Il giornalista: “La politica ha scoperto di aver creato un mostro, perché in questo momento non è in grado neppure di mandarli a casa, di licenziarli”
“Mi ha colpito, ieri, la dichiarazione della premier Meloni quando ha detto che l’authority non è roba sua, come se non fosse parte importante e integrante del funzionamento di un’autorità che dovrebbe garantire la protezione dei cittadini, dei loro dati e dovrebbe far funzionare la macchina democratica”. Ecco, “la premier non può dire che quella roba non gli interessa, che non è cosa sua, anche perché ci sono dentro dei membri eletti direttamente dal partito e anche dalla Lega”. È quanto sottolinea Sigfrido Ranucci, giornalista e conduttore di Report, nel corso di un incontro con la stampa promosso per presentare lo spettacolo tratto dal suo libro, ‘La scelta’, in programma domani alla Giunti Odeon di Firenze.
Quella dell’authority e del Garante della privacy è “una delle pagine più brutte della democrazia degli ultimi anni. E non è vero che abbiamo fatto questa inchiesta in seguito alla sentenza. Anche perché di sentenze della magistratura ne abbiamo avute tante: se fosse questa la logica avremmo dovuto fare la guerra contro tutti. No, erano due anni che stavamo dietro al Garante e lo dimostra la mole della documentazione che abbiamo prodotto”. Adesso “decidono in base a quello che hanno visto. Perché quello che hanno visto non è frutto di un furto o di un’appropriazione indebita, ma di informazioni che ci sono state date dentro quell’ufficio. E se in quell’ufficio ci sono dei dipendenti che non ne potevano più di quell’andazzo vergognoso, ci sarà un motivo”. Secondo Ranucci “bisognerà prendere coscienza che la politica ha scoperto di aver creato un mostro, perché in questo momento non è in grado neppure di mandarli a casa, di licenziarli. Paradossalmente c’è l’imputazione di impeachment per il presidente della Repubblica, ma chi fa gli impicci in un’autorità garante non si riesce a mandarlo via per legge. È un paradosso”.
RANUCCI: GARANTE? MAGARI CI TORNEREMO ANCORA…
“Cosa c’è nel presente e nel mio futuro? Continuo a fare le puntate e magari torneremo ancora sul Garante”, spiega il giornalista e conduttore di Report, parlando con la stampa. Domenica prossima, ad esempio, “abbiamo una puntata molto delicata che riguarderà il caso Almasri, con delle novità”. E parlerà anche di “traffico internazionale di armi che riguarda il Veneto, ma che porta fino in Toscana. È una puntata molto densa”. Riflettendo sul giornalismo, quindi, Ranucci evidenzia come quello di inchiesta “illumini le zone d’ombra che il potere, la politica, non vogliono che vengano illuminate. Noi, invece, siamo qui e continuiamo tenacemente ad illuminarle”. In questo senso “credo che il giornalismo di inchiesta sia un valore inalienabile dell’umanità. Dà coraggio a chi lo fa e a chi lo ascolta, lo vede, perché dà il senso che possano cambiare le cose”.
RANUCCI: MOLLICONE? CONOSCIAMO BENE LEGGI, NOSTRA FEDINA PULITA
“Mollicone dice che siamo degli analfabeti istituzionali, che non conosciamo le leggi. Non è vero, a noi capita più spesso di trovare politici che non conoscono le leggi che hanno scritto. Se abbiamo la fedina penale ancora pulita è perché le leggi le conosciamo bene”, sottolinea Ranucci. Sempre a Federico Mollicone, di Fratelli d’Italia, che ieri ha sostenuto che iniziando la carriera a ‘Paese Sera’ a Ranucci “la disinformatja gli è rimasta nel sangue”, il conduttore di Report replica: “È vero, ho cominciato con Paese Sera” con cui “ho fatto cinque articoli. Sono orgoglioso di essere stato parte, se pur per poco tempo, di una testata così storica e che più si avvicinava al modello televisivo per le fotografie grandissime con i titoli. A Mollicone dico che quegli articoli li ho fatti gratuitamente, non ho mai preso una lira”. Detto questo “il fatto di aver partecipato a delle testate che potevano avere una colorazione” politica, “non toglie nulla all’indipendenza dell’anima. Indipendenza che io ho”. Piuttosto, Mollicone guardi “quello che ha combinato nel tentativo di delegittimare le sentenze della magistratura sulla strage di Bologna: ha tentato più volte di dare una chiave di lettura non confermata dalle varie sentenze. E questo la dice lunga sulla indipendenza intellettuale di una persona”.
Fonte Agenzia Dire www.dire.it di Diego Giorgi
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