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“Trick or treat, dolcetto o scherzetto”. Quando la politica con una mano elargisce e con l’altra incassa

Last updated: 01/11/2025 8:04
By Sergio Cirlinci 178 Views 9 Min Read
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La politica, si sa, ama i gesti eclatanti, ma ad Halloween, il “Trick or treat” casca a fagiolo

Ieri ci hanno segnalato l’articolo pubblicato su La Sicilia di ieri, 31/10/2025, con l’intervista all’ass. Petrantoni rilasciata al collega Giuseppe Scibetta, notizia che, come teme qualcuno, potrebbe mettere in difficoltà non solo alcune società e associazioni sportive, ma anche potrebber precludere a molti ragazzi/e di fare sport.

Nell’articolo l’assessore Petrantoni ha espresso l’intenzione di voler preparare delle direttive per “incidere sugli impianti sportivi in due maniere”.

La prima, questa è quella che preoccupa maggiormente, sarebbe l’introduzione di una “contribuzione alle spese“ per le società che usufruiscono delle strutture comunali, rivedendo le tariffe ferme “da anni”.

La seconda è quella di voler portare in Consiglio comunale un regolamento sulla pubblicità e sulle sponsorizzazioni dentro gli impianti sportivi, facendo contribuire coloro che usufriuiscono degli impianti alle spese sopportate dall’Amministrazione e precisa: “non esiste in città per il “Tomaselli”, il “Cannizzaro”, il “Michelangelo Cannavò” e il PalaMilan” un regolamento con il quale chi mette il banner in un impianto lo fa con dei criteri, ed uno di questi è anche quello che il Comune ne usufruisca con un canone, anche se non eccessivo”.

Tradotto: il Comune si è accorto che le spese di gestione sono “esagerate” e chiede quindi un aiutino a chi usa gli impianti.

Fin qui, la logica del buon padre di famiglia è giustissima e non fa una piega.

Il problema non è il principio in sé, ma il contesto, cioè quello che succede a monte, a livello di contributi erogati, in sostanza “con una mano si dà e con l’altra si toglie”.

Ma andiamo per gradi.

Basta fare giornalmente un giro sull’albo pretorio e sulla sezione amministrazione trasparente del Comune, per leggere i tantissimi atti di liquidazione erogati, spesso, a pioggia a favore di associazioni e società sportive e non per sostenerne le loro attività.

L’atto politico di per sé è bello, ci mancherebbe altro, ma è il contributo erogato che fa notizia, che viene poi celebrato, in alcuni casi, con una bella foto, insomma per “farsi belli”, dimostrando, come è giusto che sia, attenzione e di tenere al settore sportivo e ad altre iniziative.

L’atto meno bello o “impopolare” insomma quello “contabile” arriva dopo, quando poi si fanno i conti e si vuol recuperare in parte quanto elargito precedentemente.

È probabilmente un modo per recuperare somme precedentemente date troppo “a cuor leggero” o con criteri troppo “generosi” o in maniera delle volte “amicale”.

In sintesi il risultato è un “balletto amministrativo” quasi comico. Si elargiscono fondi per “aiutare” le società e poi si chiede alle stesse società di “restituirne” una parte attraverso l’aumento delle tariffe di utilizzo degli impianti.

La domanda sorge spontanea, ma non sarebbe più semplice e meno “complicato” ridurre direttamente i contributi dati inizialmente, evitando poi di chiederne parte indietro?

A rigor di logica sembrerebbe di si, ma la logica spesso litiga con la politica, non si cerca l’efficienza, bensì l’impatto comunicativo.

Si preferisce cioè erogare un contributo per aumentare il consenso, la mano che dà, e poi, con la scusa della razionalizzazione delle spese, la mano che toglie, si fanno rientrare soldi dalla finestra.

Un capolavoro di contabilità, definiamola creativa, e di “generosità”… peccato però che sia a tempo determinato.

È un meccanismo questo che, pur partendo da una giusta intenzione, coprire i costi esagerati, finisce per generare confusione nelle società sportive che si ritrovano a fare i conti con il proprio bilancio, non sapendo effettivamente quanto alla fine di quel contributo rimarrà concretamente nelle proprie casse.

Infatti il problema principale per le piccole associazioni sportive, non è tanto la somma in sé, quanto la certezza sia delle entrate che delle uscite. L’azione combinata di contributi erogati e tariffe riviste, crea effetti, negativi, importanti, considerato che esso viene comunque inserito nel budget annuale, destinato a coprire costi specifici, attrezzature, tesseramenti, trasferte, etc..

Ma facciamo un esempio. Se una società o associazione che sia, riceve 5.000 € di contributo e contemporaneamente si vede aumentare i costi d’uso degli impianti di 2.000 € annuali, il beneficio netto alla fine è di soli 3.000 €, ma la complessità amministrativa per ottenerlo è stata enorme, forse meglio un contributo minore anzichè l’aumento.

Anche perché l’aumento delle tariffe è una spesa fissa e ricorrente, mentre i contributi, sono invece spesso legati ad altri fattori, spesso non del tutto legati a progetti specifici o validi.

Chiedere un aumento delle tariffe potrebbe costringerebbe le piccole società o associazioni a vedersi costrette ad aumentare le quote associative, con ricadute sulle famiglie, rendendo lo sport meno accessibile a chi non può permetterselo; come anche il tagliare altre spese, ad esempio meno ore di allenamento, meno partecipazione a manifestazioni o campionati.

In sintesi, l’Amministrazione si assicura il plauso per aver “dato”, ma poi costringe le società a finanziare gli alti costi degli impianti comunali, scaricandoli indirettamente i costi sulle famiglie, che pagano le quote, o dei volontari, che si ritrovano a fare i salti mortali con bilanci instabili.

È una mossa che esternalizza il costo amministrativo sui soggetti più deboli, mantenendo però il merito politico per sé, quello di aver dato un contributo.

L’azione del Comune, parafrasando, suona così: Ti do X per aiutarti, ma subito dopo ti chiedo Y per aiutarmi a sostenere i costi, rendendo alla fine il tuo beneficio finale molto più basso.

Se il Comune ha l’effettiva e legittima esigenza di coprire i costi degli impianti, le spese esagerate citate dall’Assessore, ci sono due strade, che ci permettiamo di dire, più logiche.

Aumentare direttamente le tariffe per l’uso dicendo: “oggi gli impianti ci costano “X”, da domani, la tariffa non è più “X”​ ma “Y”, pertanto i contributi da domani saranno più bassie ed erogati in maniera più oculata”. Fine della storia. Invece si sceglie la strada meno efficiente ma, sicuramente, più politica.

Il risultato finale è che il Comune usa società e associazioni come un bancomat per coprire le proprie spese di gestione prelevando delle some precedentemente versate.

È come se un genitore desse la paghetta al proprio figlio e subito dopo gli chiedesse una “quota di partecipazione” per la manutenzione della casa. A cosa è servita la paghetta? A dare al genitore la possibilità di mostrarsi generoso agli occhi di parenti e amici.

Mescolare i due piani svilisce il valore stesso del contributo, trasformandolo in una mera operazione di facciata ricorrendo poi ad una “compensazione forzata”.

La gestione degli impianti sportivi comunali si dovrebbe muovere tra due esigenze, quella di mantenerli in ordine e renderli, nello stesso tempo, accessibili a tutti, svolgendo una funzione sociale, ma la strategia prospettata rischia così di fallire su entrambi i fronti.

L’eliminazione del rimpallo burocratico, prima do e poi tolgo, agevolerebbe chi usa gli impianti e renderebbe anche più trasparente il tutto.

“Trick or treat, dolcetto o scherzetto”, a noi francamente sa di di dolcetto amaro.

P.S.: Rimaniamo nel frattempo in attesa di avere novità sulla Piscina, ma lì temiamo che il dolcetto potrebbe essere “salato”.

Ad Maiora

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