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“Non si può tagliare sulla sanità”: la Consulta boccia la Manovra 2024

Last updated: 08/12/2024 8:48
By Redazione 100 Views 4 Min Read
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La Consulta invita il legislatore a verificare il contributo chiesto agli enti locali per scongiurare sforbiciate al buio

Contents
Il diritto costituzionale alla Salute va garantitoConsulta: vanno scongiurati i tagli al buio

Una norma che arreca un “pregiudizio irrimediabile alla collettività”, “potenzialmente idoneo ad incidere su diritti fondamentali della persona, quali il diritto alla salute e i diritti sociali e della famiglia”.

Con queste parole la Regione Campania, in un lungo ricorso contro la legge di Bilancio per il 2024, ha chiesto alla Corte Costituzionale di dichiarare illegittima la previsione per cui, in caso di mancato versamento del contributo allo Stato da parte delle Regioni nel termine previsto, “il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede al recupero mediante corrispondente riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione”.

Quindi anche per la salute. E la Consulta ha in buona parte accolto il ricorso della Regione guidata da Vincenzo De Luca, stabilendo che devono essere prioritariamente ridotte le altre spese indistinte, prima di sacrificare quella per la sanità e di mettere in discussione il diritto alla salute previsto dall’articolo 32 della Costituzione.

Il diritto costituzionale alla Salute va garantito

In un contesto di risorse scarse, “per fare fronte a esigenze di contenimento della spesa pubblica dettate anche da vincoli euro unitari, devono essere prioritariamente ridotte le altre spese indistinte, rispetto a quella che si connota come funzionale a garantire il ‘fondamentale’ diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost., che chiama in causa imprescindibili esigenze di tutela anche delle fasce più deboli della popolazione, non in grado di accedere alla spesa sostenuta direttamente dal cittadino, cosiddetta out of pocket”, sottolinea la Consulta nella sentenza n. 195.

La Corte ha dichiarato non fondate diverse questioni, che riguardavano la legittimità della misura, le modalità e la durata del concorso delle regioni agli obiettivi di finanza pubblica, stabilite dalla legge di bilancio 2024 nelle more della nuova governance economica europea, che, peraltro, mostrano la volontà del legislatore statale di non far gravare il suddetto contributo sulle spese relative alla missione 12, Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, e alla missione 13, Tutela della salute.

Consulta: vanno scongiurati i tagli al buio

La sentenza ha però sollecitato il legislatore, al fine di “scongiurare l’adozione di ‘tagli al buio’“, ad “acquisire adeguati elementi istruttori sulla sostenibilità dell’importo del contributo da parte degli enti ai quali viene richiesto” e a non trascurare, per garantire maggiore effettività al principio di leale collaborazione, il coinvolgimento della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

La sentenza ha poi dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 527, quinto periodo, della legge di bilancio per il 2024, ma solo nella parte in cui non esclude dalle risorse che è possibile ridurre, a seguito del mancato versamento del contributo dovuto da parte delle regioni, quelle spettanti per il finanziamento dei diritti sociali, delle politiche sociali e della famiglia e, in particolare, della tutela della salute.

Ciò in quanto, “nemmeno nel caso in cui la regione non abbia versato la propria quota del contributo alla finanza pubblica, lo Stato può ‘rispondere’ tagliando risorse destinate alla spesa costituzionalmente necessaria, tra cui quella sanitaria – già, peraltro, in grave sofferenza per l’effetto, come si è visto, delle precedenti stagioni di arditi tagli lineari – dovendo quindi agire su altri versanti che non rivestono il medesimo carattere”.

Il diritto alla salute, infatti, “coinvolgendo primarie esigenze della persona umana”, non può essere sacrificato “fintanto che esistono risorse che il decisore politico ha la disponibilità di utilizzare per altri impieghi che non rivestono la medesima priorità”.

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