Pensavano di cancellare la Palestina sulla cartina geografica, si sono ritrovati una Palestina politica ovunque, anche nelle piazza dei governi che sostengono il genocidio
Questa può essere la sintesi di quello che sta accadendo in questi giorni.
Voglio fare un piccolo passo indietro: molte, moltissime cose sono cambiate in Italia dal 22 settembre. Non è più possibile parlare di un Paese inerte, disinteressato. Lo sciopero generale indetto dai sindacati di base ha segnato uno spartiacque: mezzo milione di persone hanno superato le attese, riempiendo le piazze in ogni città, bloccando l’Italia, manifestando contro il genocidio.
L’assalto alla Flotilla
Da quel giorno, i riflettori si sono spostati ancora più al centro del Mediterraneo. C’è stato l’assalto, un’operazione internazionale che non possiamo chiamare altrimenti se non un atto di pirateria di Stato, contro la Global Sumud Flotilla. Uno Stato che, come una potenza terrorista, ha dimostrato di agire oltre ogni confine, colpendo e bombardando non uno, ma ben sei Paesi sovrani: Siria, Libano, Iraq, Yemen, Qatar e Iran.
Le attiviste e gli attivisti della flottiglia, fermati da Israele, sono ora in un centro di detenzione. Per fortuna, i canali interni ci confermano: stanno bene, tra loro il nostro collega Saverio Tommasi. Sono in attesa di parlare con i loro avvocati. E mentre i loro corpi sono trattenuti, il loro messaggio ha raggiunto la meta: ieri un’imbarcazione della flottiglia è arrivata a meno di 5 chilometri dalla costa di Gaza. Per la prima volta dal 2008, il blocco navale imposto da Israele è stato rotto. Questo non è solo un risultato marittimo e logistico, è un risultato politico storico.
Le manifestazioni spontanee non si fermano
Ma ciò che ci deve dare speranza, ciò che non ha precedenti, è quello che vediamo nelle nostre città. Decine di migliaia di persone si riversano nelle piazze. Ieri sera le stazioni di Napoli e, in particolare, quella di Firenze sono state bloccate a lungo da manifestanti. Un movimento così grande, così spontaneo, che non è sovradeterminato da nessun partito o organizzazione, ma che è attraversato dalla società civile, dai sindacati di base, dalle organizzazioni, e dai partiti della sinistra istituzionale — da Sinistra Italiana al Movimento 5 Stelle. E non dimentichiamo che persino il Partito Democratico, nonostante le spaccature interne, sta votando in maniera unitaria con le opposizioni.
Solo un anno fa o due anni fa, tutto questo era impensabile. Era impossibile anche solo argomentare che l’operazione di Hamas del 7 ottobre andava condannata, certo, ma che la storia non iniziava quel giorno, ma con l’occupazione dei territori palestinesi e con il regime di apartheid imposto da Israele. Oggi, questo movimento, forte, di massa e radicale, si prende una fetta di Paese e dice: il genocidio va fermato, ora.
Sì, la polarizzazione è forte, le critiche sono feroci. Ma ricordiamolo bene: le critiche sul “andate a lavorare” sono la retorica più vile che esista. Chi oggi sciopera, chi manifesta, rinuncia a una giornata di paga. Sono operai, precari, impiegati che si tolgono un pezzo di stipendio per dire NO. Rinunciano a un compenso in un tempo di crisi economica per la propria coscienza. Non hanno solo tolto tempo alla vita privata per la piazza, ma si sono tolti denaro di tasca per la giustizia. Questo è coraggio, questo è sacrificio, questa è lotta.
La condanna al genocidio
Dobbiamo sostenere questo movimento. Dobbiamo essere quella goccia che, una dopo l’altra, si è trasformata in un fiume in piena dopo il 7 ottobre 2023.
Un fiume che urla che l’ennesima fase di questo massacro, questa lunga colonizzazione, questa occupazione che calpesta i diritti umani, deve finire.
E se prima ci chiedevano se condannavamo il 7 ottobre — e lo abbiamo fatto, lo sanno tutti, anche chi è in malafede — oggi, a chi critica questo sciopero, a chi condanna la flottiglia, a chi attacca le manifestazioni, a tutti loro, abbiamo una sola domanda da fare.
Ma tu, condanni il genocidio?
Fonte fanpage.it
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