva, cadrà la spada di Damocle del Ponte, che si faccia oppure no
Da ilFattoQuotidiano di Manuela Modica
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