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Politica e Calcio: Lo “scudetto” si vince con il pubblico allo stadio

Last updated: 07/12/2025 7:28
By Sergio Cirlinci 145 Views 6 Min Read
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Il mondo della politica e quello del calcio possono sembrare, a prima vista, due universi completamente separati

Ma se ci si ferma a riflettere, si scopre che entrambi seguono un principio fondamentale.

La vittoria. Ma il successo finale non dipende solo dal talento, ma è fortemente influenzato dal legame con la propria base di sostenitori.

Che sia un partito al governo o una squadra di calcio, il pubblico è l’ossigeno che permette di respirare.

Nel calcio una squadra vincente si basa su tre elementi chiave, una dirigenza capace di sviluppare una visione a lungo termine e garantire stabilità economica, un allenatore in grado di gestire le tattiche e le personalità, e, ovviamente, i giocatori di talento.

Ma senza il pubblico, senza gli stadi pieni, senza abbonamenti e sponsorizzazioni, l’intero sistema crollerebbe.

I tifosi sono il vero motore economico e la passione la benzina che alimenta la società.

Nella politica, l’analogia diventa ancora più evidente, con una differenza fondamentale, l’importanza della leadership.

Qui, la dirigenza e l’allenatore hanno un ruolo ancora più cruciale rispetto ai singoli “giocatori”.

I politici si muovono spesso seguendo gli “schemi” prestabiliti, elaborati nelle “stanze dei bottoni”, dove vengono prese le decisioni che vanno poi trasferite ai giocatori per essere messi in pratica sul “campo”.

Tuttavia, in questo contesto, il pubblico, inteso come corpo elettorale, è il protagonista principale.

Senza il sostegno popolare, i voti, una classe dirigente non può mantenere una “squadra” di governo né sperare di rindossare lo “scudetto” precedentemente conquistato o di conquistare quello non vinto.

La politica non è un gioco riservato a pochi, ma una competizione la cui legittimità si basa interamente sul consenso della gente, dove la responsabilità maggiore ricade su “allenatore” e “dirigenza”, che devono avere il coraggio di schierare una squadra vincente, anche a costo di prendere decisioni difficili e impopolari.

Questo significa anche avere il coraggio di mettere in panchina il “giocatore” più importante se non sta dimostrando di essere “in forma”.

È un passo necessario, soprattutto quando, in diverse occasioni, quel giocatore chiave sembra più propenso a “favorire” gli avversari, non riuscendo a fornire l’assist giusto al compagno, o, peggio ancora, segnando un autogol, magari non del tutto involontario.

I “tifosi”, i cittadini, sono pronti a fare sacrifici, come andare allo stadio anche sotto la pioggia e il freddo, ma solo se la squadra, bel nostro caso il partito di governo, riesce a dar loro delle soddisfazioni.

Ma la storia ci insegna che quando una squadra delude, la prima reazione è quella dello svuotamento dello stadio, dove siedono solo i dirigenti, i familiari e gli amici più intimi.

La squadra che indossa la maglia con lo scudetto, in politica rappresenta chi ha vinto le elezioni, che non può permettersi di assistere a un lento deflusso a causa di scelte sbagliate o per l’insistenza nel mantenere in campo “giocatori” che non sono all’altezza.

La cosa più grave, che porta ad una rottura definitiva, è quella di ignorare le voci dei “tifosi” che chiedono a gran voce di essere ascoltati, di esprimere liberamente le loro lamentele e i disagi che vivono dentro e fuori lo “stadio”.

La politica che non presta attenzione al malcontento popolare è quella che si sta preparando lentamente al suo “esonero”.

E che dire della squadra avversaria.

Anche la sua compattezza, l’opposizione in politica, è fondamentale.

Se si presenta in campo disgregata, non omogenea, e i “talenti” presenti giocano ognuno per conto proprio, cercando di dimostrare quanto siano bravi senza però fare squadra, anche se individualmente più forti, alla fine faranno esclusivamente un favore all’avversario.

Lo “scudetto” del prossimo anno, così facendo sarà facilmente ricucito sulle maglie di chi già lo indossa, trovando nel “caos” degli avversari il terreno ideale per rimanere vincitori.

Che si scenda in campo con la maglia vincente o si lotti per risalire, il principio rimane invariato.

La squadra vince solo quando dirigenza, allenatore e giocatori remano tutti nella stessa direzione, ascoltando il pubblico pagante e dove l’unità di intenti supera l’egoismo individuale.

In politica, come nel calcio, la partita è sempre aperta, ma la vittoria spetta a chi sa onorare anche la fiducia di chi sta sugli spalti. Ad Maiora

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