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Nino Di Matteo “Così stravolta la Costituzione” “Queste riforme uno scudo per i potenti e per le mafie”

Last updated: 28/03/2025 6:17
By Redazione 115 Views 5 Min Read
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Sono 30 anni da quando è stata fondata da don Luigi Ciotti l’associazione Libera. Dottor Di Matteo, come sta la lotta alla mafia?
Sono convinto che il sogno di Giovanni Falcone, di un definitivo superamento della questione
mafiosa, potrà realizzarsi solo quando si capirà che non è soltanto ordinaria criminalità.
Ma se le mafie condizionano da oltre 150 anni in maniera penetrante la vita del nostro paese, vuol dire che si è fatto finta di non capirlo. Da almeno due decenni, le mafie per ottenere i loro scopi trovano più conveniente ricorrere alla corruzione, alla penetrazione sistematica dei gangli del potere
dello Stato e degli enti locali.
Le mafie fanno parte ormai del mercato apparentemente legale?
Eh sì, ed è la ragione per cui è riduttivo parlare di infiltrazione del potere mafioso nell’economia.

Le mafie non opprimono il mercato legale, ma lo finanziano.
Anche per questo mutamento di strategia rispetto al passato attacco frontale allo Stato, l’indebolimento del sistema di contrasto ai reati contro la Pubblica amministrazione finisce per incidere negativamente e in maniera pesante anche sulla lotta alla mafia.
Immagino che si riferisca all ’abrogazione dell’abuso d’ufficio, allo svuotamento del traffico d’influenze…
Senz’altro e non solo. Io credo che sia sempre necessario avere una visione di insieme delle riforme
già approvate e in cantiere. Abuso d’ufficio e traffico d’influenze, intercettazioni a termine, divieto per la stampa di pubblicare ordinanze di custodia cautelare; nuove norme in materia di appalti e subappalti, per citarne alcune, finiscono per creare uno scudo, un sistema di protezione per i potenti.
È una giustizia a due velocità: rigorosa ed efficace nei confronti della criminalità e degli ultimi, con le armi assolutamente spuntate nei confronti della criminalità dei colletti bianchi.
Vuol dire che le riforme ostacolano le indagini su corruzione e mafia?
Molte delle indagini più rilevanti anche sulla corruzione e sul tema degli interessi mafiosi negli appalti sono scaturite da ipotesi iniziali di abuso d’ufficio. Venendo meno quel reato, situazioni analoghe saranno più difficilmente accertabili.
Altro esempio: il limite dei 45 giorni per intercettare. Chiunque abbia una minima esperienza come pm o investigatore sa che spesso, i primi 45 giorni servono solo a capire se i telefoni intercettati sono quelli giusti o se la microspia sia collocata nel posto giusto. Prevedere quel limite di durata pregiudica l’efficacia di molte indagini anche per reati gravi tra i quali omicidio e sequestro di persona.

È prevista una deroga per reati di mafia e terrorismo, ma non per i reati spia di attività
della criminalità organizzata
. Quali sono le conseguenze?
Molte volte è proprio indagando su reati comuni che vengono fuori prove dell’esistenza di interessi
mafiosi. Indagando su una semplice turbativa d’asta può venire fuori l’interesse mafioso. Indagando su una semplice rapina può venire fuori la sistematicità di delitti di quel tipo per finanziare famiglie
mafiose. Per non parlare di bancarotte, reati fiscali, falsi in bilancio e altre condotte dietro le quali spesso si nascondono complesse vicende di mafia.
Ecco perché quando si dice che determinate riforme non incidono sulla lotta alla mafia, si recita
uno slogan che non corrisponde alla realtà.
Da quanto ci ha spiegato, la lotta alla mafia è messa male. Riguardo alle riforme approvate o in via di approvazione, ritiene che l’equilibrio tra poteri dello Stato sia a forte rischio di essere scardinato?
Separazione delle carriere, rivisitazione del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, previsione di nuovi illeciti disciplinari per i magistrati che esprimono le loro opinioni. Tutto
sembra muoversi verso una sostanziale destrutturazione del sistema che assicura l’equilibrio tra i poteri, in favore dell ’esecutivo e in danno del giudiziario. Non ci vogliono più
far parlare, nemmeno di giustizia, ma noi magistrati abbiamo giurato sulla Costituzione e
quando assistiamo alla disapplicazione e allo stravolgimento dei principi fondamentali
della Carta, abbiamo non solo il diritto, ma anche il dovere di denunciare quanto avviene. Io
lo continuerò a fare, non mi interessa fare carriera e non può certo essere la minaccia di un
procedimento disciplinare a convincermi del contrario.

Fonte ilFattoQuotidiano

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