Il governatore rilancia la sfida con l’organismo di controllo: “Chiedo di applicare lo Statuto”
Al convegno di Fi protesta per il caso Pennino. Tensione al congresso di FI al teatro Politeama con Tajani e altri big. Il governatore si appella a un articolo mai applicato dello statuto
Il governo Schifani vuole partecipare alla nomina dei magistrati della Corte dei conti.
Il presidente della Regione lo annuncia nel corso di un intervento molto critico nei confronti della magistratura contabile considerata «troppo pervasiva ».
Le parole del governatore arrivano dritte dal palco del Teatro Politeama di Palermo, dove è giunto il
gotha di Forza Italia, per un convegno sulla riforma della giustizia.
C’è il vicepremier, ministro degli Esteri e leader del partito Antonio Tajani, il vice presidente della Camera Giorgio Mulè, ci sono gli eurodeputati, i capigruppo di Camera e Senato, il viceministro
alla Giustizia Francesco Paolo Sisto.
Tutti chiamati a intervenire davanti alla platea.
«Siamo un partito unito, forte e solidale », dice Schifani.
Ma a guardare bene, le tensioni e le divisioni non mancano. Assente, ad esempio, l’unico componente siciliano del partito nel governo Meloni, la sottosegretaria ai Rapporti col parlamento Matilde
Siracusano: «Sono molto dispiaciuta. — ammette — e non capisco perché non sia stata chiamata a intervenire.
La giustizia è sempre stato uno dei temi centrali della mia azione politica. Il motivo della mia assenza? Non ho ricevuto spiegazioni ».
Un’amarezza, quella della Siracusano, che si aggiunge a quella legata alla vicenda della ex baraccopoli di Messina. A metà febbraio, infatti, il presidente della Regione ha deciso si sollevare dal suo incarico il subcommissario, Marcello Scurria, gradito proprio a Siracusano e sostituito da Santi Trovato. La decisione è giunta nei giorni in cui maturava l’intesa tra Schifani e il sindaco di Taormina ed ex primo cittadino di Messina, Cateno De Luca.
Ma le tensioni arrivano anche dal Comune di Palermo. Davanti al teatro, infatti, alcuni esponenti dell’associazione “Parlautismo” hanno protestato, con tanto di striscioni, contro la decisione di Forza Italia di sostituire Rosi Pennino, assessore alle Attività sociali della giunta di Roberto Lagalla. «Pennino non si tocca. Oggi finalmente — ha spiegato Tiziana Amato, presidente dell’associazione
— abbiamo un assessore che ci ascolta. Prima non era così».
Manifestazioni che non faranno cambiare idea a Schifani: «Questi gesti — ha detto — non rientrano nella logica e identità del nostro partito, se ogni volta che si fa una scelta politica si devono ascoltare le proteste di qualche interessato, si commettono errori.
La politica deve avere le proprie responsabilità e se le assume». Una scelta, quella dell’avvicendamento in giunta, letta da molti come il tentativo di indebolire l’ala che fa capo
all’assessore regionale alle Attività produttive, Edy Tamajo. Non a caso, Schifani fa riferimento, pur senza nominarlo, al caso del suo dirigente generale Carmelo Frittitta, contro la cui esclusione dalla rosa dei burocrati erano scese in campo categorie professionali e associazioni.
Sul palco, intanto, si parla di riforma della giustizia, separazione delle carriere, del «dna antimafia» di Forza Italia rappresentato dalla presenza dell’europarlamentare Caterina Chinnici.
Il governatore rilancerà quei concetti, ma ne aggiungerà uno tutto siciliano. Che affonda proprio nello statuto speciale, dove «è previsto, all’articolo 23, che le sezioni della Corte dei Conti vengano nominate — dice — di concerto con il governo regionale. Questa norma costituzionale è vigente e non è stata mai rispettata».
Insomma, mai prima d’ora i governi regionali hanno scelto i magistrati delle sezioni siciliane della
Corte. «Il motivo? Non lo so, non voglio fare polemica su 60 anni di storia, ma l’articolo c’è — ha aggiunto Schifani — . Non rivendico questo diritto perché sono stato controllato.
È una prerogativa prevista dallo Statuto siciliano. Non esiste l’abolizione di una norma per desuetudine, e questo articolo non è incompatibile con l’articolo 104 della Costituzione.
Cercheremo di far valere in maniera serena, pacata ma decisa, questo nostro diritto. La nostra è anche una battaglia per l’identità».
Ma è la nuova battaglia di una “guerra istituzionale” che va avanti da un po’. E ricostruita, dal palco,
dallo stesso Schifani che ha fatto cenno alla norma per spalmare il disavanzo, inizialmente respinta dalla Corte dei conti, passando per l’indagine sull’emergenza idrica: «È come se — dice Schifani — nel corso di un incendio, arrivano i pompieri e invece di gettare acqua gettano petrolio, ma così si collabora tra di noi?». Ma nemmeno queste parole somigliano ad acqua sul fuoco.
Fonte laRepubblicaPalermo
