Accorciare le distanze con gli elettori. Un modo di “fare politica” a costo zero
A prescindere da chi ha vinto e da chi ha perso, c’è un dato che mette tutti d’accordo, l’uso dei social per raggiungere i cittadini.
Lo abbiamo visto nell’ultima campagna elettorale e lo vediamo giornalmente, non c’è evento o anche una semplice occasione dove non ci sia un selfie di un politico.
Qualche anno fa i social erano erano tanto odiati e criticati, da tanti “intellettuali” e “politici”, a chi ne faceva uso si ricordava la frase attribuita a Umberto Eco “I social media danno diritto di parole a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli.”
Oggi oltre ad essere molto attivi, postando anche “perle di saggezza”, si mostrano pure in tutta la loro bellezza.
Non c’è politico, di qualsiasi livello, che non abbia un profilo o una pagina sui social che gestisce direttamente o la fa gestire.
Ma la maggior presenza avviene con i selfie, perchè per alcuni mettere in fila due parole non è cosa semplice, specialmente quando non si sa che dire, meglio quindi un selfie con uno sfondo che colpisce tutti e il gioco è fatto.
È il selfie la chiave interpretativa migliore che fa presa verso i propri sostenitori, se poi lo sfondo è un qualcosa di altamente tradizionale e popolare, credono di aver “guadagnato” maggior stima, fiducia e credibilità.
Dal Natale alla Settimana Santa non sono mancati e non mancheranno i loro selfie, a dimostrazione del grane “ammore” verso la città e le sue tradizioni.
Non c’è stato e non ci sarà un evento che non li vedrà immortalati, da soli o in gruppo, l’importante è comunque apparire sui social.
Sicuramente certi eventi, come la Settimana Santa, che sono particolarmente sentiti, sono un’occasione imperdibile, come a dire “guarda che ci sono, perchè io ci tengo“.
Del loro essere legati agli eventi della tradizione locale, fa sicuramente piacere, ma francamente ai cittadini potrebbe anche interessare poco, ai cittadini interessa ben altro.
Vadano a farsi i selfi davanti la piscina comunale, davanti le strade piene di buche, davanti le erbacce altre due metri, davanti l’ufficio tributi, dentro le ville, al cimitero dei carusi, davanti le vetrine dei negozi chiusi, alla Provvidenza, davanti l’antenna, di cui nulla si sa più, davanti quella che doveva essere la mensa universitaria, davanti la porta, chiusa, del presidente del consorzio, davanti la palazzina degli sfollati di via Redentore, dove son passati e passeranno girandosi dall’altra parte.
Ma veramente pensano che i cittadini alla vista dei loro selfie, con frasi ad effetto, possano ritenersi soddisfatti ? Forse non riescono ad immaginare cosa pensano quando li vedono.
Il selfie è per i leader politici un mezzo ottimale di fidelizzazione dei propri sostenitori, perchè ci sarà sempre qualcuno che, dimenticando i tanti disagi che magari patisce anche lui, si lascerà “emozionare” da quella bella foto con il vestitino della festa.
Nei selfie di gruppo, e di più in quello singolo, come dice qualcuno “si realizza una cessione temporanea e non vincolante di celebrità a terzi, mediante la micro condivisione di spazi di audience e in questa cessione di sorrisi e primi piano di pochi secondi, si solidifica la fedeltà”.
Ma per chi non si lascia emozionare, resta la triste realtà, quella che si vuol far dimenticare.
“Sono visto, dunque sono”, scrive con acutezza il professor Stanghellini, che insegna Psicologia Dinamica, senza però notare che il portato naturale di questa equazione teorica si trasforma in sono visto come la celebrità del momento.
Il selfie è diventato uno strumento a bassissimo investimento, ma che fa credere di aumentare la fedeltà dei propri sostenitori, non rendendosi conto che delle volte si ottiene il risultato contrario.
Poi c’è la foto del comune cittadino con il politico, da mostrare con orgoglio ad amici e parenti, da condividere sul proprio profilo e al bar dire… “compà a vidisti a fotigrafì, cu chistu simu amici stritti”, peccato che magari lui non sappia che sia tu.
Sia chiaro, non è una novità, sono scatti di formalità e per il livello politico che abbiamo ci può anche stare, ma il selfie, al contrario, dovrebbe essere il racconto di un qualcosa di privato, di un qualcosa che i cittadini non vedono o non sanno, scatti nel proprio spazio, invece va sempre più diventando una mutazione del politico in influenzer, ovviamente in cerca di follower.
E dire che molti di loro definiscono influenzer, detto in modo dispregiativo, quelli che danno fastidio e che non si emozionano vedendo i loro selfie.
“Che bellezza”, “La Settimana Santa é cominciata alla grande”, “W Caltanissetta”, “Noi ci siamo”, frasi accompagnate dall’immancabile cuoricino. Ad Maiora
