Interventi inutili per ottenere i rimborsi. La conversazione dell’équipe palermitana è già in procura
Caso sollevato da La Vardera
Una donna è morta per le complicanze dopo un intervento in anestesia totale che non doveva
essere fatto.
È una mamma di 37 anni che lascia due bambini. Nel reparto di chirurgia di un ospedale palermitano questo è solo l’ultimo e il più grave degli episodi che stanno mettendo primario e chirurghi uno
contro l’altro.
Uno di loro ha deciso di denunciare in procura a Palermo quanto da anni accade in corsia e che metterebbe a rischio la salute dei pazienti.
L’ha fatto con diversi esposti, mail alla direzione dell’ospedale e anche registrando una riunione
con il primario e il collega che ha operato la donna.
I tre discutono della tragedia.
«Non doveva essere operata, dovevi puntare i pugni con l’anestesista per non farla addormentare», dice il medico che ha consegnato la registrazione al deputato regionale Ismaele La Vardera. «Sì sì, questa è la mia angoscia», risponde il primario.
Il chirurgo rincara la dose, rivolgendosi al collega che l’ha operata: «Tu non la dovevi addormentare. La facciamo in locale perché la paziente muore. Minchia e muriu (è morta!, ndr) scusate la volgarità. A 37 anni. E siamo fortunati che non ci ha denunciato, siamo fortunatissimi».
«È arrivata troppo lunga — ammette un terzo chirurgo che ha partecipato alle cure della 37enne — Abbiamo, tra virgolette con un minimo e un pizzico di malizia e malignità, giocato sul fatto che la donna più volte ci disse che stava ritardando perché aveva paura di fare diagnosi e lì su questo ci abbiamo marciato. È chiaro che lì l’errore è stato nostro».
La donna viene operata in anestesia totale e muore pochi giorni dopo.
Da anni in quel reparto il clima è tesissimo.
Dal 2022 sono decine le mail certificate, gli esposti e le lamentele inviate dal chirurgo contro
il suo responsabile per casi di mobbing, malasanità e gestione opaca.
«Nel reparto dove lavoro non solo vengono operate persone che non ne hanno bisogno — racconta in un video all’ex Iena La Vardera — ma sono capitati casi di cartelle cliniche falsificate per ottenere rimborsi maggiorati dal sistema sanitario nazionale».
Per paura di ritorsioni chiede l’anonimato aggiungendo: «Non si contano i casi di liste d’attesa saltate e ci sono stati pazienti morti perché operati male o in ritardo».
Un’operazione che non doveva essere fatta. «Paradossalmente l’esame istologico ha confermato che la malattia era curabile — continua il medico — Peccato non si sia più risvegliata ».
Il dialogo registrato dal chirurgo è finito in una pendrive consegnata alla procura di Palermo. «Un dirigente medico di uno degli ospedali più importanti della Sicilia ha deciso di raccontarmi quello che accadrebbe nel suo reparto: un quadro incredibile che mi ha spinto ad inviare una lettera al ministro della Salute —commenta Ismaele La Vardera —Non mi fermo, andrò fino in fondo».
Poi l’appello a Schifani: «Presidente, davanti alla salute dei siciliani non c’è opposizione o maggioranza. Batta un colpo ».
Stralci di riunione che in parte La Vardera ha riportato in un video di denuncia e che racconta il clima di ostilità che si respira in quel reparto di chirurgia.
Dopo i numerosi esposti il medico è stato messo all’indice e sostiene di essere vittima di pesante mobbing.
«La ragazza, questa… io ti giuro ci ho pianto… ti avevo detto: facciamo una biopsia al collo, in anestesia locale e mettiamoci una protesi. L’hai fatta tornare — rinfaccia il medico al collega — L’hai portata in sala, io lo so che tu non la volevi addormentare, ma se l’anestesista ti dice che l’addormenta, tu devi sbattere i pugni e gli devi dire: “Dottore non la devi addormentare, la facciamo in locale, perché muore”». Ed è morta.
