“Luisa Moncada: ieri Contessa, oggi icona.
Dalla Sicilia al mondo, il suo messaggio è chiaro:
la vera forza è coltivare cultura e sogni.
Il resto… è polvere al vento.”
Premessa
Caltanissetta fu, un tempo, un faro per la Sicilia. Nel XVI secolo, grazie alla Contessa Luisa Moncada, donna di visione e coraggio, la città conobbe il suo momento più alto: un centro di cultura, arte e politica, capace di dare prestigio all’isola intera. Per cinquant’anni, Moncada governò con equilibrio e intelligenza, aprendo le porte ad artisti e idee, facendo della bellezza e della conoscenza il cuore della vita pubblica.
Oggi, quel respiro ampio si è assottigliato. La città che un tempo ispirava orgoglio sembra aver smarrito parte della sua voce. Il paragone con quel passato non deve essere solo motivo di rammarico: è un invito a raccogliere un’eredità. Perché la lezione di Luisa Moncada è ancora valida: la vera politica è servizio, costruzione, capacità di vedere oltre l’oggi.
Ritrovare quel respiro significa riportare cultura, giustizia e visione al centro delle scelte. Significa credere che Caltanissetta possa tornare a essere un esempio per tutta la Sicilia. Non è nostalgia: è una direzione. E dipende da noi imboccarla.
Analisi del ritratto alla Contessa Luisa Moncada
Francesco Guadagnuolo dipinge la Contessa Luisa Moncada all’imbrunire, in un attimo sospeso tra luce e ombra. Il volto della Contessa, dolente e fiero, si staglia contro il profilo severo dell’Abbazia di Santo Spirito. Nel 1759, la contessa affidò l’Abbazia ai Padri Cappuccini per rinnovarne la vita religiosa e rafforzarne la missione pastorale, segnando un’epoca di rinascita spirituale e comunitaria.
Le tonalità calde del crepuscolo – ocra, vermiglio, blu profondo – avvolgono la scena in un abbraccio nostalgico, evocando il passato glorioso della città. L’opera gioca sul silenzio delle superfici e sull’essenzialità del segno, invitando lo spettatore a ricostruire il senso attraverso la memoria. Moncada, cresciuta tra Palermo e la corte di Madrid, portò a Caltanissetta il gusto raffinato della capitale spagnola, replicando in Sicilia lo spirito e l’organizzazione della “seconda corte di Madrid”.
Dialogo immaginario fra Francesco Guadagnuolo e Luisa Moncada
(sceneggiatura di Francesco Guadagnuolo)
Francesco Guadagnuolo: «Contessa, ho cercato nel crepuscolo un ponte tra la vostra epoca d’oro e il nostro presente. La luce che avvolge Santo Spirito vuole ricordare il fervore culturale e religioso che animava Caltanissetta sotto il vostro governo».
Luisa Moncada: «In quel cielo ritrovo il sostegno ai Gesuiti, ai Cappuccini, le scuole, i conventi, le piazze animate dalle voci. Ma sento anche un’ombra di malinconia: temo che la città non custodisca più la memoria di quegli anni di rinascita».
Guadagnuolo: «Il vostro governo trasformò un borgo isolato in un crocevia di artisti, poeti e musicisti. In ogni pennellata ho voluto far vivere le feste, i mercati, i suoni che rilanciavano la vita pubblica e l’economia».
Moncada: «Oggi vedo serrande abbassate, scarseggiano i salotti culturali e avverto silenzi dove un tempo c’era fermento. Il mio archivio è studiato nei convegni, ma la passione civica sembra essersi smarrita. Mi dica, Maestro, può un quadro restituire a Caltanissetta l’ardore di un tempo, risvegliare un popolo?».
Guadagnuolo: «Forse non basta un quadro, ma può essere una scintilla, seme di risveglio. Con questo ritratto spero di accendere nei cittadini la consapevolezza delle vostre riforme: le infrastrutture, le sistemazioni urbane. Ho voluto includere nelle ombre della tela la vostra eredità amministrativa: la chiarezza dei registri, la cura delle strade, le fontane che portavano dignità. Sono segni che parlano ancora».
Moncada: «La città ha bisogno di mani che ricostruiscano, servono comunità pronte a riprenderne le redini, a investire in archivi, musei, laboratori di artigianato come un tempo. Senza la materia viva della cultura, anche la memoria si sgretola».
Guadagnuolo: «Per questo il vostro sguardo, ritratto di profilo, incontra chi guarda. È una chiamata ad un patto di rinascita. Il crepuscolo non è la fine, ma l’attesa di un nuovo giorno se sapremo trarre forza dalla vostra eredità».
Moncada: «Accolgo con gioia il vostro omaggio come si accoglie un seme affidato alla terra. Spero che chi si sofferma davanti a questo quadro possa sentire l’amore che ho sempre nutrito per questa terra e lasciarsi ispirare a custodire la sua bellezza. Spero chi ammira questo dipinto non si limiti a ricordare una donna, ma riconosca l’eredità di un progetto collettivo. Perché Caltanissetta torni ad essere un faro per la Sicilia, servono occhi che credano, mani che agiscano e cuori pronti a sognare. Solo così Caltanissetta potrà tornare a splendere come merita».
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