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Caltanissetta 401 > News > Cronaca > Santa, Libia, spie: L’effetto domino in carta la premier
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Santa, Libia, spie: L’effetto domino in carta la premier

Last updated: 09/02/2025 17:47
By Redazione 153 Views 5 Min Read
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Matteo Salvini si incartò dopo il Papeete, Silvio Berlusconi si avviò alla caduta politica dopo il
celebre discorso di Onna del 25 aprile 2009, cui seguì il famoso compleanno di Noemi Letizia. Oggi Giorgia Meloni sembra ancora lontana da una crisi di consensi –i sondaggi danno FdI al 30% –ma la storia degli alleati è un’ottima maestra e dovrebbe suggerire di cogliere i segnali di allarme, anche nel momento di massima forza.

Perché da un po’ di tempo Meloni si è infilata in un tunnel in cui sbaglia sia nel fare che nel non fare, le scelte le si ritorcono contro, i suoi ministri la imbarazzano più del solito e ogni giorno capita qualcosa – anche indipendentemente dalle sua responsabilità – che mette in difficoltà
l’esecutivo.

La premier rincorre, insomma, senza più quella capacità di nascondere tutti i problemi (anche
dei suoi) mettendoci la faccia.
“Per il momento i dati dicono che Fratelli d’Italia è sopra il 30% – spiega Antonio Noto, direttore di Noto Sondaggi – anche perché gli elettori non cambiano il voto come cambiano il canale col telecomando.
Ci vuole tempo, non sono i singoli avvenimenti o episodi a determinare grandi cambiamenti”. Però il pericolo c’è: “Un elemento che spesso fa cambiare idea all’elettore è quando si alza il
livello del conflitto”.
E gli esempi non mancano.
Neanche il tempo di risolvere il caso Sala-Abedini, trionfo pragmatico della ragion di Stato, che ecco la vicenda Almasri, altro intreccio di delicati rapporti internazionali, questa volta con la Libia.
Tornando indietro, forse Meloni stessa preferirebbe chiudere la vicenda sul nascere rivendicando la decisione politica di rispedire il generale in Libia.

Invece il governo è andato in cortocircuito in una Babele di assurde giustificazioni, spesso in contraddizione tra loro: le 40 pagine della Corte penale internazionale scritte in inglese, il
“cavillo ” in Corte d’Appello, le accuse “pasticciate” ad Almasri, il problema della sicurezza nazionale.
Con in più il problema di rimandare per settimane un chiarimento pubblico, peraltro avvenuto in Parlamento per voce di Carlo Nordio e Matteo Piantedosi con Meloni non pervenuta.

Non solo. La vicenda Almasri ha innescata l’ indagine romana sulla premier, il Guardasigilli,
Piantedosi e Alfredo Mantovano.
Altro disastro comunicativo: la trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri fatto passare per un avviso di garanzia, il procuratore Francesco Lo Voi spacciato per una toga rossa, nel filone dello scontro con la magistratura già spalancato dalla bocciatura del modello Albania da parte delle corti.
In questa situazione complicata si aggiungono i guai nei Servizi (anticipati dalle dimissioni di Elisabetta Belloni), con gli accertamenti Aisi su Gaetano Caputi e lo scandalo dei giornalisti e attivisti spiati – non è chiaro in che circostanze e con quali mandanti – con un software della società israeliana Paragon.
Finito qui? Macché. Il libro Fratelli di chat di Giacomo Salvini (Paper First) rivela anni di conversazioni
Whatsapp dei meloniani, con insulti a Salvini e giravolte politiche su svariati temi.

E poi il caso Santanchè, la ministra imbullonata alla poltrona nonostante le pressioni per farla dimettere dal Turismo, in attesa che arrivi a sentenza anche il processo ad Andrea Delmastro
per rivelazione di segreto d’ufficio.
Tutte sirene per il consenso: “Meloni in questi anni è stato un elemento rassicurante –è la versione di Noto – nel bene e nel male copriva anche le difficoltà del suo entourage .

Per gli elettori è importante, l’aumento di conflittualità, anche tra poteri dello Stato, portano a
pensare che possa avere un cattivo impatto sul benessere”.

Tra bordate alla magistratura, veleni sui Servizi e vecchie ruggini in maggioranza, per non dire di treni in ritardo e bollette alle stelle, Meloni ha buoni motivi per alzare la guardia.

Da ilFattoQuotidiano

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