La gip Luparello non archivia: dopo 33 anni spunta un verbale di Borsellino sul “dichiarante” Lo Cicero, che poi avrebbe riferito della presenza di Delle Chiaie a Capaci
Da La Sicilia di Laura Mendola
Le indagini sui mandanti esterni alla strage di via D’Amelio non devono essere chiuse.
La gip del tribunale di Caltanissetta Graziella Luparello che si era ritirata per decidere se archiviare o meno l’indagine della procura di Caltanissetta sui mandanti esterni ha fissato una nuova decisione per il prossimo 22 settembre dopo la richiesta avanzata dall’avvocato Fabio Repici che ha in mano il documento di una riunione operativa compiuta negli uffici della procura di Palermo il 15 giugno
del 1992 in cui presero parte l’allora procuratore Pietro Giammanco, gli aggiunti Vittorio Aliquò e Paolo Borsellino, i sostituti Vittorio Teresi e Pietro Maria Vaccara che lavoravano rispettivamente a Palermo e Caltanissetta.
Fu un incontro durante il quale i magistrati intrecciarono le informazioni sulla strage di Capaci e
parlarono anche delle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte nei confronti del collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero (nel frattempo deceduto, lo stesso ha raccontato della presenza di Stefano Delle Chiaie in Sicilia nel periodo antecedente la strage di Capaci) e della sua
ex compagna Maria Romeo, nel corso delle quali si accennava proprio all’attentato di Capaci.
La decisione della gip Luparello giunge dopo la seconda udienza al processo per depistaggio a carico di Walter Giustini, carabinieri ormai in pensione, e Maria Romeo. Ieri al processo hanno deposto il carabiniere in pensione Pasquale Parrucchella e vice comandante generale dei carabinieri Marco Minicucci che coordinava l’attività investigativa nella prima sezione in cui operava Giustini.
L’ufficiale dei carabinieri nel 1992 comandante del nucleo operativo e durante quel periodo Alberto Lo Cicero iniziò le sue confidenze, per poi diventare collaboratore di giustizia dopo la strage di via D’Amelio del 19 luglio. «Non ricordo se Alberto Lo Cicero avesse fornito informazioni importanti sulla strage di Capaci, prima e dopo della stessa», ha detto al collegio ma nello stesso tempo ha evidenziato «non lo escludo, anche perché le indagini non le svolgevo direttamente io».
Il generale ha riconosciuto alcune lettere del 1992 che non ricordava fino al 2022 quando venne chiamato da Roberto Scarpinato, all’epoca procuratore generale di Palermo.
Durante l’udienza c’è stato un battibecco tra l’avvocato Sonia Battagliese, che difende Giustini, e il generale.
La legale ha posto domande sulle confidenze dello stesso Lo Cicero e che Riina andava a trovare Mariano Tullo Troia.
Dichiarazioni alle quali i carabinieri non diedero tanto peso anche perché secondo Lo Cicero lo
stesso Tullo Troia nella gerarchia criminale di Cosa nostra era più importante dello stesso Riina. «Ci sembrò così strana una cosa del genere che non demmo molto peso», ha detto il generale.
Lo Cicero non era considerato un personaggio di spicco ma era cugino di Armando Bonanno, l’autista della famiglia di San Lorenzo e molto vicino allo stesso Tullio Troia, meglio conosciuto come “u mussolini” per le sue simpatie di destra.
Alla prossima udienza, fissata il 15 settembre, verrà sentito Gianfranco Donadio – componente già della Direzione nazionale antimafia – che ha svolto dei colloqui investigativi con Lo Cicero.
Su questi documenti il legale Battagliese aveva chiesto copia ma il procuratore nazionale antimafia
ha detto di “no”.
Saranno sentiti altri carabinieri che in questi ultimi trentadue anni sono andati in pensione.
Da La Sicilia di Laura Mendola

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