La battaglia sui cinque quesiti si gioca sempre più sul raggiungimento del quorum
La speranza dei promotori dei referendum è che le polemiche siano almeno un’occasione per parlarne e farli conoscere, visto che c’è l’incubo quorum. L’ultimo scossone è arrivato dal presidente del Senato Ignazio La Russa, di FdI: «Farò propaganda
affinché la gente stia a casa ». Un’uscita che ha riacceso lo scontro con le opposizioni, malgrado sia stata corretta 24 ore dopo:
«Nell’agenda del presidente – ha fatto sapere il portavoce di La Russa – non è previsto alcun appuntamento o attività di propaganda referendaria ». Non è bastato. «È gravissimo che la destra continui a incoraggiare l’astensione al referendum – ha
detto la segretaria del Pd, Elly Schlein – ed è indegno che lo faccia la seconda carica dello Stato. Vorrei
tanto sapere che cosa ne pensa la presidente del Consiglio Giorgia Meloni». E il presidente del M5s, Giuseppe Conte: «Vogliono che la gente rimanga a casa, che non eserciti il proprio diritto di voto, che dilaghi l’astensionismo. Non fate come la Russa. Andiamo a votare in
massa».
Ma i referendum stanno creando qualche intoppo anche nel centrosinistra, che deve fare i conti con linee diverse fra partito e partito e con qualche distinguo interno. Tanto che Più Europa, promotrice del quesito sulla cittadinanza (per ridurre da 10 a 5 gli anni necessari per ottenerla), ha lanciato «un appello a tutte le forze di opposizione – ha detto il segretario Riccardo Magi -. Serve una mobilitazione straordinaria, il momento di entrare in campagna è questo, di scendere con noi nelle
piazze, nelle strade a parlare con le persone». Per il momento, il M5s ha risposto avviando una campagna social, con hashtag: #nonfatecomelarussa e #iovoto.
Oltre al referendum sulla cittadinanza, ce ne sono 4 sul lavoro, per l’abolizione del jobs act. Più che sul merito, però, il dibattito è sulla partecipazione: se non andrà a votare il 50% degli elettori le consultazioni saranno nulle. La Russa, ha fatto sapere il portavoce, «ha confermato di essere personalmente orientato a volersi recare a votare», ma ha «voluto ribadire, con una frase comiziale, il diritto degli elettori» di «astenersi dal voto». Perché quella
dell’astensione è la posizione di FdI, come di tutto il centrodestra. Il capogruppo Pd in Ue, Nicola Zingaretti, l’ha buttata sul sarcasmo: «Abbiamo il sesto motivo per andare a votare al referendum: le dichiarazioni di La Russa». Come il deputato di Avs, Angelo Bonelli: «La posizione di La Russa si rivelerà un boomerang», convincerà «moltissime cittadine e cittadini a votare». In difesa di La Russa sono arrivati i capogruppo di FdI alla Camera, Galeazzo Bignami, e al Senato, Lucio Malan: «Vergognose le parole degli esponenti Pd verso il presidente La Russa ha detto Malan – Proprio loro che in occasione dei referendum del 2003 e 2016 invitavano gli elettori ad astenersi, col supporto del più prestigioso dei loro esponenti, Giorgio Napolitano».
I più convinti sostenitori dei quesiti sono gli esponenti di Avs, fermamente orientati a votare 5 sì. Anche l’indicazione della segretaria Pd Elly Schlein è per 5 sì, ma l’area moderata del partito frena sul jobs act.
Insomma, un altro tema di frizione interna. Il presidente Pd Stefano Bonaccini, guida della corrente riformista Energia popolare, ha cercato
di limare: «A votare si deve andare sempre». Come a voler precisare: i dubbi non sono un invito all’astensione.
Il M5s è per il «sì» ai referendum sul lavoro, ma lascia libertà sulla cittadinanza – l’unico quesito
non firmato da Conte – perché indica una via diversa da quella che piace al Movimento, da tempo schierato sullo ius scholae. Ma Conte ha rivelato: «Io voterò comunque sì».
Sui referendum c’è stata la denuncia della Cgil, promotrice di quelli sul lavoro: «Alcuni compagni
sono stati identificati dalle forze dell’ordine mentre volantinavano. Non è la prima volta che accade in questi giorni». Per il segretario di Si e deputato di Avs Nicola Fratoianni si tratta di «veri e propri atti intimidatori».
