Lo ha spiegato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dopo il Consiglio dei Ministri del 17 ottobre
Dodici miliardi per la difesa, ma senza pesare troppo sui conti pubblici. È questa la strategia del Governo, che per finanziare l’aumento della spesa militare punta su due canali principali: l’emissione di Btp e l’accesso al fondo europeo SAFE (Security Action For Europe), lo strumento della Commissione europea pensato per sostenere i Paesi che investono nella produzione industriale della difesa.
Come ha spiegato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dopo il Consiglio dei Ministri del 17 ottobre, «le spese per la difesa potranno essere finanziate o col BTp o col SAFE, che funziona in modo simile al Pnrr, con prestiti a lungo termine da restituire». Il Governo, ha aggiunto, sta lavorando con i “giganti” nazionali Leonardo e Fincantieri per avviare progetti compatibili con i requisiti europei e intercettare parte dei 150 miliardi di euro messi a disposizione da Bruxelles.
Spesa militare, che cos’è il piano SAFE
Il SAFE è un nuovo strumento finanziario dell’Unione europea destinato a rafforzare la base industriale della difesa attraverso investimenti comuni. Gli Stati membri potranno richiedere prestiti a tassi agevolati, presentando piani nazionali dettagliati. L’Italia ha già manifestato l’intenzione di accedere a circa 14,9 miliardi di euro, e dovrà inviare la richiesta ufficiale entro il 30 novembre 2025.
L’obiettivo è utilizzare queste risorse per potenziare la produzione di tecnologie strategiche, infrastrutture e capacità industriali, liberando così parte delle risorse nazionali per altri settori come sanità, scuola e lavoro.
Le linee guida del Documento di bilancio
Nel Documento programmatico di bilancio (DPB) 2026, inviato alla Commissione europea, il Governo ha ribadito l’impegno a portare la spesa per la difesa fino allo 0,5% del Pil entro il 2028, pari a circa 12 miliardi di euro. L’aumento sarà compatibile, secondo il Mef, con il mantenimento del deficit sotto la soglia del 3%, come previsto dalle regole Ue.
Tuttavia, va ricordato che i fondi SAFE non sono sovvenzioni, ma prestiti da restituire. Anche se agevolati, richiederanno quindi una gestione attenta per non appesantire il debito pubblico.
La clausola di salvaguardia nazionale
L’Italia non ha ancora deciso se attivare la clausola di salvaguardia nazionale, una misura europea che consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dagli obiettivi di bilancio per finanziare la spesa militare. La clausola prevede una flessibilità fino all’1,5% del Pil per quattro anni, ma il Governo sembra orientato a un approccio prudente, per non rallentare il percorso di uscita dalla Procedura per disavanzo eccessivo.
Un equilibrio complesso tra sicurezza e conti pubblici
Il nodo centrale resta l’equilibrio tra impegni internazionali e sostenibilità fiscale. L’accesso al SAFE permetterà di sostenere l’industria nazionale della difesa — con Leonardo e Fincantieri in prima linea — senza compromettere gli obiettivi di bilancio.
In sostanza, Roma punta a usare i nuovi strumenti europei per rafforzare la propria autonomia strategica, ma con un occhio sempre vigile ai conti pubblici. Una partita che si giocherà non solo nei palazzi del Governo, ma soprattutto a Bruxelles.
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