Nella pittura di Francesco Guadagnuolo il paesaggio rituale di Caltanissetta si fa ponte tra radici locali e dinamiche globali. L’artista adotta il linguaggio del Transrealismo, dove la memoria collettiva del territorio si fonde con un immaginario tecnologico e spirituale, definito da Francesco Guadagnuolo come “Sicanitudine”: un’osmosi tra storia, industria e visioni digitali.
Caltanissetta si stende in silenzio tra le braccia di due monti, Sant’Anna e San Giuliano, come una figlia accolta dal respiro antico della terra. Il pittore Guadagnuolo seduto davanti al cavalletto, osserva la scena con gli occhi di chi cerca il battito nascosto della luce.
La notte, sospesa nel suo velo di stelle, è la tavolozza dell’artista, dove i blu, i rosa e i gialli si mescolano alla luce rossa e bianca metallica dell’antenna RAI.
Con un colpo di spatola più deciso, l’artista imprime sulla tela le frequenze invisibili che danzano nell’aria, trasformando onde e silenzi in tratti vibranti.
L’antenna s’innalza come un ago di luce, discreto e fiero, e Guadagnuolo ne segue le linee inclinate con la precisione di un matematico e la passione di un poeta. Non è solo struttura: è voce, memoria, che trasmette. Per decenni ha parlato alla Sicilia intera, ha sfiorato il cratere dell’Etna con le sue onde invisibili, ha raccontato paesi, ha portato notizie come semi sparsi nel vento. Demolirla sarebbe come zittire un canto che ha accompagnato generazioni, come spegnere una stella che ha sempre brillato in alto sopra la città.
Monte Sant’Anna la sostiene con fierezza, come un padre che tiene alta la voce del figlio, mentre sulla tela Guadagnuolo aggiunge punte di verde scuro per sottolineare il richiamo alla natura. Monte San Giuliano, invece, appare in pennellate più morbide, come una sfumatura che veglia il Redentore con la sua statua in bronzo e le luci tremolanti della città. In questo modo Guadagnuolo inquadra un lungo arco storico che va dalla devozione religiosa – simboleggiata dal Redentore su Monte San Giuliano – all’epoca dei mass media e delle reti digitali, segnando una continuità tra sacro e profano nel paesaggio contemporaneo. E quando l’occhio visionario dell’artista si spinge oltre, fino all’orizzonte, ecco il profilo dell’Etna, immenso, immobile, che risponde con il suo chiarore al segnale che giunge da Sant’Anna. È un dialogo struggente tra modernità e mito, tra voce artificiale e respiro vulcanico, tra ciò che trasmette e ciò che vibra.
Le case dormono, ma la città parla. Parla in frequenze, parla in silenzi, parla in memorie di chi ha vissuto accanto all’antenna come fosse una compagna, una presenza rassicurante, un punto di riferimento che non impone, ma veglia. Ogni pennellata sembra un’onda elettromagnetica pittorica, capace di dissolvere i contorni e di far vibrare la tela tra materia e codice: la Torre non è più un semplice emettitore, ma un dispositivo di realtà aumentata che connette il visibile all’utopico.
L’antenna RAI di Monte Sant’Anna, cuore architettonico dell’opera, non è semplicemente un elemento paesaggistico: riprende l’idea tatliniana del Monumento alla Terza Internazionale come “emittente di notizie” e la attualizza nel quadro della Sicilia tecnologica. Proprio come la Torre di Tatlin incarnava l’utopia dei mass media sovietici, anche il faro siciliano si erge simbolo di progresso e di speranza condivisa, legittimando così la sua natura di vera opera d’arte.
E ora che si parla di demolizione, il sentimento si fa struggente: perché quell’antenna non è solo ferro, è storia, è arte, è anima tecnologica innestata nel cuore della Sicilia.
L’opera di Francesco Guadagnuolo si configura quale esempio di pittura-architettura: un manifesto visivo in cui l’antenna RAI diventa narrazione transrealista e “Cattedrale di Luce”.
Questo sogno nella notte nissena ce lo ricorderemo — dipinta con stelle, rumore di foglie, luci fioche e vento che racconta — è il grande sogno di Guadagnuolo che prende forma. E mentre le frequenze continuano a correre invisibili, restiamo ad ascoltare la voce che parla dal cuore della Sicilia. Perché ogni monte custodisce un segreto, e ogni opera che ha dato voce alla terra merita di essere protetta come si protegge un sogno.

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