Caltanissetta 401
  • Home
  • Cronaca
    • Cronaca Internazionale
  • Politica locale
    • Politica
  • Rassegna stampa
    • Economia e Finanza
    • Riflessioni
    • Riceviamo e pubblichiamo
  • Cultura ed Eventi
    • Concorsi
    • Scuola
    • Tecnologia
  • Sport
  • Altro
    • Dalla provincia e dintorni
    • Ricette tipiche
    • Salute & Benessere
    • Meteo
Reading: Riforme Made in Meloni, ecco la strategia per disinnescare il Colle
  • Seguici
Font ResizerAa
Caltanissetta 401Caltanissetta 401
Cerca
  • Home
  • Chi siamo
  • News
    • Cronaca
    • Politica locale
    • Cultura ed Eventi
    • Sport
    • Rassegna stampa
    • Salute & Benessere
    • Riceviamo e pubblichiamo
    • Dalla provincia e dintorni
Follow US
© Caltanissetta401 | Realizzato da Creative Agency
Caltanissetta 401 > News > Cronaca > Riforme Made in Meloni, ecco la strategia per disinnescare il Colle
CronacaPoliticaRassegna stampa

Riforme Made in Meloni, ecco la strategia per disinnescare il Colle

Last updated: 09/05/2025 6:20
By Redazione 110 Views 6 Min Read
Share
SHARE

Premierato, legge elettorale, Csm, autonomia e giustizia: il mosaico delle riforme volute da Meloni per un governo con meno contrappesi

Contents
Un premier forte e un presidente indebolitoCoalizione in ordine sparso, ma con un obiettivo comuneUna strategia che passa per le riforme (e per l’inerzia)Un progetto che preoccupa (ma non frena)

Nel gioco lungo della politica italiana, ci sono ambizioni che non si dicono. E poi ci sono ossessioni che, per quanto smentite, si leggono in controluce in ogni mossa. Giorgia Meloni guarda al Quirinale. Non per salirvi, ma per occuparne lo spazio simbolico. Per garantirsi che, alla prossima scadenza presidenziale, nessuno possa frapporsi tra lei e il consolidamento di un potere già centrale.

Dietro la riforma del premierato, la riscrittura della legge elettorale, la retorica della stabilità e della “democrazia decidente”, si intravede un disegno a medio termine: disinnescare il Quirinale come organo di bilanciamento e assicurarsi un Presidente della Repubblica non ostile. Non serve che sia fedele, basta che sia innocuo. E magari utile.

Un premier forte e un presidente indebolito

La proposta di premierato elettivo – che nel 2022 era ancora un presidenzialismo dichiarato – oggi si è trasformata in una riforma istituzionale costruita con chirurgica pazienza. Ufficialmente per rafforzare il potere esecutivo, in realtà per ridimensionare chirurgicamente quello presidenziale: la nomina del premier, lo scioglimento delle Camere, la gestione delle crisi di governo, la nomina dei senatori a vita. Tutto verrebbe riportato sotto l’orbita di un esecutivo legittimato direttamente dal popolo e di fatto insindacabile.

Una presidenza della Repubblica formalmente intatta ma sostanzialmente svuotata: ecco la forma gentile di un’egemonia istituzionale. Non è più l’elezione diretta del capo dello Stato, è il suo accerchiamento. E così il Quirinale, nella narrazione meloniana, passa da garante a spettatore.

Coalizione in ordine sparso, ma con un obiettivo comune

Perché tutto questo funzioni, però, serve un parlamento obbediente. La legge elettorale, mai dichiarata apertamente, è il secondo pilastro del progetto. Abbandonare il Rosatellum, fonte di insidie nei collegi meridionali e arma potenziale dell’unità delle opposizioni, e approdare a un sistema che garantisca una maggioranza coesa. Magari premiando chi supera il 40%. Un obiettivo che Meloni può ancora coltivare, soprattutto se riesce a tenere unita la coalizione.

Forza Italia gioca su due tavoli: europeismo rassicurante e ambizioni quirinalizie. Tajani, nome che gira da mesi per il Colle, potrebbe essere la pedina sacrificabile per ottenere in cambio la blindatura del premierato. Alla Lega, invece, interessa tornare protagonista sul piano interno: Salvini al Viminale, magari. Il Quirinale può diventare merce di scambio o pretesto per rompere. Ma a oggi Meloni regge la trama, consapevole che ogni concessione agli alleati serve solo se utile a mantenere il controllo del disegno.

Una strategia che passa per le riforme (e per l’inerzia)

Niente è lasciato al caso. La riforma del premierato, pur rallentata, non è archiviata: il governo la tiene in caldo, pronto a rilanciarla quando i tempi saranno maturi, magari dopo la legge di bilancio. L’autonomia differenziata e la riforma della giustizia completano il quadro: indebolire il Capo dello Stato significa anche limitarne i poteri in seno al Consiglio superiore della magistratura, o influenzare i delegati regionali che compongono l’assemblea chiamata a eleggere il successore di Mattarella. Ogni casella è parte dello stesso scacchiere.

In questo contesto, Meloni non ha bisogno di forzare il futuro: le basta organizzarlo. La riforma elettorale, il premierato e una gestione sapiente degli equilibri interni possono bastare per ritrovarsi nel 2029 con un parlamento plasmato a sua immagine e una maggioranza pronta a indicare un Presidente della Repubblica “non proveniente dalla sinistra”. Come disse lei stessa nel 2022, con un rimpianto che ora suona come promessa.

Un progetto che preoccupa (ma non frena)

Costituzionalisti, politologi, giuristi e associazioni come l’Anpi parlano apertamente di un rischio per la democrazia. Denunciano lo svuotamento del ruolo presidenziale, l’indebolimento del Parlamento, la deriva di un modello che non ha paragoni nelle democrazie occidentali. Il “premierato all’italiana”, senza contrappesi e senza precedenti, è visto come un salto nel buio istituzionale.

Ma il punto è che non si tratta solo di una riforma. È una strategia. E le strategie non si valutano solo per ciò che dicono, ma per ciò che permettono. L’idea di Meloni non è semplicemente riscrivere la Costituzione: è riscrivere il rapporto di forza tra gli organi dello Stato. E garantirsi, nel tempo, il controllo degli snodi decisionali, a partire da quello più alto.

Perché in fondo, dietro ogni grande ambizione, c’è sempre una grande paura: che il potere possa scivolare via quando meno te l’aspetti. E al Quirinale, quella paura prende il nome di un Presidente che non obbedisce. E che, per sette lunghi anni, può ricordarti ogni giorno che la democrazia, quando funziona, non ha padroni.

Fonte LANOTIZIAGIORNALE.IT di Giulio Cavalli

You Might Also Like

Herzog a Mattarella: “Grande rispetto, ma Israele non uccide in modo indiscriminato”

San Cataldo: L’Istituto Comprensivo Statale “BALSAMO” celebra la XXX Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie

Il girare la frittata mostrando la parte non bruciata, quando il bronzo non basta più

Caos in Libia e tensioni tra forze di sicurezza e magistratura: assaltato un tribunale di Tripoli

Caltanissetta: il messaggio del nuovo Prefetto Licia Donatella Messina

TAGGED:CronacaPoliticaRassegna stampa
Share This Article
Facebook Twitter Whatsapp Whatsapp Email Copy Link Print
Caltanissetta 401
Direttore responsabile 
Sergio Cirlinci

93100 Caltanissetta (CL)

redazione@caltanissetta401.it
P:Iva: 01392140859

Categorie

  • Cronaca
  • Cultura ed Eventi
  • Politica locale
  • Rassegna stampa
  • Sport

Categorie

  • Concorsi
  • Dalla provincia e dintorni
  • Finanza
  • Giovani e Università
  • Sanità

Link utili

  • Chi siamo
  • Privacy & Cookie Policy

Caltanissetta 4.0.1 è una testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Caltanissetta n.03/2024 del 21/08/2024. | Realizzato da Creative Agency

Username or Email Address
Password

Lost your password?