Grazie alle recenti piogge, le dighe si riempiono. In particolare la diga Ancipa, chissà perchè la più citata nei comunicati stampa della Regione siciliana. Tra l’esultanza e l’autoesaltazione, abbiamo letto i recenti proclami del commissario Salvo Cocina, coordinatore della “Cabina di regia” voluta dalla Regione siciliana, per il raggiungimento, nell’invaso ennese, dei livelli di riempimento dell’anno scorso. In realtà, abbiamo appena superato i 7 milioni di mc, e l’anno scorso ce n’erano 11,5. Problema risolto, quindi? Ma quando mai.
Basterebbe la logica per comprendere che anche avendo raggiunto i livelli di un anno fa, questa estate avremmo gli stessi identici problemi dell’estate scorsa.
Perché, piogge a parte, nulla è cambiato nella gestione delle risorse idriche nell’ennese e non solo.
E’ facile prevedere che l’invaso resterà pieno per ben poco tempo, in presenza di un sistema di distribuzione che non è cambiato per nulla e che fa letteralmente acqua da tutte le parti. Lo prova, se non altro, il fatto che nei comuni dell’ennese, coperti dalla neve proprio in questi giorni, continua a mancare l’acqua: ad Enna città si è semplicemente incrementata la distribuzione, con l’acqua che arriva nelle case una volta ogni 3 giorni anziché 6.
Roba da terzo mondo.
Comprendiamo l’esultanza di Cocina, che grazie alle più che prevedibili precipitazioni, ha evitato la sostituzione nel ruolo, come richiesto da qualcuno, tra gli imbufaliti sindaci dell’ennese.
Ma il commissario dovrebbe, a nostro avviso, mettere da parte le effimere esultanze e dedicarsi a tempo pieno alla concreta soluzione del problema.
Ad esempio, cominciare a prendere sul serio la colossale tematica delle dighe non collaudate, che rende inutilizzabili gli invasi per oltre la metà della loro capacità di accumulo.
Chi, di fronte alla presenza di 24 invasi non collaudati su 46, si aspettava una serie di nomine di collaudatori nell’ultimo periodo, in cui l’attenzione alla crisi idrica è stata (a parole) massima, è rimasto deluso.
Né si può rimanere soddisfatti, di fronte ai rubinetti a secco in mezza Sicilia, dei provvedimenti che la stessa Regione ha posto in essere ultimamene, in drammatico ritardo rispetto ad una situazione emergenziale più che prevedibile già l’anno scorso di questi tempi.
Si parla di 138 interventi da 20 milioni di euro (quindi micro-interventi da poche centinaia di migliaia di euro ciascuno), ma soprattutto si tratta dello scavo o del ripristino di pozzi: la Sicilia è infatti piena di pozzi pubblici del tutto inutilizzati, per i motivi più svariati; quelli privati non si contano.
Per questo motivo l’attività di emungimento da queste risorse idriche andrebbe monitorata con cura ed usata con parsimonia anche perchè, talvolta, i pozzi riforniscono gli invasi rimasti a secco.
E’ evidente, quindi, che un prelievo troppo elevato potrebbe peggiorare la situazione a lungo termine.
Sono previsti anche Bypass e condotte di collegamento, oltre ad un sistema di monitoraggio degli invasi. Ma a che serve, se questi non possono essere riempiti completamente?
Il rinnovo della rete, a quanto risulta, è previsto solo per la città di Palermo (43 milioni del PNRR, già in appalto) Agrigento (10 milioni) e Caltanissetta (4,2 milioni), anche se in questi ultimi due casi non abbiamo notizia di appalti in corso.
Ci chiediamo cosa si stia facendo per sostituire le condotte che riforniscono questi sistemi, che immaginiamo messe non molto meglio delle reti di distribuzione urbana.
Dopo la fine della Cassa per il Mezzogiorno, infatti, la realizzazione di acquedotti, come quella di nuovi invasi, è diventata una chimera in Sicilia.
E parliamo di oltre 30 anni, caratterizzati dal moltiplicarsi di enti di gestione e relative poltrone a cui, come abbiamo amaramente constatato, non ha certo corrisposto un incremento dell’efficienza né, tanto meno, una manutenzione accettabile di infrastrutture ormai arrivate a fine vita utile. E che oggi occorre, nella maggior parte dei casi, sostituire di sana pianta.
Considerando che si tratta di interventi che non si fanno fra l’oggi ed il domani, anche perché parliamo di centinaia di km di condotte, se non si comincia subito, quando avremo una rete efficiente, considerando, i tempi tecnici per realizzare gli interventi?
Proviamo a quantificarli. Per sostituire una rete idrica di media estensione, o, se volete, eseguire la sua “manutenzione straordinaria” (che, normalmente, si concretizza nella sostituzione quasi integrale dei tubi) occorrono:
- 6 mesi-1 anno per i progetti, se questi non ci sono già; se ci sono, vanno comunque aggiornati, ed i tempi sono similari.
- 6 mesi per la gara di appalto e l’individuazione dell’esecutore. La gara può anche prevedere la progettazione esecutiva, quindi comprendere il passaggio precedente. Ma, in ogni caso, deve esserci un elaborato di partenza, almeno a livello di progetto preliminare.
- Almeno altri 2- 3 mesi per contratto e cantierizzazione
- Quindi l’esecuzione dei lavori, che, per reti mediamente estese, difficilmente può essere inferiore a un anno.
- Collaudo, consegna all’ente gestore e messa in esercizio, possono prendere altri 3 mesi, se tutto va bene.
Quindi, parliamo di tempi che difficilmente possono essere inferiori a due anni e mezzo: tre stagioni nelle quali non si potrà contare su un sistema in grado, in teoria, per come è stato progettato ilo tempore, di garantire acqua corrente in tutti i rubinetti siciliani per oltre un anno senza che cada una goccia di pioggia. Ed in cui si potrà continuare a dare colpa alla siccità, magari del tutto inventata, come ci hanno dimostrato le copiose precipitazioni degli ultimi mesi.
Quindi è scontato che per la prossima estate ci ritroveremo nella stessa condizione di quella passata, avendo a disposizione lo stesso sistema idrico che ha svuotato tutti o quasi gli invasi dell’isola.
Non ci si deve meravigliare, quindi, se l’acqua continua ad essere razionata. E se continuerà ad esserlo ancora a lungo.
Nel frattempo, l’isola si è coperta di un manto di neve ovunque sopra gli 800 metri, in questi giorni. Non succedeva da anni, a differenza di quanto si racconta a proposito del riscaldamento globale. Riscaldamento o no, l’acqua in Sicilia c’è, ed a dimostrarlo, se non altro, è la velocità con cui si è riempita la diga Ancipa.
Ma, paradossalmente, in dighe come la Rosamarina o la Trinità, si giungerà presto allo svuotamento per motivi di sicurezza, avendo raggiunto il massimo livello invasabile, trattandosi di due delle 24 dighe non ancora collaudate: gettando a mare il prezioso liquido mentre, negli stessi giorni, la gente deve farsi la doccia con le bottiglie di acqua comprate al supermercato. Raggiunto, probabilmente, in automobile, non prima di aver montato le catene da neve.
Di Roberto Di Maria, blog Sicilia in Progress
