I rischi anche economici legati all’escalation del conflitto in Medio Oriente
Dopo l’attacco statunitense a tre suoi siti nucleari, l’Iran ha annunciato che il proprio Parlamento ha votato la chiusura dello Stretto di Hormuz. Quella lingua di mare lunga 33 km, navigabile dalle grandi petroliere solo per una larghezza di 3 km, che collega il Golfo Persico con il Mar Arabico. Da lì passa circa il 30 per cento del petrolio esportato nel mondo e tutto il gas naturale del Qatar, pari al 20% delle esportazioni mondiali.
Ecco perché appresa la notizia dell’attacco statunitense subito si è guardato alle reazioni iraniane non solo dal punto di vista militare, ma anche economico-commerciale.
Una chiusura dello Stretto di Hormuz, secondo una recente stima di JP Morgan, potrebbe far schizzare il prezzo del greggio tra i 120 e i 170 dollari al barile. Con conseguenze sull’economia mondiale. Per l’economia cinese, che importa dall’Iran 1,5 milioni di barili di petrolio al giorno. Ma anche per l’Europa. L’Italia, in particolare, importante il 10% del gas naturale dal Qatar e il 14% del petrolio dal Golfo Persico. L’incremento del prezzo di greggio e gas naturale non soltanto farebbe lievitare il costo alla pompa, ma anche le bollette e in generale i prezzi delle materie prime e quindi dei servizi e dei beni finali.
Gli analisti, tuttavia, osservano come la Repubblica Islamica dell’Iran abbia più volte minacciato la chiusura dello Stretto di Hormuz, senza mai attuarlo. Anche se l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi si sono dotate in questi anni di infrastrutture alternative per trasportare il proprio petrolio, con l’East-West Pipeline e il terminal di Fujairah, nel Golfo di Oman.
E’ anche vero che gli attacchi alle petrolifere in transito potrebbero portare le navi da guerra statunitensi a ridosso del Golfo Persico, mettendo a repentaglio la stessa sopravvivenza della stessa Repubblica Islamica che a quel punto potrebbe attuare una misura di ritorsione disperata e senza precedenti, come la chiusura dello Stretto di Hormuz, ferale per la stessa economia iraniana.

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