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“Usò l’auto blu dell’Ars per fini privati”: Miccichè rinviato a giudizio per peculato e truffa. La replica e la vicenda

Last updated: 13/03/2025 6:45
By Redazione 101 Views 7 Min Read
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Lo ha deciso il gip, il processo comincerà il prossimo 7 luglio. Secondo l’accusa, avrebbe utilizzato il veicolo della Regione per 33 volte, tra marzo e novembre 2023, per viaggi personali. Inoltre avrebbe dato passaggi e fatto salire a bordo perfino il gatto. Condannato in abbreviato a 2 anni e 2 mesi il suo autista

Contents
La replica di MiccichèLe tappe della vicenda

Il gip di Palermo ha rinviato a giudizio per peculato e concorso in truffa aggravata l’ex presidente dell’Ars e attuale parlamentare regionale Gianfranco Miccichè. Il processo comincerà il 7 luglio.

Il gup ha invece condannato in abbreviato a 2 anni e 2 mesi Maurizio Messina, dipendente dell’Ars che faceva da autista a Miccichè. Era imputato di truffa sulle indennità di missione e sottrazione delle somme in sequestro. Avrebbe dichiarato missioni di servizio mai fatte, che l’ex presidente dell’Ars poi avrebbe confermato. Una truffa che avrebbe portato nelle tasche di Messina indennità non dovute per 10.736 euro. 

Miccichè invece ha scelto di essere processato con il rito ordinario. Secondo l’accusa, con l’Audi della Regione – parcheggiata a casa dell’autista, per 33 volte, tra marzo e novembre del 2023 – avrebbe fatto viaggi privati, sarebbe andato a fare visite mediche, avrebbe dato passaggi, nel tragitto Palermo-Cefalù e viceversa, a componenti della sua segreteria, a familiari e a persone assunte nello staff politico e in realtà impiegate nelle più disparate mansioni: dalla pulizia, alla manutenzione della piscina, alla derattizzazione. Tutte accuse che l’ex presidente dell’Ars ha sempre respinto. A maggio scorso, lo storico esponente di Forza Italia poi passato all’Mpa era stato sottoposto dal gip Rosario Di Gioia al divieto di dimora a Cefalù (misura poi revocata) mentre per l’autista era scattato l’obbligo di dimora a Palermo e Monreale. A incastrare i due erano le indagini della guardia di finanza, coordinate dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Claudia Ferrari ed Eugenio Faletra.

La replica di Miccichè

“Affronterò il processo con la massima serenità – afferma in una nota Micciché – e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni. Sono però amareggiato – conclude – da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile, Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti”.

Le tappe della vicenda

Nell’ordinanza di custodia cautelare emergeva come fosse stato proprio Miccichè, da presidente dell’Ars, a voler modificare la norma di utilizzo dell’auto blu destinata a chi – come poi era accaduto proprio a lui dopo qualche mese – diventava ex presidente dell’Assemblea regionale. Per l’accusa, l’Audi Q3 che gli era stata assegnata avrebbe fatto decine di viaggi con fini tutt’altro che istituzionali, tanto che persino il gatto di famiglia avrebbe avuto il privilegio di circolare con l’autista e a spese dei contribuenti. In un altro caso il mezzo con l’autista era stato mandato da Cefalù a Giarre, in provincia di Catania, dove la moglie del politico doveva acquistare delle piante in un vivaio. Ma l’ex presidente dell’Ars avrebbe utilizzato la macchina anche per andare all’Ismett “per fare il check up quello che faccio ogni anno”, come diceva nelle intercettazioni.

In base alla ricostruzione degli investigatori, tra l’11 gennaio e il 10 novembre del 2023 i due imputati avrebbero truffato l’Ars dichiarando una serie di missioni fantasma per 10.736,75 euro. E l’autista si sarebbe poi fatto pagare 10.822,02 euro di servizio – per 209 ore e 20 minuti – mentre in realtà avrebbe passato il tempo anche in una sala slot e in un bingo. Dall’inchiesta, inoltre, veniva fuori che Miccichè sarebbe stato informato da una persona di sua fiducia di essere indagato: “Ora abbiamo il peculato con la macchina, il peculato! Stanno indagando, è venuta la Finanza all’Ars e stanno facendo una verifica sull’utilizzo delle auto blu, cosa che avresti voluto tu alla fine della legislatura” e il politico replicava: “E allora? Sì l’ho voluta io, e allora? Ce la possono su…!”.

L’autista avrebbe sentito la pressione addosso e avrebbe cercato di richiamare all’ordine Miccichè: “Ci ricu: ‘Presidente amu a fari casa, chiesa e ufficio, non possiamo fare altro, mi hanno contestato pure che l’accompagno a tagliarsi i capelli, perciò si issi a spirugghiari ‘sta causa con l’amministrazione…’. Finiu tutto quello che faceva prima, tagli i ponti con tutti”. E in una circostanza si sarebbe opposto anche al trasporto del gatto della famiglia Miccichè sull’auto blu: “Ho detto: ‘No ‘stu gatto nella macchina non entra’, la signora aveva chiesto di scendere il gatto con il trasportino, ci rissi: ‘Na machina blu un acchiana il gatto!'”.

Il politico ha respinto sin dall’inizio le accuse: “Io e il mio staff abbiamo sempre lavorato e agito con la massima trasparenza e il massimo rigore e sono pronto a chiarire tutto davanti agli organi competenti”. Durante l’interrogatorio davanti al gip aveva spiegato che, dal suo punto di vista, non avrebbe commesso alcun abuso o violazione delle regole.

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