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Ritorna l’antimafia a Caltanissetta. “Ora serve il contributo di tutti”

Last updated: 11/05/2025 7:09
By Redazione 136 Views 5 Min Read
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La cerimonia. La Fai antiracket apre una sede nella “capitale” del sistema Montante

Da La Sicilia di Laura Mendola

Al via le attività dell’associazione Fai antiracket a Caltanissetta e la presidenza è stata affidata a
Gaetano Truscelli. Sono 11 gli imprenditori fondatori che dopo due anni vedono il loro impegno
concretizzarsi.

Dopo vent’anni ci si riprova e l’esame sarà superato tra 365 giorni. Nella citta del leader dell’antimafia Antonello Montante ci si riprova, questa volta non ci sono ministri, né protocolli da firmare, ma imprenditori che vogliono portare avanti degli ideali
mettendoci la faccia. Le istituzioni della provincia di Caltanissetta danno fiducia agli undici impresari che si sono riuniti
in associazione antiracket sotto la stretta sorveglianza della Fai. E il presidente Gaetano Truscelli, a cui è stata affidata la guida, ne è consapevole. Undici anni fa mentre la sua società stava effettuando un lavoro ad Acireale arrivò la richiesta del pizzo. E senza esitazione ha denunciato. Adesso sarà lui con i “10 apostoli” dell’antiracket a sensibilizzare i suoi colleghi affinché la piaga delle estorsioni venga debellata, o meglio ancora attutita.
Il cammino degli imprenditori è iniziato due anni fa «e lungo questo percorso alcuni si sono perduti, e meno male », ha detto il coordinatore regionale della Fai Paolo Terranova. Questo perché c’è un filo sottile che distingue le vittime del racket da coloro i quali sono conniventi e, anche con pochi spiccioli, sostengono le organizzazioni criminali.
Per gli imprenditori di Caltanissetta un grande peso sulle spalle visto che in pochi denunciano «e quando lo si fa – ha detto il vescovo di Caltanissetta, mons. Mario Russotto – significa di aver preso
coscienza di un male che si va ramificando.
Denunciare significa a tirar fuori questa ragnatela criminale e poi alla denuncia bisogna far seguire anche l’opera di risanamento perché dobbiamo uscire fuori da questo letargo e quindi anche da questa omertà». E Tano Grasso, il “padre” della Fai, questo messaggio lo ha ricordato al presidente Truscelli che ha il compito di portare avanti l’associazione nel tentativo di far cambiare idea ai propri colleghi. «Non è stato un percorso semplice – ha detto il presidente non siamo eroi, abbiamo denunciato
per noi stessi e per i nostri figli».
Di teatrini nel tempo in Sicilia con l’antiracket ce ne sono stati tanti «ma qua a Caltanissetta – ha detto Grasso – non possiamo scherzare». Questo perché in provincia di Caltanissetta c’è ancora una ferita aperta che è difficile da rimarginare ed è il “caso Gela” con una realtà che nel tempo è andata scemando fino a vedere coinvolti molti soci in indagini giudiziarie. E questo “incidente” che ancora oggi fa ribollire il sangue a chi su questa realtà ci aveva creduto.
«C’è un atteggiamento culturale, che è una zavorra, da sconfiggere – ha detto il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca – e la chiesa in questo contesto ha un ruolo fondamentale. Qui lo
Stato è presente e ciascuna sua articolazione lo dimostra. Chi denuncia rende l’organizzazione criminale più insicura e sono certo che alla fine la guerra contro la mafia sarà vita». Ma per garantire la presenza di un’associazione antiracket servono le denunce, quelle che non
ci sono state nonostante le intercettazioni li inchiodassero. «C’è tanto lavoro da fare – ha detto il prefetto di Caltanissetta, Chiara Armenia – e bisogna farlo in silenzio ed evitare di essere sottomessi».
Durante il dibattito è stata evidenziata l’importanza dell’associazionismo, quello che accompagna gli imprenditori e non li fa sentire soli «e io – ha detto Emnuele Lionti, di Niscemi – con i miei
fratelli questa sensazione l’abbiamo vissuta e continuiamo a viverla».
Per il commissario del Governo per le iniziative antiracket Maria Grazia Nicolò è importante l’accompagnamento delle vittime non solo alla denuncia, ma anche nei percorsi successivi. «Nessuno può essere lasciato da solo». Così ci si riprova in una città in cui il vessillo dell’antimafia è stato sventolato per decennio e, dopo anni, si è scoperto che tutto è stata una bolla di sapone che è scoppiata al primo pungiglione giudiziario.

Foto e articolo da La Sicilia di Laura Mendola

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